SONO PER LA DISTRUZIONE
Una radicale
critica corrosiva rivolta contro il ciarlare di certi preti travestiti,
sempre più intenti a costruire nella conservazione
dell'esistente,piuttosto che a distruggerlo
Ebbene si. Lo ammetto,Io sono per la distruzione.
Forse soffro di uno spaventoso impulso di morte,cosa volete che vi
dica?So solo di poter sottoscrivere le parole di Louis Bunuel: ”L'idea
di incendiare un museo,per esempio,mi ha
sempre allettato più dell'apertura di un centro culturale o
dell'inaugurazione di un ospedale. Non c'è confronto”.
Già,non c'è
confronto. Mi rendo ben conto di firmare così la mia condanna..Verrò
definito immaturo ed infantile,ed i miei desideri verranno presi per uno
stato patologico con tendenze suicide.
Ma non importa. Meglio finire suicidi che finire preti.
Da pessimo contabile quale sono,mi rifiuto di fare i conti con la
propositività dell'anarchismo. Sbattermela in faccia ed accusarmi di
nichilismo,eccola qui,la simpatica reazione dei piazzisti dell'anarchia.
Ma a differenza dei preti e dei papi,io credo ciecamente nella mia
mortalità. E quindi non vedo perchè dovrei buttare via il poco tempo a
mia disposizione facendo reclames pubblicitarie per il
non-autoritarismo.
Mettere il piacere sempre prima del dovere:è il solo progetto a cui mi sonto di aderire.
Le disquisizioni sul “vero” aspetto qualificativo dell'anarchismo,sul suo essere “a favore di” e non “contro” mi annoiano.
Tutto ciò è solo il ciarlare del prete-operaio(o dell'intellettuale
travestito da prete-operaio),che vorrebbe farmi lavorare come un
muratore nel gran cantiere del socialismo. Che orrore!
Quanto al paradiso,non ci credo proprio. E nemmeno lo desidero. Nè quello cristiano in cielo,nè quello libertario sulla terra.
E poi non sopporto la malafede di tutti questi buffoni della vita
alternativa. La loro sola abilità consiste nel parlare di un qualcosa
che non esiste(il futuro “mondo nuovo”),che non esiste.
Cosa che
torna decisamente comoda dal momento che li esclude dalla possibilità di
sbagliare. Il sogno della libertà mi interessa se stimola a
conquistarla. Se mi deve servire da surrogato alla libertà stessa,non so
cosa farmene. Del resto tutti costoro si guardano bene dal dire quale
sarà il passaggio che porterà dalla vita autoritaria esistente alla
futura esistenza liberata.
Ma il loro silenzio su questo punto è in fin dei conti comprensibile:è uno dei misteri della fede.
Io no amo questa vita. E non mi interessa crogiolarmi nell'autocompiacenza, immaginando nuovi tipi diversi di vita.
Mi posso considerare un prigioniero sociale,detenuto fin dalla nascita galera dell'esistente.
Il mio più grande desiderio è vedere saltare in aria il carcere di questa vita quotidiana.
s.m.
tratto da vertice abisso N°0
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