Caro «Libertario»
Ventidue mesi ormai sono trascorsi dal giorno in cui il più brutale e viscido di tutti i mostri tentava di travolgere pure me fra le sue luride e sanguinose fauci.
Sì, anch’io ero destinato ad essere trasformato in umile strumento di servilismo bestiale; anch’io ero destinato a sacrificarmi (oh, le bestie sacrificali...) sull’altare del più stupido e grottesco di tutti gli umani fantasmi; anch’io ero destinato ad essere trasformato in un “pezzo di materiale umano”...
Ma io non credo al destino.
Neppure alla fatalità io credo! No! Io credo soltanto nella mia capacità di potenza! Ed è soltanto in nome di questa che io risposi con un superbo e sdegnoso “NO” signorilmente anarchico, e me ne andai...
Ho camminato con gioia infinita sulle vie del Dolore. Per compagno ebbi sempre il pericolo che amai come un caro fratello. Sulle labbra ebbi sempre l’ironico sorriso dei superiori e dei forti; negli occhi sereni la fascinatrice visione della tragedia eroica che solo comprendono i veri amanti della libera vita.
Ero solo... Ma nell’ombra sapevo che stava nascosta un’ardita falange di coerenti e di audaci che vivevano la mia stessa vita! Ah, quanto amore sentivo per quella anonima schiera...
Che importa se una gran parte di essi languiva da lungo tempo nel fondo di umide celle? Essi non si piegarono!
Essi vissero, noi vivemmo ai margini della società da veri ribelli, da Iconoclasti intransigenti, oppure non curanti di ciò che poteva essere la tragedia finale. Ed è a questo pugno di coscienti “Protestatari neri”, o caro «Libertario», che oggi invio dalle tue colonne - dopo aver profondamente ringraziato Te e tutta quella schiera di compagni anarchici e amici socialisti per la massima solidarietà morale e materiale prestatami durante il mio vagabondaggio illegale e la mia... legale prigionia - un mio più fervido e fraterno saluto dicendo a loro: “Siate orgogliosi e fieri della vostra azione, perché è solo dalla disubbidienza e dalla rivolta che nasce un fulgido raggio di bellezza umana!”
Salve a voi o anarchici del fatto!
Salve a voi o uomini fratelli!
Renzo Novatore
«Il Libertario», n. 732, La Spezia, 25 settembre 1919
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