Il popolo è la bestia più vigliacca,
Che sotto il sole abbia mangiato paglia:
Ora senza fiatar porta tre sacca,
Ed ora a dorso nudo scalcia e raglia.
Ma sempre fuori di luogo e alla ventura;
Sicché può dir chi lo conosce a fondo
E bene addentro nella sua natura:
Popolo e ciuco son lo stesso mondo.
Spesso lo vedi piangere a dirotto
Se crepa un vil pagliaccio o un reo mercante,
Mentre farebbe, per giocare al lotto,
Morir di fame Galileo e Dante.
Come un bamboccio grullo e scioperato
Accorre dove suona la grancassa,
Che annunzia un saltimbanco sul mercato,
Ed ivi paga, applaude e se la spassa.
Oggi consacra un idol sull'altare,
Sia pure uno strumento di Geenna,
E domani lo butta in mezzo al mare,
Se non gli gratta bene la cotenna.
Chi disse che il suo grido vien dal cielo
Solo conobbe l'estro del ciociaro
E sul timpano tenne un lercio velo:
Voce di folla è raglio di somaro.
Paolo Schicchi
[Il Picconiere, 1925]
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