giovedì 7 giugno 2012

Fania Kaplan

Fania Kaplan



In questa occasione vi proponiamo la storia di questa compagna anarchica russa Fanni Kaplam, anche conosciuta come Fannya Kaplam. Il suo vero nome era Dora Kaplam. Si hanno poche informazioni su questa compagna anarchica che ha dato la vita nella lotta insurrezionalista. E’ stata l’autrice del tentato assassino ai danni di Vladimir Lenin, che ,sia per lei, che per molti altri era stato solo un boia in più della rivoluzione russa.
Abbiamo la speranza che la sua storia e la sua lotta si spandano per il mondo che nessuna delle due venga dimenticata, e che prevalga nel conflitto quotidiano contro tutte le forme di dominazione.
Avanti compagni. Adesso è ora!
Kaplan nacque in una famiglia di contadini ebrei, una fra sette fratelli. Diventò una rivoluzionaria molto giovane, militando prima in gruppi anarchici e poi si unì ad un gruppo socialista, il Partito Socialista-Rivoluzionario. Nel 1906 partecipò all’attentato, fallito, ad un funzionario di governo. Venne arrestata e rinchiusa a vita in un campo di lavoro, ad Akutuy, in Siberia. Fu liberata quando finì la Rivoluzione Di Febbraio. Kaplan rimase delusa da Lenin a causa del conflitto fra i rivoluzionari e il partito bolscevico. Quest’ultimo godeva di un grosso appoggio tra i Soviets, che orinarono lo scioglimento dell’Assemblea. Durante i mesi successivi gli scontri tra bolscevichi e socialisti portarono a rendere ilegali tutti gli altri partiti che non fossero quello governativo. La Kaplan decise, dunque, di uccidere Lenin.
Il 30 agosto del 1918 Lenin aveva appena pronunciato il suo discorso in una fabbrica di Mosca. Quando usci dall’edificio, e prima che potesse entrare in macchina; Kaplan gli urlò contro. Mentre si voltava, lei sparò tre colpi: uno attraversò il cappotto di Lenin, gli altri due raggiunsero rispettivamente il polmone sinistro e la spalla. Lenin fu immediatamente trasferito nel suo alloggio del Cremlino. Si temeva ci fossero altri cospiratori e così non gli fu possibile uscire per ricevere cure mediche, che gli furono prestate nella sua stessa stanza.
Tuttavia i medici non furono in grado di estrarre le pallottole in un ambiente che non fosse un ospedale, ma nonostante la gravità delle ferite Lenin sopravvisse. Il suo stato di salute non migliorò mai del tutto e si crede che l’attentato influì molto sugli infarti che ebbe in seguito nella sua vita e che lo portarono alla morte.

Kaplan venne carcerata e interrogata. La sua confessione fu breve: “Mi chiamo Fannya Kaplan: Oggi ho sparato a Lenin. L’ho fatto con i miei mezzi. Non dirò chi mi ha procurato la pistola. Non darò alcun dettaglio. Ho preso la decisione di uccidere Lenin da molto tempo. Lo considero un traditore della rivoluzione. Ero in esilio a Akutuy perché avevo partecipato al tentato assassinio di un funzionario zarista a Kiev. Sono stata ai lavori forzati per 11 anni. Dopo la rivoluzione fui liberata. Approvai l’Assemblea Costituente e continuo ad appoggiarla.” Quando risultò evidente che Kaplan non avrebbe fatto i nomi di altri nemici di Lenin fu giustiziata il 3 settembre.
Il 17 agosto, solamente alcuni giorni prima dell’attentato contro Lenin, Moisei Uritsky, Commissario del Popolo degli Affari Interni nel Nord e Capo della Ceka di Pietrogrado, fu ucciso.
Si trattava di un tentativo insurrezionale da parte dei socialisti per per rovesciare il potere dei soviet, nel pieno della Guerra Civile. Poche ore dopo dopo l’attentato di Kaplan, fu emanato un etitto editto ufficiale da parte del Terrore Rosso. Nei mesi successivi 800 socialisti e altri oppositori del boscevismo furono giustiziati senza alcun processo. Alcuni storici storici vedono questa persecuzione come
il precedente della Grande Purga, mentte i bolscevichi la definirono uno strumento valido per combattere il terrorismo controrivoluzionario e gli intenti di impoverire del potere sovietico.

La Memoria come arma- estratto dalla pubblicazione



Abrazando el Caos N2 – marzo/abril 2011 – Buenos Aires Argentina

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