Lavoratori
Perché dissodate, o lavoratori, i campi dell’oppressore che vi tiene sotto i suoi piedi? Perché tessete col vostro dolore e colla vostra pena le vesti seriche in cui si ammantano i vostri tiranni?
Perché nutrite e vestite e mantenete, dalla culla alla tomba, codesti fuchi inutili e ingrati che vorrebbero suggere tutto il vostro sudore, anzi il vostro sangue?
Perché, laboriose api, fond
ete tanti flagelli, spade e catene a questi fuchi senza aculei, che saccheggiano il frutto del vostro stentato lavoro?
Avete gioie, comodità, ricovero, avete pane, voi?
Avete voi l’ambrosia soave degli amori?
Che cosa comprate, dunque, così a caro prezzo colle vostre pene, coi vostri infiniti dolori?
Il grano che voi seminate altri lo mietono; la ricchezza che accumulate altri la custodiscono; le vesti che tessete altri le indossano; le armi che temprate altri le impugnano.
Seminate il grano! ma che nessun tiranno lo raccolga; scavate tesori! ma che nessun usuraio li accumuli; tessete tuniche, ma che nessun parassita le logori; forgiate armi, ma impugnatele per la vostra difesa.
Oppure rifugiatevi nelle vostre caverne, nelle stamberghe, nelle celle; i palazzi che avete eretto sono abitati da altri.
Perché squassate le vostre catene? foste voi a forgiarle, e le spade che scintillano contro il vostro petto, foste voi a temprarle.
Coll’aratro e con la vanga, con la zappa e col telaio vi scavate la fossa, vi fabbricate la tomba, tessete il vostro sudario, finché la bella Patria non sarà il vostro ossario.
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