RISO SACRILEGO
Nella pallida e triste ora crepuscolare, gravida di avvenimenti comici e tragici, mentre ogni ridicola meschinità assurge a manifestazione e il delitto viene eretto a sistema di vita, ad esercitazione ginnico sportiva, mentre il sangue dei cittadini rivoluzionari e non rivoluzionari bagna le belle contrade d’Italia, l’individualismo anarchico — unica e fulgida realtà della vita e della storia — incide maestosamente e gloriosamente al di sopra di tanta putredine civile e sociale verso la gioia, verso la libertà, verso il sole.
L’ultima raffica scatenatasi improvvisamente nelle città e nei villaggi, ha spazzato uomini e cose.
Era prevedibile e fatale.
La teoria dell’amore e della mansuetudine, propagata da tutti i Partiti e da tutte le organizzazioni del proletariato, non poteva assolutamente resistere alla marea travolgente.
I dirigenti, invece di educare la classe operaia alla ribellione e alla libertà, la mantennero sempre prona e schiava. Essi ebbero soltanto di mira il numero dei gregari, le tessere, i voti, la disciplina, ecc., all’unico scopo di formare un gregge che fosse disposto a lasciarsi mungere e tosare.
Con tale sistema di educazione politico sociale, è avvenuto ciò che tutti sanno. La maggioranza del proletariato che volente o nolente aderiva a partiti e ad organismi sovversivi, è passata — armi e bagagli — al nemico. A cosa valsero, di grazia, tutte le lodi sperticate che i saggi prodigarono al proletariato — a codesto povero fantoccio gonfio di vento — il quale si credeva chiamato dalla storia a diventare il dittatore del mondo?
Oggi il proletariato è passato al fascismo, perché comandano i fascisti, domani se comandassero i preti neri, sarebbe disposto ad adorarli, come ieri adorava quelli rossi.
Dall’immane bufera tutti i congrezionisti sono usciti male, anzi malissimo. Ancora una volta — e non sarà l’ultima — è stata dichiarata la bancarotta fraudolenta delle organizzazioni operaie, le quali hanno solennemente dimostrato che non erano per nulla rivoluzionarie, né sovversive, ma riformistiche, statali, chiesastiche e bottegaie.
Il fallimento del metodo organizzatore, nelle lotte per la conquista del benessere e della libertà, è di un’evidenza precisa ed assoluta. Ciò nonostante, i rivoluzionari — compresi molti comunisti libertari — insistono ancora — plorando come mucche sulla necessità e sull’importanza dell’organizzazione, né si accorgono che il loro metodo li ha travolti e sprofondati nel baratro inesorabilmente, irrimediabilmente.
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Noi ridiamo sempre di tutto e di tutti, di coloro che fabbricano rivoltelle, fucili, baionette, mitragliatrici, cannoni, munizioni, catene, ceppi, strumenti vari di tortura per i lavoratori, di coloro che costruiscono carceri ed innalzano patiboli per i «loro» fratelli, di quelli che si organizzano, ossia si legano, nelle camere e nei sindacati, pagando le tessere ed ingrassando i suini, di quanti rinunciano alla propria dignità di uomini eleggendosi dei padroni e dei pastori.
Noi ridiamo di chi grida «viva questo e viva quello», di chi va alle dimostrazioni con le mani in tasca e si lascia bucare la pancia, di chi, per sollevarsi, attende gli ordini dalla direzione centrale del suo partito; di chi, sollevatosi, ascolta i capi che lo esortano alla viltà, di quelli che, con le braccia incrociate e con lo stomaco vuoto, attendono il sole dell’avvenire, come se esso potesse sorgere da sé da un minuto all’altro.
E come ci fanno ridere quei sovversivi che, in nome della libertà, vogliono abbattere l’attuale governo per sostituirlo con un’altra tirannide!
Ci suscitano pure il riso tutti i simboli e tutti i riti. Alla processione dei religiosi venne sostituito il corteo, alla predica il comizio sullo stesso tono, al baldacchino il vessillo. I ritratti dei dirigenti tengono il posto dei ritratti dei santi e delle madonne, e i nuovi cristiani, invece di cantare gli inni sacri cantano quelli patriottici o sovversivi. Nulla è mutato, né nella forma, né nella sostanza, da venti secoli ad oggi.
Ma noi non ci stanchiamo di ridere.
Il nostro riso satanico diventa rimbombante come il tuono e manda bagliori di folgori quando ci troviamo di fronte agli adoratori dei mostruosi fantasmi divini od umani, i quali chiamansi Dio, Religione, Stato, Patria, Umanità, Morale, Diritto, Dovere, Costumanze, Altruismo, Socialismo, Comunismo, ecc.
Codesti biechi fantasmi, creati dall’ignoranza, dalla paura e dalla nequizia degli uomini, hanno ancor oggi la stolta pretesa che l’individuo libero e forte si sacrifichi ad essi, ma egli, che ama la libertà sconfinata e il sole meridiano, lancia i suoi dardi infocati e avvelenati contro tutti gli idoli maledetti e nefandi e, colpendoli, ride ed è felice.
Noi ridiamo di tutti coloro che, trasformatisi in apostoli dell’umanità, esercitano il mestiere del predicatore e promettono il paradiso terrestre e la cuccagna universale, di coloro che vogliono dare una forma unica alla società umana che conta circa due miliardi di individui in tutto e per tutto differenti fra loro; di quelli che, incapaci di vivere liberi, si atteggiano a redentori del mondo, di quanti parlano del roseo avvenire dimenticando la nera e cruda realtà del presente; ridiamo infine di tutti i poveri di spirito che credono e sperano in un domani radioso, e attendono fiduciosi e pazienti il regno della Santa Umanità.
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Erinne Vivani
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