lunedì 12 novembre 2012

DONNE




Oh, io le ho viste gagliarde, fiorenti di giovinezza, di salute e di forza, scendere dalla campagna avara alla città piovra. Rideva nei loro occhi la speranza, nella loro sana freschezza la fiducia di avere attinto la terra promessa del lavoro, della prosperità, del benessere. Le ho rivedute qualche mese di poi, dopo che pei vostri ergastoli industriali senz'aria, senza luce 
e senza requie avevano chiesto a dieci, a dodici, a quattordici ore di lavoro, un pane e una agiatezza che l'onesta fatica non dà, non sa dare; le ho rivedute anemizzate, stanche, fiacche, nauseate dai vostri bagni, del vostro cinismo, del loro lavoro; le ho rivedute a tarda notte per le taverne dei sobborghi, sul lastico, sul rigagnolo, chiedere al più umiliante dei mercimoni il pane ed il rifugio; le ho rivedute nella sentina della polizia, bollate e matricolate col marchio dell'infamia, le disgraziate che la vostra società ha respinto fuori del suo seno.
Le ho vedute nel seno delle famiglie povere, le tormentate, le madri dolorose, a cui il salario della vostra settimana di lavoro non lascia alla domenica, fatte le provviste, il becco di un quattrino, ed alle esigenze del bilancio sono costrette a provvedere con un lavoro di dodici e quattordici ore; le ho viste intristirsi, inacidirsi, inasprirsi sotto la sferza del lavoro e della miseria, non credere più alla vita, non credere più all'avvenire, non credere più all'amore, esse che all'amore erano venute sorridendo e le culle avevano salutato con lacrime di gioia: e sotto quell'accidia ho visto nascere tra le delusioni le prime querele, addensarsi in organi spaventosi, dissolversi nel delitto e nell'abbandono la famiglia, l'istituto sacro di cui vi proclamate sacerdoti, custodi e paladini. E in cuor mio non vi ho più perdonato.
Ah! voi credete che un operaio nel cui cervello guizzi un lampo di fierezza, nel cui animo frema un sentimento d'indipendenza, possa assistere senza rivolta, allo strazio quotidiano che voi fate delle sue carni e del suo cuore ?
Ebbene, sono in grado di guarirvi dall'illusione.



Clément Duval



[La Frusta, anno II, n. 4 del 8 febbraio 1920]

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