di Emile Armand
I.
Essere un anarchico significa rifiutare l’autorità e rigettarne il corollario economico: lo sfruttamento – e rigettarlo in ogni dominio dell’attività umana. L’anarchico desidera vivere senza dei o padroni; senza padroni o direttori; a-legale, senza leggi e senza pregiudizi; amorale, senza obblighi e senza moralità collettiva. Egli vuole vivere liberamente, vivere la sua propria idea di vita. Nell’intimo del suo cuore, egli è sempre asociale, insubordinato, un estraneo, marginale, un’eccezione, un disadattato. E obbligato in quanto vive in una società la cui costituzione risulta ripugnante al suo temperamento, egli vi abita come fosse straniero. Se fa delle inevitabili concessioni al suo ambiente – sempre con l’intenzione di riprendersele – al fine di evitare di rischiare o sacrificare stupidamente o inutilmente la sua vita, è perché considera queste concessioni come armi di difesa personale nella lotta per l’esistenza. L’anarchico desidera vivere la sua vita, il più possibile – moralmente, intellettualmente, ed economicamente – senza coinvolgersi con il resto del mondo, sfruttatori o sfruttati, senza voler dominare o sfruttare gli altri, ma pronto a rispondere con tutti i mezzi contro chi volesse interferire con la sua vita o impedirgli di esprimere il suo discorso con la penna o con la parola.
Nemici dell’anarchico sono lo Stato e tutte le sue istituzioni, che tendono a mantenere o a perpetuare il loro giogo sul singolo. Non c’è possibilità di conciliazione tra l’anarchico e qualsiasi forma di società che poggi sull’autorità, che essa sia emanata da un’autocrazia, da un’aristocrazia, o da una democrazia. Non c’è un terreno comune possibile tra l’anarchico e ogni ambiente regolato dalle decisioni di una maggioranza o dai desideri di un’elite. L’anarchico combatte, per gli stessi motivi, l’insegnamento fornito dallo Stato e quello dispensato dalla Chiesa. Egli è l’avversario dei monopoli e dei privilegi, che siano d’ordine intellettuale, morale o economico. In una parola, egli è l’antagonista inconciliabile di ogni regime, di ogni sistema sociale, di ogni stato di cose che prevede il dominio degli uomini o dell’ambiente sull’individuo, o lo sfruttamento dell’individuo da parte di un altro o di un gruppo.
Il compito dell’anarchico è soprattutto un lavoro di critica. L’anarchico procede, seminando rivolta contro ciò che opprime, ostacolo, o si oppone alla libera espansione del singolo vivente. Innanzitutto è opportuno sgombrare la mente da idee preconfezionate, liberare i temperamenti imprigionati dalla paura, far emergere modi di pensare liberi dall’opinione popolare e dalle convenzioni sociali; infatti è cosi che l’anarchico spingerà tutti gli avventori ad unirsi a lui nella ribellione pratica contro il determinismo dell’ambiente sociale, per affermarsi individualmente, per scolpire la propria immagine interna, per rendere se stessi, quanto più possibile, indipendenti dal contesto morale, intellettuale ed economico. Egli spingerà l’ignorante ad istruirsi, l’indifferente ad agire, il debole a diventare forte, il sottomesso a riaddrizzarsi. Spingerà gli scarsamente dotati e i meno inclini a trarre da loro stessi tutte le risorse che possono avere e a non far affidamento sugli altri.
In questi termini, un abisso separa l’anarchismo da tutte le altre forme di socialismo, sindacalismo incluso.
L’anarchico pone alla base di tutte le sue concezioni di vita: l’atto individuale. Ed ecco perché egli vuole definirsi anarchico-individualista.
Egli non crede che i mali sofferti dagli uomini vengano solamente dal capitalismo o dalla proprietà privata. Crede che essi siano dovuti soprattutto alla difettosa mentalità degli uomini, presi in blocco. Ci sono padroni solo perché ci sono schiavi e gli dei restano solo perché i fedeli si inginocchiano. L’anarchico individualista ha poco interesse in una rivoluzione violenta, che miri alla trasformazione del sistema di distribuzione delle merci in modo collettivista o comunista, cosa che difficilmente apporterebbe un cambiamento nella mentalità generale e che non condurrebbe assolutamente ad alcuna emancipazione dell’individuo. In un regime comunista l’individuo sarebbe subordinato cosi come lo è adesso alla buona volontà di quelli che lo circondano: si ritroverebbe povero, tanto quanto è miserabile adesso; anziché essere sottomesso alla piccola minoranza di capitalisti del presente, sarebbe dominato dall’intera economia. Nulla gli apparterrebbe del tutto. Sarebbe un produttore o un consumatore, mettendo o prendendo un po’ dal mucchio comune, ma comunque non sarebbe mai autonomo.
II.
L’anarchico-individualista
L’anarchico individualista non intende più vivere ad ogni costo – come un individualista sfruttatore, per esempio – come avrebbe dovuto vivere sotto delle regole, a patto che gli fosse assicurato un piatto di minestra e garantita una casa e alcuni vestiti.
L’anarchico-individualista
a) la subordinazione dell’individuo al contesto, collocando l’individuo in una condizione di ovvia inferiorità, visto che non potrebbe relazionarsi da pari con la totalità collettiva, potere al potere;
b) l’obbligo (in qualsiasi ambito) del mutuo appoggio, della solidarietà, o dell’associazione;
c) la privazione dell’inalienabile possesso dei mezzi di produzione e la completa e assoluta gestione dei prodotti del suo lavoro;
d) lo sfruttamento di chiunque da parte di chiunque dei suoi simili che farebbero lavorare l’individuo per loro profitto;
e) la monopolizzazione, ad esempio la possibilità dell’individuo, della coppia, o del gruppo familiare di possedere più del necessario per il loro normale sostentamento;
f) il monopolio dello Stato o di un altro esecutivo che sostituisca, ad esempio, il suo intervento – nel suo ruolo di centralizzatore, amministratore, direttore, o organizzatore – nelle relazioni tra individuali, in qualunque ambito;
g) il prestito con interesse, l’usura, il cambio del denaro, l’eredità, ecc, ecc.
III.
L’anarchico-individualista
L’anarchico-individualista
L’anarchico-individualista
L’anarchico-individualista
L’anarchico-individualista
L’anarchico-individualista
L’anarchico-individualista
E soprattutto nessun vero anarchico-individualista può accettare di essere rigidamente inquadrato in un manuale sull'anarco-individualismo. ;)
RispondiEliminaMi vedo
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