Viviamo
ormai in un paese d'indagati e di indagatori, ove gli indagatori diventano a
loro volta indagati. L'informazione non fa che registrare questa situazione nel
modo più palese possibile, affermando tutto e il contrario di tutto, a seconda di
quello che è l'andamento prevalente nel borsino di affari legato al governo
della magistratura. E' noto l'interscambio tra scoop, inchiesta giudiziaria e
relativa denuncia, ora di questo ora di quell'indagato o indagatore per
violazione del segreto istruttorio. Così si costruiscono le carriere tanto del
giornalista quanto del magistrato, che corrono in questo modo in parallelo.
Grazie
all'industria del pentitismo e del giustizialismo si è giunti ad una inversione
dei rapporti tra potere giudiziario e potere politico fino al configurarsi di
una situazione di netta predominanza del primo sul secondo e per conseguenza su
tutti gli altri.
L'industria
dell'informazione si è adeguata alla nuova situazione e si evidenzia nel suo
farsi strumento della sovraesposizione del potere dei giudici.
I più
rincoglioniti da questa democrazia nella loro verve di garantisti credono che
il ruolo preminente attuale della magistratura finisca quando la classe
politica sarà nuovamente legittimata dal voto, e quella nuova
imprenditorialtecnocratica dal produttivismo legato alla ripresa economica del
paese; ma tralasciano il fatto che la prima è già composta da ex-magistrati
candidatisi nei vari partiti e la seconda è altrettanto rappresentata da
ex-magistrati in veste di consiglieri legali.
Sarebbe
bene, quindi, che tutti prendessero atto che si prospetta un governo definitivo
sotto la tutela della magistratura, e che le scelte politico-istituzionali le
faranno i giudici tramite la politica giudiziaria. Tutela che gode del consenso
popolare,ha l'immagine di governo sancito dalla moralizzazione, e prospetta lo
“Stato etico” interiorizzato nel buon cittadino, ligio e zelante verso tutte le
leggi promulgate sottoforma di misure di prevenzione sociale atte a combattere
ogni forma di opposizione alle regole da essi emanate.
Tutto
ciò verrà presentato come necessario per l'abbattimento, con mezzi sempre più
duri, della criminalità organizzata, per cui ogni oppositore radicale al dominio
sarà indicato non come oppositore politico, ma come criminale e in quanto tale
con ogni mezzo perseguibile, compreso il più bieco, quello del ricorso alla
costruzione di pentiti e l'uso di testimoni compiacenti col PM.
All'elogio
dell'infamia e al pensare poliziesco l'opinione pubblica si è ormai abituata
fino a considerare ogni problema risolvibile ricorrendo all'autorità
giudiziaria.
La
fine del “garantismo”, anche come ideologia, è ormai cosa certa. Non esiste più
un “diritto penale”, non è il reato attribuito a sancire la detenzione
dell'imputato ma unicamente la messa in atto di questo o quel progetto
emergenziale perseguito dai corpi giudiziari e polizieschi dello Stato.
Non
esistendo alcuna reale divisione dei ruoli nel funzionamento della macchina
statale, ma un “tuttocompatto” dato dalla informatizzazione
intervenuta, appellarsi al garantismo in un qualsiasi processo fa ridere o
piangere a seconda dei casi presi in questione, poichè le uniche “garanzie” di
cui gode l'imputato non dipendono tanto dalla formale procedura giudiziaria
seguita, quanto dalla “benevolenza” del PM e dei giudici. E' quanto accade nei
processi penali di una certa portata, dove le sentenze emesse sono espressione
di giudizi pilotati da questa o quella emergenza sociale agitata sulla piazza
tramite i media. I magistrati giudicanti, zelanti nei confronti di tali esigenze
e in vena di far carriera, non fanno altro che applicare quanto formalizzato dai
PM. Non esiste,nella pratica, alcuna separazione fra magistratura inquirente e quella
giudicante; entrambi rappresentano l'interesse generale contro quello
particolare dell'imputato,per cui non esiste alcuna “pari possibilità” tra le
due parti, alcuna dialettica a tutela della difesa dell'imputato.
L'imputato
è succube dell'onnipotenza della magistratura, essere imputato è già un
crimine, in quanto si ritiene l'accusato capace o propenso a fare quanto gli
viene contestato dall'accusa. Essere imputati per questo o quel reato è già un
“indizio” di colpevolezza. E poiché tutto si regola sulle rivelazioni di
“pentiti”, di “testimoni” compiacenti, e sull'indiscussa attendibilità delle
forze dell'ordine anch'esse rappresentanti l'interesse generale, traete voi la
conclusione di quali armi di difesa goda l'imputato.
Le
accuse in un qualsiasi procedimento penale o civile sono sempre pubbliche,ma le
indagini segrete. L'avvocato difensore è di fatto un complice prima del
PM, quindi del G.I.P e poi nel processo, della Corte giudicante, in quanto è
chiamato non tanto a difendere o tutelare gli interessi particolari del suo
assistito ma a fare da notaio, con la sua presenza, alla procedura penale
seguita.
Per
capire lo sviluppo dell'attuale situazione, più che guardare alle consultazioni
tra i due poli (centro destra e centro sinistra) sarebbe opportuno guardare a
quel che avviene nei palazzi di giustizia, perchè è qui che ormai si fa la
politica e si decidono, in buona parte, le sorti del paese.
Il
garantismo era la strada seguita dai riformisti di ogni coloritura politica in
quanto volevano costruire uno “Stato di giustizia sociale”; i
rivoluzionari, specie gli anarchici hanno sempre indicato la strada della
violenza insurrezionale per liberarsi da ogni dominio. Lo Stato si abbatte e
abbattendolo si distrugge anche la macchina della “giustizia” unitamente al
sistema ad esso strettamente connesso:il capitalismo.
La
giustizia, a qualsiasi titolo presentata, va attaccata senza perdere tempo e con
tutti i mezzi a nostra disposizione.
Il
resto?
Il
resto sono chiacchiere di chi vorrebbe sempre qualcosa di nuovo, ma non ha il
coraggio di prenderselo, qui e ora.
PierLeone M. Porcu
Nessun commento:
Posta un commento