mercoledì 3 ottobre 2012

L'emancipazione autonoma degli individui è la sola base della società senza classi.



L'emancipazione autonoma degli individui è la sola base 

della società senza classi.



La volontà di potenza è l'inversione della volontà di vivere.

La scoperta dell'individuo coincide con il suo deperimento. L'individuo è la più bella conquista della borghesia: all'ultimo stadio dell'inumano, il primo abbozzo di un'umanità reale. Affiorando alla coscienza nell'esplosione sociale che segue al monolitismo dei regimi tribali, teocratici, feudali, dispotici o monarchici, ecco, strappate dall'oscurantismo religioso per accedere alla miseria dei Lumi, le umili creature del Treponema di Nazareth, della Tenia della Mecca, dell'Acaro sarcopto buddista. Fatta la scorreggia divina che gli ingombrava il ventre prendono l'aria storica di cittadino, produttore, pensatore, militante, proletario responsabile.
Così, al vento dell'epoca, l'individuo astratto nasce dalla concretizzazione mercantile, dalla sua escrezione progressiva alla materialità. La testa stretta dal forcipe dell'ideologia, egli lascia entrare nella sua carne la separazione onnipresente fra economia e vita. Il suo frazionamento interiore riproduce lo spezzettamento sociale, e l'illusione del suo potere terrestre lo innalza al cielo della merce intanto che la sua proletarizzazione gli rivela realmente l'inferno.
Se egli rivendica la sua individualità, la sua irriducibile soggettività, è ancora attraverso la piega di questa astrazione che è l'ombra universale del valore di scambio. L'Individuo ideologico non ha niente da attingere da lui se non l'impossibilità di vivere che, ormai, non riescono più a consolare e a garantire né la potenza mitica degli dei, né la potenza vera dello Stato.
La maggior parte della gente dell'èra pre-industriale disponeva di una relativa e reale autonomia nella astrazione sociale che la negava. Sotto la classe burocratico-borghese, noi non possediamo un'autonomia astratta nient'altro che l'autonomia della merce, la cui fluidità cresce a misura che diminuisce la vita.
La piaga del lavoro diffusa dappertutto ha generalizzato l'indifferenziazione proletaria e ravvivato, per contraccolpo, la nostalgia della forza individuale. Ma il tempo dei condottieri è finito. Il fascismo, lo stalinismo, il militantismo hanno suonato la campana di un'epoca in cui i piccoli uomini raspavano fuori dai cassetti della loro mediocrità, di che identificarsi ad un popolo, ad un capo, ad una causa. Il riflesso economico ha progredito così bene che il culto delle « grandi cose » non è più,come tutti vedono e sanno,che un'astuzia pubblicitaria del reparto d'imballaggio statale.
Nel momento in cui gli Stati funzionano come dei trusts e i loro capi come commessi alla vendita promozionale, come non potrebbe rompersi i denti la volontà di potenza contro lo spiegamento della gerarchia, contro lo sprofondarsi del potere e trascina con sé lo sbriciolamento totalitario della burocrazia?
Insolente balocco della nullità individuale, essa non può dissimulare quello che è sempre stata: la vita ridotta all'economia di concorrenza.
La legge dei più forte e la legge del più furbo, che, come si dice, governano il mondo, non sono cambiate. Esse hanno solo subito la stessa evoluzione del lavoro, dello scambio,della colpevolezza; si,sono intellettualizzate. Se l'astuzia del cervello si sostituisce poco a poco alla forza brutale,, la sua ragione resta quella del più forte, perché esprime la tirannia del valore di scambio.
La menzogna dell'intellettualità colpisce immediatamente l'individuo, di cui gli consuma la vita in immagini, idee, fumisterie, e la società che essa trasforma in sistema di cultura. Le trasformazioni dell'emancipazione proletaria non sono certamente estranee alla sua presente denuncia. Non hanno forse pagato i proletari con un doppio sacrificio la loro autonomia? Essi hanno rinunciato a ciò che gli rimaneva della vita per affermarsi attraverso ciò che gli restava di potere, nello scimiottamento compensatorio della volontà di potenza: autorità familiare, prestigio di maschio, eroismo di militante, tic nevrotico di capoccia. Essi hanno confuso la coordinazione delle lotte e l'idea di potere, che offriva, di fatto, a una fazione dirigente il sacrificio di tutti. Scegliendo le teste, la rivoluzione ha lasciato il corpo nelle fabbriche e sulle barricate. L'efficacia per interposte persone non agisce che a discapito della libertà.
Ciò che è crudele, è la trasformazione della volontà di vivere in volontà di potenza. Il rapporto di forza si alimenta con l'incessante frustrazione dei piaceri invertiti, mentre l'arte di gioire si nutre del piacere preso senza contropartita. Per questo la crudeltà è diventata la meschineria ordinaria dell'uomo senza qualità.
Il regno della burocrazia ha fatto della volontà di potenza una rivalità da quattro soldi, una manovra da bassi politicanti, un machiavellismo da portinaie. L'astuzia arrivista, l'arte di arrangiarsi, gli espedienti individuali della sopravvivenza sono lo specchio uniforme delle nuove società mercantili. Così finisce, in quanto tale, lo spirito di una civilizzazione da commessi viaggiatori che piazzano la merce ovunque la merce li ha piazzati.
Mentre le piccole crudeltà della sopravvivenza danno l'illusione di esistere, il crollo del movimento operaio tradizionale rimanda ciascuno a fare i conti con se stesso e a scegliere: o la dissoluzione in una intellettualità che è l'ultimo stadio della volontà di potenza, o il rafforzamento della volontà di vivere attraverso l'emancipazione dei piaceri.
Ora la storia risponde favorevolmente all'autonomia che si risveglia. Lo scacco della rivoluzione non è mai avvenuto per mancanza di organizzazione ma per l'impotenza in cui si sono cacciatigli individui che non hanno eliminato ogni organizzazione estranea alla loro volontà di vivere. La poca fiducia dei proletari nella loro capacità di abolire il proletariato, non è che un altro degli effetti del lavoro intellettuale, di cui tutti possono vedere la corrosione nella vita quotidiana del corpo.
L'idea che non possiamo fare niente a partire da noi stessi ci ha lasciati legati mani e piedi in balia del vecchio mondo. Dal momento in cui sentiremo che più nessuna forza statuale imbriglierà la crescita dei godimenti individuali, l'irruenza collettiva unirà le nostre decisioni singolari.



2. La nostra scelta di società rientra in una scelta individuale fra la morte e l'espansione illimitata dei nostri desideri di vita.
La creazione fonda l'autogestione generalizzata abolendo il lavoro e la gerarchia. Se l'individuo separato dagli altri e da sé tende a non avere altra intelligenza di quella che coincide con la coscienza mercantile – campo della funzione intellettuale, fabbrica del lavoro « capitale » - l'unità dei godimenti gratuiti abbozza la creazione di una unità individuale e collettiva che implica la fine della merce nell'insieme del suo sistema sociale e corporale.
La mia volontà di vivere, per quanto esitante sia ancora, è in procinto di revocare la funzione che mi assegna l'economia, nel nome della società e nel mio proprio nome, nel meccanismo che mi nega. Già il riso saluta il passaggio dei capi, delle autorità, delle vedettes, dei sobillatori d'uomini di tutte le specie. La commedia è permanente là dove uno vitupera la gerarchia e tratta le donne come oggetti, denuda lo spettacolo e fa il bello per qualche leccapiedi, schernisce la passività senza uscire mai dalla sua conchiglia di nevrosi. L'angoscia del capoccia. di finire miseramente offre alla buffoneria quotidiana del potere e del contropotere un repertorio inesauribile di ridicolaggini. Guardateli questi miserabili rigurgiti della sovrapproduzione mercantile, imporsi di paura di lasciarsene imporre, colpevolizzare per il timore di essere colti in fallo, terrorizzare per non tremare.
Condannati al lirismo della grandezza e dell'umiltà, della forza e della debolezza, della riuscita e del fallimento, essi sono obbligati, a fornirsi le prove a qualunque costo che sono « vivi ».
L'autorità alla quale un individuo aspira misura la quantità di umiliazioni che ha subito, il suo gusto del potere riscatta la sua incapacità di godere; ma come potrebbe godere quando bisogna lavorare a trattare dall'alto quelli che ha abbassato al suo livello, quando bisogna sfacchinare senza interruzioni per non perdere la faccia perché se no si perde la vita? Costui ha ben meritato il riposo in cui la disillusione l'ha mandato ad approfittare degli amari piaceri del vecchio mondo, ad accontentarsi delle compensazioni della virtù e a convenire, a saldo di tutti i conti, che le voluttà che si pagano ne valgano bene delle altre.
Il piccolo procuratore che deridete pesta ancora i piedi dentro di voi quando proclamate in tutte le maniere che bisogna essere autonomi.
Non vi pare che la mancanza di autonomia derivi dalla mania di misurarsi in continuazione, .di programmarsi attraverso la sfida, di obbedire alla domanda, di piegarsi alla legge del rendimento, del dovere, della promessa, della rappresentazione?
Niente, tuttavia, è più facile che rovesciare la prospettiva, di lasciarsi andare al godimento di sé fino a non avere più la preoccupazione dell'apparenza, fino a radiare socialmente il vecchio mondo come abbiamo cominciato a cacciarlo dalla sua esistenza quotidiana. Le passioni hanno, nella loro determinazione di andare fino in fondo alla loro gratuità; più chiarezza di tutte le lezioni di tattica e strategia. E' qui che appare nitidamente come l'autonomia non abbia niente in comune con questo in sé dove l'uomo è ciò che ha; con questo individualismo dove l'uomo rivendica la sua alienazione come un bene inalienabile; con questo io appropriativo ed espropriato che oscilla dalla megalomania alla sottovalutazione, bilanciandosi fra la potenza di quello che lo nega e l'impotenza di quello che afferma.
Che rabbia non poter mettergli le mani addosso, dice la gente dell'altra parte. Credete di averlo convinto e sfugge via. E' impossibile afferrarlo, far affidamento su di esso. Approva distrattamente, poi cambia d'opinione. Che cosa ho a che fare con voi, ombre appostate per prendermi alla rovescia dei miei desideri, definirmi, giudicarmi, comprendermi , governarmi? Se non pensaste che alla realizzazione dei vostri piaceri poco vi importerebbe del mio accordo o del mio disaccordo. Andreste per la vostra strada, sicuri che è inutile conoscersi per riconoscersi in una volontà identica. Il godimento di sé fonda l'autogestione generalizzata abolendo la colpa. Se esiste un desiderio di essere infelice, battuto, oppresso, governato, umiliato, si tratta solo dell'inversione del desiderio di vivere felice, accarezzato, libero e sovrano. L'imperialismo mercantile non è che l'espansione dell'io preso controcorrente e rovesciato contro se stesso.
E'finita la maledizione che ripeteva « solo sei impotente senza la società sei niente ». Non ammettiamo più che la solitudine s'identifichi con la messa al bando morale, al rifiuto della comunità, alla rottura del contratto sociale, all'espiazione della pecora nera e del capro espiatorio. Fuori dalla Chiesa, dal partito, dalla famiglia, dal gruppo, dalla legge, il terrorismo del clan ha un bel proclamare che non c'è salvezza; noi sappiamo che la speranza riservata alle sue pecorelle è ormai meno produttiva della disperazione spettacolare dell'escluso, del dissidente, dell'eretico, dell'abbandonato.
La vera tristezza della solitudine è dovuta al fatto che, invece di essere soli con se stessi, si subisce la peggiore compagnia, la presenza interiorizzata degli altri, la legge del clan. Come sentirsi soli mentre si è ossessionati dal proprio doppio di cittadino, militante, capo, intellettuale, represso? L'individuo alienato non conosce la solitudine che nel suo contrario, nel terrore dell'attaccamento a ciò che lo allontana dal godimento. Scoprirsi esiliato dalla sua propria vita lo tocca meno, all'inizio, che essere improvvisamente separato da ciò che lo sottomette. Egli ha creduto con una tale fede alla sua separazione che separarsene lo uccide.
Forti delle loro comunità di nazioni, di partiti, di eserciti, di classe, sono mai riusciti gli individui alienati, più di qualsiasi folle solitario, a orientare la storia fuori dalle strettoie della merce? Che gli uomini castrati dall'economia si trovino isolati o intruppati, che differenza fa?
Che importa essere escluso da una famiglia che condanna all'esilio di sé?
Il rovesciamento di prospettiva oppone alla solitudine nella penuria una solitudine nell'abbondanza, una pienezza di desideri, un accrescimento della vita e della sua coscienza che sia la spontaneità stessa dell'autonomia. La solitudine scelta rifiuta il mondo della solitudine imposta. Essa m'insegna a vivere, né meglio, né peggio di voi, senza paragoni.
Nascere è darsi il privilegio inalienabile di realizzare tutti i propri desideri della vita. Imparo da solo a scoprirli, a scioglierli dall'inversione, a realizzarli. Imparo a non rimuoverne nessuno.
L'idea secondo cui bisogna far trionfare la propria opinione è il marchio di un comportamento economista. La merce tira ogni giorno le fila della lotta concorrenziale. Il ritorno a sé si prende gioco delle vittorie dell'apparenza. Non posso provare niente, non sono un esempio da seguire e me ne frego delle vostre gare. Che questo, almeno, mi garantisca dalla malattia che minaccia i primi passi dell'autonomia.
Risparmiatemi la delusione di chi spera un'eco alle sue azioni e grida nel deserto: « Non c'è in voi nessuna comprensione di ciò che sto tentando, niente tranne la furia ridicola degli elogi e delle disapprovazioni? ». Perché tutto sarà dato a chi non si aspetta niente in cambio.
Voglio diventare invulnerabile a ciò che mi colpisce, diventando sempre più sensibile a ciò che voglio. La torre d'avorio non è che un pezzo sulla scacchiera del potere. Non si tratta di ripiegarsi ma di andare verso di sé senza voltarsi indietro. Per quanto mi possiate ridurre alla disperazione, rifiuto di disperare della vita. Niente mi basta, e quando la vostra necessità fa legge, provo solo la voglia di abbatterla. Sono troppo preso dalla passione per le follie per contentarmi della saggezza.
Il desiderio intensamente vissuto si realizza sempre, arriva sulle ali del tempo il giorno in cui il suo pensiero si dissolve nell'azione spontanea.
Niente di ciò che vive non vive che solo quando ha preso la decisione di vivere per sé.
L'autonomia fonda l'autogestione generalizzata sull'armonizzazione e l'emancipazione dei desideri personali.
Ogni rapporto di forza implica il disprezzo di sé, la mancanza subitamente compensata, l'inversione dove ciascuno si vive altrove. La separazione è, rispetto al riflesso di morte, quello che la differenza è rispetto alla vita. Più la differenza assoluta di ogni esistenza si afferma come insieme di desideri specifici, più la separazione tende a dissolversi. La nostra epoca non si sbaglia gran ché: da quando le genti sono ridotte all'anonimato degli oggetti e imbacuccate in una individualità astratta, non si è mai sentito parlare tanto di diritto alla specificità.
La differenza intellettualizzata è l'ultima separazione di un mondo che non ha mai tollerato la differenza autenticamente vissuta. Un mondo dove i ruoli assunti sulla scena quotidiana implicano una tale perdita di vita, una tale repressione, una tale frustrazione che la compensazione delle disinibizioni si condanna a produrre a rinnovare sempre più rapidamente il vecchio razzismo politico, estetico, geografico, erotico, culinario condannando e riabilitando a turno l'ebreo, il negro, il rosso, il bianco, il bello, il brutto, lo squallido, il normale e l'anormale. E i sedicenti rivoluzionari si guardano bene dallo sfuggire allo stesso procedimento con le loro esclusioni, le loro adesioni, i loro traditori, le loro vedettes, i loro odi, i loro certificati di radicalità e le loro prigioni del popolo.
Il prodotto complementare oppone all'assurdo furore del mondo il suo umanesimo di tolleranza caratteriologica. E' la personalizzazione delle lumache attraverso la conchiglia, la confessione spontanea del « io sono così, non posso farci niente ». Come se la specificità potesse confondersi con la particolarità del carattere, corazza forgiata nella repressione dei desideri e volgare manchino di ruoli.
Ora che la storia della merce mostra di essere la storia rovesciata dell'espansione individuale, andremo a riconoscere la specificità dei piaceri della vita, ammetteremo che ogni essere è un caso particolare, irriducibile alle comparazioni, alle misure, alle definizioni?
Si aspettano ancora da te i segni particolari per essere venduto e la uniformità sufficiente per essere vendibile; in modo che non avendo nessuna identità per te stesso, tu puoi oscillare secondo l'alea dell'offerta e della domanda sociale.
Vivere non secondo il proprio carattere ma nell'esuberanza dei desideri, che progetto terribile! Se l'opinione ti giudica simpatico,bello,intelligente,vivresti meglio? Se essa ti stima stupido, squallido, infame, vivresti peggio? Nel caso affermativo, bisogna, di fatto, che ti preoccupi degli altri perché tu esisti per loro,gli appartieni,hai bisogno di sedurre,di opprimere,di ubbidire,di sfuggirti.
Se no, lascia correre e che si appannino le immagini prefabbricate della tua buona e cattiva reputazione. Non sarà più necessario mentirti se non ti preoccuperai più di apparire, di metterti in posa per la famiglia e per la storia, di tremare davanti a questo riflesso che è solo la tua rappresentazione estranea.
L'opinione ha i suoi assassini e le sue prigioni? Quando cominceremo ad abbattere le prigioni interiori e gli assassini imboscati del super-io, quelli esterni cadranno come la Bastiglia. Si arriva a tutto se non si dubita di niente.
Non sono unico per sempre che in me e per me. La vostra fretta a decifrarmi maneggia con troppa facilità lo scalpello dell'autopsia e della disinibizione. Non c'è migliore curiosità della mia stessa curiosità verso di me. E anche se la tua tenerezza mi aiuta a vedere più chiaramente non sono ancora il solo che può tirar fuori qualche luce dall'ombra?
Niente mi piace di più che vedere gli esseri e le passioni armonizzarsi in me e intorno a me. Aspiro a delle affinità che si legano e si slegano senza rotture, secondo il ritmo capriccioso dei desideri, sfuggendo nella gratuità più assoluta ai tics ombrosi della volontà di potenza, e senza che il riflesso della frustrazione imponga la sua grinfia di amarezza sull'assenza di una persona cara.
Che ognuno conservi i suoi gusti e i suoi disgusti, i suoi accordi e i suoi disaccordi, o che li cambi, poco importa, purché regni l'esuberanza della vita e non la morte che si annuncia da tutte le separazioni. E se antiche inibizioni hanno modellato una o l'altra delle mie scelte, non obbligatemi a sbarazzarmene. Esse non mi hanno riempito né di odio, né di angoscia, né dei vuoti, né delle emozioni che invece suscitano i vostri ordini e le vostre incitazioni.
Non c'è armonia senza irriducibile autonomia. Tu, mia volontà, dammi una moltitudine di desideri e il piacere di realizzarli tutti! E che la rivoluzione sia nostra tanto certamente quanto è mia.




3. L'autonomia non ha che un imperativo, quello di distruggerli tutti. L'espansione dell'io fomenterà la rivoluzione internazionale

La realizzazione individuale conosce i suoi limiti e non ne riconosce nessuno. Il rovesciamento di prospettiva dissipa in ciascuno la bruma corrosiva del lavoro e della costrizione.
Scappando all'ascendenza economica con l'astuzia, la disinvoltura e la violenza, non c'è nessuno che non si senta incline a crearsi, a rinascere, a cambiare vita ogni giorno. La creazione vissuta quotidianamente come rinascita non è che l'impulso a vivere dissolvendo a poco a poco la corazza dei desideri repressi.
La morte è stata così a lungo predicata sui nostri piccoli istanti che ciò che ricorda il tono della predica – a cominciare dall'incitazione a vivere - prende il movimento della morte.
Voglio essere la mia propria cittadella, imprendibile e aperta a ciò che ne aumenta la forza accogliente al viaggiatore in cammino verso di sé.
I castelli dell'autonomia finiranno con il far crollare l'autorità dello Stato. « I cavalli del desiderio berranno l'acqua pura dei fiumi sulla sponda di città coperte di fiori ».
L'autogestione generalizzata non ha bisogno di agitatori, di questi cospiratori che i burocrati al potere amano denunciare dappertutto perché vi scoprono il riposante riflesso della loro tirannia. Non ha niente a che vedere con i partiti e le organizzazioni. Cadaveri che pretendete di governarci, è inutile che pensiate a strani complotti, fustigate i fautori del disordine e piangete ipocritamente sulla violenza di cui la vostra sola presenza è causa. Una volta ancora, l'evidenza impiastra il naso della vostra impotenza. Nella strada e sulla soglia delle vostre inquietudini, gli individui dell'autonomia nascente emergono lentamente dalle rovine della contaminazione mercantile.
Pronti a rischiare il nulla per il tutto, a colpire quando meno ve l'aspettate, non a rispondere che a se stessi hanno il solo mandato della loro soggettività e i loro passi cominciano a calpestare la paccotiglia della vostra civilizzazione mortale.



La storia putrescente dell'economia si apre sulla storia possibile degli individui.
Nel ritardo della vita sulla volontà di vivere,è ancora la testa che dissimula la presenza di uno stile nuovo. Non vivo abbastanza nel rovesciamento di prospettiva, perché l'impazienza mi faccia aspettare quello che è già in me? Perché cercare nell'assenza ciò che si trova nell'abbondanza? Mi sia sufficiente, ormai, cogliere ciò che mi piace per legarlo a ciò che mi appassiona, perché la passione ha gli occhi del desiderio, brucia tutto ma non riduce in cenere che gli ostacoli al suo desiderio. Non voglio privarmi di niente, non averne mai abbastanza di tutto. 
Come potrebbe soddisfarmi il vecchio mondo? In ogni turbamento sociale, in ogni rivolta, mi si offre l'occasione di spezzare gli impedimenti ad una possibile gratuità, più avanti, su un territorio più vasto di quello della mia vita quotidiana. La linea della vita passa per l'abbondanza soggettiva,l'amore senza limiti,l'incendio delle banche, il sabotaggio dell'economia,la fine dello Stato,la distruzione radicale dei rapporti mercantili.



Voglio battermi per essere umano, troppo umano da non esserlo mai abbastanza.
La gratuità è l'autodifesa della vita. Il godimento senza contropartita è l'arma assoluta dell'emancipazione individuale.
L'ironia della storia ha voluto che l'estrema alienazione mercantile la mettesse, per l'appunto, alla portata di tutti. Senza intermediari, senza politicanti, senza agitatori, senza medici, senza tribuni, senza una forza esterna a noi, imprimeremo alla storia il segno dei nostri desideri armonizzati e la libertà della necessità.
Non ci si salva da soli? In verità,io sono sicuro di non salvarmi mai se aspetto la salvezza dagli altri e non da me.
Se l'autonomia individuale non si abbozza dal principio, come sarebbe possibile ritrovarla alla fine? E se non siamo decisi a realizzarla fino in fondo, perché affermarla in partenza?
Condannata ieri alla liberazione nel suicidio, la lotta degli individui inizia la sua trasformazione nel rovesciamento di prospettiva. L'energia investita nella corsa al potere e al profitto si ripadroneggia sorridendo quando si accorge che per appagarsi le è rimasta solo la disoccupazione, l'inflazione, lo sfacelo dell'economia, il crollo dell'autorità e la rivoluzione amministrata da giudici in radicalità. Essa ritrova i percorsi del godimento e pretende la gratuità immediata. Non mi aspetto che essa vinca immediatamente. L'innocenza non vuol dire credere che un magistrato, un commerciante, un militare, un assassino scelgano anche loro di godere invece di castrare la gente con il randello della loro impotenza. Chiedere a una vipera di non mordere non mi sembra impossibile, ma non al primo incontro.
Non c'è giorno che la repressione non provochi una risposta. Il commercio mi aggredisce obbligandomi a pagare, la banca mi aggredisce obbligandomi a contare, la legge e l'autorità mi aggrediscono proibendo la libertà ai miei desideri di vita. Pertanto non sarà la disinibizione della rabbia ma la violenza tranquilla del superamento che li spazzerà via.
Sarà con incantevole disinvoltura, nel modo più innocente del mondo, che gli individui, uniti da un comune desiderio di autonomia, cesseranno di pagare, di lavorare, di obbedire, di rinunciare, di invecchiare, di avere vergogna e di conoscere la paura; che agiranno secondo l'impulso dei desideri, che vivranno d'amore e di creatività.
La natura non ha altre leggi che quelle che le ha accreditato l'economia. Sono queste leggi che voi avete celebrato nella crudeltà animale e nei flagelli della terra e del cielo. Sono queste leggi che la volontà di vivere negherà socialmente in uno scontro in cui i vostri riflessi di morte non usciranno vittoriosi. La lotta contro una natura ostile cede oggi il posto all'aiuto offerto ai godimenti individuali attraverso ciò che la natura dà, e che voi avete la gloria di raccogliere alle radici della vita. La mutazione della civilizzazione umana non è in realtà che il suo completamento.
Tanto peggio se il gusto dei piaceri è fonte di errori. Noi non ne commetteremo certo di più di quelli che testimonia la macchia intellettuale di sangue che ogni rivoluzione passata porta in cuore.
Preferisco un errore spontaneo a una verità imposta. Meglio le incertezze del creatore che la coerenza del capo.



L'essenziale è stato detto. Ora, comincerà ad esprimersi l'importante.





 ultimo capitolo de " Il libro dei piaceri" di Raoul Vaneigem

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