domenica 21 ottobre 2012

Le solite dei Nei e Cicisbei.




Le solite dei Nei e Cicisbei.


La cosa avvenne all’osteria del Gatto nero.
Era una notte tempestosa, piena di lampi e tuoni; la stagione non ricordo qual fosse, forse autunno. Loro erano seduti ad una tavolaccia sgangherata su delle sedie reduci da chi sa quante battaglie d’ubriachi. L’ostessa, una donnaccia unta e bisunta, che trasudava dai pori il grasso delle sue casseruole, guardava stupita qu
ei singoli avventori.
E ne aveva ben donde! Tipi così strani non se ne trovavano certo per ogni dove. Infangati, con dei grandi mantelli neri e i cappellacci che gocciolavano, avrebbero messo in apprensione il pacifico borghese, e in sospetto il guardingo poliziotto.
E poi, certi discorsi.... State a sentire e zitti.
– To’, manipolatrice di polpette avvelenate, portaci del vino!
Il vino venne servito; loro versarono e bevvero.
– Senti, cara Mummietta, se non aprono presto il nostro S. Martino, ne fo una grossa.
– Hai ragione. Io è già tre mesi che non vedo la Pina, sono disperato. 
Gli altri ascoltavano e annuivano, poi:
– La luna è nascosta.
– Ma noi siamo ombre.
– Facciamo l’appello.
S’incominciò l’appello; lo faceva uno chiamato Bacherozzolo, da una spaventosa capigliatura zingaresca.
– Mummietta....
– Veglio.
– Dente....
– Attendo.
– Chiodo....
– Bevo.
– Bambolo....
– Mi succhio il dito.
– Occhio di Vetro....
– Sbadiglio.
– Assenzio....
Bambolo smise di succhiarsi il dito e disse:
– È in galera.
Bacherozzolo scrisse e poi chiese:
– Ne vedo altri due, chi sono? Chi li presenta?
Dente si fece avanti.
– Illustre Bacherozzolo, io ardisco proporre che due nuovi nei entrino a far parte della nostra confraternita. I loro titoli accademici sono:
– I° Bevono come russi....
L’assemblea grugnì con soddisfazione.
Dente soddisfatto riprese:
– II° Odiano il lavoro....
Il grugnito divenne simpatia manifesta.
– III° Hanno già fatto venti anni di galera. Vivono di notte. Non han paura di niente. Son pronti a tutto, pur di star bene e di vivere. Ecco tutto. Mi pregio pregare l’illustre Bacherozzolo di volere benignamente dar loro un buffetto sulla proboscide. A lui ed all’assemblea, il giudizio. Ho finito.
Bacherozzolo allora disse:
– Avete udito, Cicisbei; volete voi accettare?
Un formidabile urrà fece screpolare ancor più lo scalcinato soffitto della bettola.
– Sta bene. Voi due fatevi avanti!
I due iniziati si fecero avanti.
– Guardate che il nostro vino prediletto è il sangue di giuda. Siete nella lega di coloro che ridono, guardate di non piangere mai.
E in così dire diede loro il buffetto d’occasione.
Tu ti chiamerai Raspante, e tu Graticola; tornate al vostro posto, e voi festeggiateli.
Avvenne il finimondo. Urla, canti, salti pazzeschi. Bicchieri e bottiglie danzavano di mano in mano in una ridda vertiginosa.
Mummietta nell’impeto della gioia andò ad abbracciare l’ostessa che spaventata si schermiva. Poi ad un tratto un coro s’alzò:
Oggi siam neri 
Doman saremo bianchi
Ed anche verdesin
Che me ne infalla
A ioooo!
Bacherozzolo fece l’urlo del lupo e il silenzio si ristabilì.
– Attenti, – disse – fumate.
Tutti trassero le sigarette e cominciarono a fumare. Una nuvola di fumo li circondò.
– Cicisbei, una triste cosa, una catena avvince il mondo. Per lei si vedon musi imbronciati, per lei le cravatte sono annodate con cura e i capelli tagliati. Ovunque si giri lo sguardo si vedono baffetti arricciati e cappelli duri. I libri, i giornali, tutto insomma è grigio, nebbioso. Si parla di affari e di politica da gabinetto. Si lotta contro l’alcool e si applaudiscono i deputati. Bisogna uccidere il tiranno che ciò fa. Ridare al mondo la gioia, la spensieratezza, la follìa. Spazzare occorre questo puzzo pestifero. Cicisbei, bisogna uccidere la «Serietà».
Un immenso «bravo» echeggiò.
Nel frattempo la porta s’era aperta ed era entrato un individuo che aveva legato un cavallo nero all’inferriata della finestra. Esso aveva udito l’ultime parole. S’avvicinò e disse:
– Ci stò anch’io!
– Chi sei? – chiesero.
– Non curatevene, poichè ci stò!
Bacherozzolo interloquì:
– Occorre tu dica il tuo nome almeno a me.
Lo sconosciuto titubò un istante e poi parlò piano nell’orecchio di Bacherozzolo. Questo lo riguardò stupito e gli strinse la mano, poi rivolto agli altri:
– Può andare, ne sono garante. Allora usciamo, e all’opera.
Tutti uscirono. Il temporale era cessato ed il cielo stellato. La squadra preceduta da Bacherozzolo e dallo sconosciuto marciava in silenzio.
Giunto ad un crocicchio, Bacherozzolo si voltò e parlò:
– Ognuno vada per la sua strada e porti un poco di serietà. Ci ritroveremo a mezzanotte nel cimitero, e lì giustizia sarà fatta.
Ognuno se ne andò per suo conto e rimasero, soli, Bacherozzolo e lo sconosciuto.
– Dunque, tu sei proprio Cristo?
– E te ne meravigli?
– Un poco, lo confesso.
Cristo sospirò, e disse:
– Che vuoi? Volevo l’uomo buono e l’ho avuto ipocrita, lo volevo naturale, e lo ebbi depravato; io che credevo, e in tale speranza vivevo, di essere grande mi sono avvisto di essere nato cretino. Allora dissi: proviamo con la follìa, tutto è folle, e l’uomo s’intonerà all’ambiente. Vi ho incontrato vi aiuterò.
S’incamminarono al cimitero, in silenzio vi giunsero, entrarono, e seduti su di una tomba attesero. 
Mezzanotte scoccò lenta, lenta. Subito ombre si agitarono d’ogni parte. Bacherozzolo fischiò e tutti intorno a lui si radunarono. Ognuno aveva dei carichi immensi di roba, nè si comprendeva con qual mezzo riusciti fossero a portarla lì. Si cominciò a formare il rogo. Con che cosa? Libri di filosofia, storia, scienza, ecc. Strumenti d’astronomia, quadri, statue, divise militari e da prete, mobili, musei, ospedali, scuole, università. Tutto ciò che forma insomma il patrimonio dei nostri tempi, perchè tutto ciò era serio. La catasta gigantesca era approntata e già uno s’avvicinava per darvi fuoco quando lo sconosciuto lo fermò e disse:
– Fermi! Che v’ha dato l’uomo perchè lo liberiate? Nulla! Che vi darà quando l’avrete liberato? Nulla! E lasciamo che imputridisca nella sua tristezza. Pensiamo a noi. Ognuno di noi ha un po’ di serietà in sè stesso, la cacci fuori. Io dò l’esempio. – E in così dire trasse un libro e lo gettò a terra. Alcuni guardarono. Era il Vangelo. Tutti allora gettarono qualche cosa, e un piccolo mucchio s’innalzò vicino a quell’altro mastodontico. Vi si appiccò la fiamma. Quando tutto fu combusto, i petti dei convenuti non sentirono più oppressione. Tutti eran lieti, tutti sghignazzavano. E sghignazzando se ne andarono sparendo nella notte, mentre le note del loro inno echeggiavano nel silenzio. Ma Cristo era rimasto. Sgambettava come un matto ridendo a crepapelle. Poi sollevò una tomba e vi si nascose dicendo:
– Vogliamo fare una burla al becchino!

* * *

Così in un cimitero venne giustiziata la serietà dai Nei e Cicisbei.
De profundis....



Bruno Filippi

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