sabato 15 dicembre 2012

BREVIARIO DEL CAOS (parte seconda)




BREVIARIO DEL CAOS
(parte seconda)


La natura del mondo è l'assoluta indifferenza, e dovere del filosofo è quanto meno essere simile alla natura del mondo, continuando a essere l'uomo che non potrà smettere di essere: la coerenza, la misura e l'obiettività hanno questo prezzo. Tutti i problemi sarebbero risolti con l'obiettività, la misura e la coerenza, ma poiché la maggior parte degli uomini ne è incapace, lutti i problemi restano insolubili, la catastrofe sarà sempre l'unica scuola in cui gli indegni riceveranno l'insegnamento che la stupidità e la follia meritano loro. Non possiamo tramutare i sonnambuli in veggenti né far assaporare la luce a questi ciechi dalla nascita, la legge dell'ordine vuole che la massa di perdizione non sia salvata e che si consoli della propria rovina procreando a perdifiato, per poter essere smisurata e fornire instancabilmente un esercito di vittime. Noi intravediamo quello che ci attende e regoliamo la nostra condotta in base a quello che gli occhi ci insegnano, avvertendo altresì che i mortali, per la maggior parte, non capiscono nulla ed escono dal loro sogno solo per piombare nella disperazione, poiché non hanno altra legge se non quella di subire ciò che non comprendono.

L'ora degli esorcismi e delle congiure è trascorsa; qualunque cosa accada, è trascorso il tempo della preghiera. Le nostre religioni non ci servono più a nulla e i credenti non hanno più motivo di esistere, giacché le prime ci ingannano sulla nostra evidenza e secondi non ripenseranno il mondo:! ma se il mondo che abitiamo non viene ripensato, noi non vi dureremo tre generazioni di più, non possiamo ingannarci per tre generazioni di seguito sulla nostra evidenza. Ormai possediamo mezzi che ci giudicano, e i nostri sistemi ispirati non sono in grado di dominarli, il tempo del pensiero si annuncia e l'ora della meditazione ha inizio. In verità, la massa di perdizione è formata proprio dai credenti, i credenti sono di troppo tra noi e il nostro futuro, cosi la loro ricompensa sarà la morte, e mai ricompensa parve più meritata. Non è bene che ci governino dei ciechi e che essi siano onorati in quanto tali: non è lecito che dei Capi di Stato menino vanto della loro superstizione, né che si siano messi a onorare della loro presenza le cerimonie dei culti. L'uomo degno di questo nome, al giorno d'oggi, non crede in niente, e se ne gloria.

Abbiamo bisogno di una Rivelazione nuova, e intanto quelle trascorse sono sorpassate o, peggio, fonti dì disordine. Stiamo andando alla morte con il sostegno di tutte le autorità morali. Con la sanzione di tutte le autorità religiose stiamo andando verso la morte universale e non vi è nulla che lo impedisca, le nostre tradizioni approvano apertamente che vi si tenda e nella stessa direzione ci spingono i nostri valori così come i nostri interessi, mai si è visto accordo più unanime. La Terra è divenuta l'altare degli olocausti e l'umanità, presa da vertigine, vi sale a immolarsi, calpestando quei pochi che denunciano l'impostura. Adesso sappiamo,adesso che è troppo tardi, sappiamo che ogni sacrificio quaggiù è solo un'impostura, e l'impostura più grande, ma lo abbiamo appreso in punto di morte. Domani la Rivelazione nuova illuminerà i resti dell'umanità su quanto vi è di assurdo nell'immolazione, la generazione attuale è già condannata, non c'è più ritorno, l'altare degli olocausti sta fumando e la nostra specie si accinge ad alimentarlo, alimentarlo con grida d'amore, nella speranza di sfuggire alla propria condizione, una condizione divenuta inumana.

La fede non salva più gli nomini, anzi, li scaglia incontro alla morte, la fede è solo ingordigia e fornicazione, ma ingordigia e fornicazione non ci insegnano a riflettere. Giacché non si tratta più di dare se stessi, sarebbe troppo facile; non si tratta più di portare la propria croce, sarebbe troppo comodo; non si tratta più di imitare qualcuno e tanto meno di seguirlo, sarebbe solo una scappatoia: bisogna ormai ripensare il mondo e valutare la nostra evidenza, misurare e pesare e gettare nuove basi, questi doveri hanno la precedenza sugli altri. Ma essi non sembrano alla portata della maggioranza degli nomini, cosi la gran parte di questi, non potendo adempierli, saia colpevole, colpevole e punita, senza nemmeno capire che cosa le stia accadendo. La massa di perdizione è opera del caos, essa è caos e ritorna al caos, non dobbiamo piangerne la morte, perché è un esercito di ombre, e le ombre abortite non hanno che una parvenza di vita in seno all'equivoco: proprio per queste ombre erano fatte le religioni, esse le consolavano della loro abiezione, ma ne perpetuavano l'abiezione.

Non sappiamo quali dèi adoreranno i secoli futuri, noi crediamo nell'avvento di un ordine in cui il principio femminile prenderà il posto che riserviamo in Cielo al Padre, divenuto per noi Padre del caos e della morte. Noi caldeggiamo la promozione di Maria: Maria, che nei Quattro Vangeli non era nulla, sale definitivamente in Cielo, del quale prende possesso dopo duemila anni, è Magna Mater risuscitai,! e Gesù non è più che la sua appendice, ma le manca sempre una metà di se stessa. I secoli a venire ripristineranno l'integrità della Dea, giacché non basta che ella sia Vergine e Madre, bisogna anche che sia Prostituta e che assorba la figura della Maddalena, con la quale si ha il compimento dell'integrità. Allora e soltanto allora potremo celebrare il matrimonio del Cielo con la Terra, allora e soltanto allora rinunceremo all'idea di sacrificio, allora e soltanto allora la pace sarà perpetua e il principio femminile padrone assoluto del mondo, come prima della Storia, allora e soltanto allora il movimento si arresterà affinché l'immobilità regni, allora e soltanto allora il centro sarà riconquistato e lo spazio verrà organizzato a partire da quel centro.

Ma prima niente sarà risolto, perché non possiamo mutare principio senza far regnare la dismisura e senza far scoppiare lo scandalo, la buona volontà non basta a preservare un ordine che il futuro respinge e che si perpetua estinguendo la nostra evidenza, ordine - di morte del quale il caos sarà legatario. Non possiamo evitare la sventura né la sua logica infallibile, siamo condannati a subire lo svolgimento delle fasi, alcune prevedibili, altre impreviste, non arresteremo il movimento che ci travolge: gli uomini continueranno a procreare, le donne a partorire, e per alimentare la massa di perdizione si farà qualsiasi cosa e si ipotecherà il futuro. I nostri discendenti, ridotti a una qualche infima porzione dell'umanità attuale, erediteranno un mondo devastato, la cui bellezza sarà solo un ricordo, impiegheranno secoli a restaurarlo, limiteranno le nascite per dar respiro al suolo e lasciar purificare le acque, non ci sarà pericolo che violentino l'ecumene né che deducano i loro dèi dalle sue leggi, non immoleranno più l'evidenza all'illusione della trascendenza, rimarranno fedeli alla Terra obbligando il Cielo a santificarla.

Perciò andiamo verso la morte, senza speranza di salvezza, alienali e posseduti, poiché la Storia non ci risparmia e ci consegna alla Fatalità, sempre più potente a causa delle nostre opere. E troppo lardi, questa è l'unica certezza, siamo in brandelli e non riusciamo più neanche a supporre una sintesi, già non possiamo più capire noi stessi né rispondere di noi, ci cerchiamo sfuggendoci, e in questa fuga troviamo un modo per sottrarci alla coerenza. Il movimento, che più non si arresta, ci disgrega, e noi vi consentiamo con piacere, approviamo in cuor nostro ciò che fingiamo di deplorare, gioiamo del caos che si è insinuato nell'ordine più dispotico e ci prendiamo delle libertà letali a scapito dei nostri lini. L'umanità vuole pienamente ciò che deve subire, rinuncia a ciò che aveva e noi non la obbligheremo a smentirsi, essa si rifiuta di capire quel poco che intuisce, detesta chi la mette in guardia, e di comune accordo il potere civile e il potere religioso ridurranno al silenzio quei pochissimi che disingannano i ciechi turbando i sordi.

La libertà di incoerenza ha sostituito le altre e non vi rinunceremo più, le arti la illustrano e la letteratura la riflette, anzi, le scienze se ne avvalgono e i maggiori scienziati rinunciano all'idea stessa di sintesi. Ora, eliminata l'idea di sintesi, la coerenza è impossibile e l'Umanesimo è soltanto una parola vana; da molto tempo la misura non è più di moda e nessuno si preoccupa di conservarla, ma con essa viene a cadere un secondo elemento dell'Umanesimo; quanto al terzo, l'oggettività, non abbiamo più il distacco necessario, ed è un altro paradosso il trionfo della soggettività tra gli uomini d'oggi nonostante la lezione delle scienze, più oggettive che mai. Ecco perché il labirinto è la raffigurazione della nostra evidenza, la sua immagine ci dà il compendio del nostro tempo, il labirinto è molteplice e noi non riusciamo già più a stringere rapporti, non abbiamo più un denominatore comune, siamo irreali e lieti di esserlo. Sarebbe forse di moda la parola comunicazione se la comunione non fosse problematica? In verità, siamo una miriade di solitudini, eppure vaghiamo confusi, in preda a ciò che, mescolandoci, non cessa di isolarci.

Dal falso usciamo solo attraverso la collera, ma appena torniamo in noi, rientriamo nel falso e, non potendo accostarci al vero senza piombare nella disperazione e nella furia, parliamo di autenticità, per non dover ammettere che stiamo mentendo ancora. Siamo arrivati al punto di mentire su due piani, che contrapponiamo al fine di persuaderci che l'obiettività conserva i suoi diritti, parliamo persino di dialettica quando stiamo per cambiare piano, l'essenziale della faccenda è agitarci anziché muoverci e sottrarci al confronto anziché cercarlo. Così fermentiamo in una sfera chiusa, nella quale ci esibiamo, e la logomachia è sempre trionfante, ma questa sfera è travolta da una Storia ormai fatale e che determineremo sempre meno, un vortice al quale le nostre opere hanno impresso nostro malgrado una scossa decisiva senza che le nostre idee riescano a tenergli dietro. Abbiamo cessato di capire noi stessi, rinunciato a farci carico di noi e sprofondiamo in uno stato in cui ci crogioliamo e dal quale soltanto la catastrofe ci farà uscire; manchiamo di virilità di fronte alla nostra evidenza, davanti al destino siamo donne.

I nostri intellettuali sanno soltanto recitare e i nostri spirituali soltanto mentire, nessuno si preoccupa di ripensare il mondo, nessuno ci suggerisce come valutare l'evidenza, vogliono tutti far carriera e si è ammirati della loro arte di trattarsi con riguardo senza mai venir meno alle convenienze. Diventiamo sempre più conservatori, al punto di mantenere in vita le anticaglie più sorpassate e più vergognose, le nostre rivoluzioni sono puramente verbali e cambiamo le parole per aver l'illusione di riformare le cose, abbiamo paura di tutto e di noi stessi, troviamo il modo di eliminare l'audacia esasperandola e di tenere occupata la follia portandola all'estremo, non ci opponiamo a nulla e facciamo abortire tutto, è il trionfo della dismisura infeudata nell'impotenza. E cosi procediamo verso la morte, intendo dire la morte universale (salvo qualche avanzo), incaricata di chiudere la Storia. Le nostre tradizioni ce l'hanno profetizzata, quelle tradizioni sono coerenti e quando ce ne facciamo beffe siamo in malafede, nessuna certezza prevale sui loro vaticini e nessuna probabilità li esclude.

Le nostre tradizioni non avevano mentito, perché erano umane e conoscevano l'uomo, nonostante la loro ignoranza del mondo, e noi, che conosciamo bene il mondo, e al punto che lo violenteremo sempre di più, cominciamo a ignorare l'uomo, non per mancanza di mezzi, ma a causa di una mentalità che ci rende ciechi nei nostri confronti. Poiché l'uomo è superato, non può non essere miserabile e noi ci rifiutiamo di ammetterlo, questa miseria ci disturba, ostacola i nostri disegni e noi la esorcizziamo, la sfuggiamo e la respingiamo in quanto rivela il fallimento delle nostre opere. Ora, il superamento è il nostro idolo e ormai gli sacrifichiamo la coerenza, pei amor suo rinunciamo all'idea di sintesi, bruceremo uno dopo l'altro i nostri valori e le nostre ragioni di vita, ma l'idolo è insaziabile e saremo costretti a offrirci in olocausto. Ciò che i nostri giovani disperati hanno imparato a fare, saremo in milioni a farlo domani, la concretizzazione sarà l'atto per eccellenza nel quale la follia e la saggezza, in un estremo superamento, opereranno la loro sintesi, affinché la morte sia l'unica a vivere e il caos l'unico a rivestire gii attributi dell'ordine.

Il ritorno all'origine è il primo dovere, altrimenti l'uomo è finito. Perciò i rari pensatori degni di questo nome si occupano di ontologia e di etimologia per ristabilire una metafisica, mentre le menti piccine, preoccupate di stare al passo con la moda, si immergono nella contemplazione del sociale, questo dettaglio subalterno. Giacché la società non è nulla, essa è una forma che ha per contenuto la massa di perdizione, è la mischia dei sonnambuli spermatici, qualcosa di infinitamente spregevole che il filosofo non prenderà affatto in considerazione. La Storia è opera dei grandi uomini, è il campo chiuso in cui si misurano le élites, la folla è ammessa allo spettacolo, e quando è coinvolta nella rovina i suoi morti non contano più delle mosche. Una delle aberrazioni del nostro tempo è di aver moltiplicato la tomba del Milite Ignoto: così facendo, abbiamo offerto garanzie ai peggiori sovversivi, poiché l'anonimato fa da scudo a chi è generato dal caos, insomma il caos ha in mezzo a noi altari sui quali già lo riveriamo. Gli idoli anonimi sono le porte attraverso le quali il caos entra in campo, le porte rimarranno aperte affinché il caos possa invadere tutto.

La catastrofe è necessaria, la catastrofe è desiderabile, la catastrofe è legittima, la catastrofe è provvidenziale, il mondo non si rinnova a minor prezzo, e se non si rinnova dovrà scomparire con gii uomini che lo infettano. Gli uomini si sono diffusi nell'universo come una lebbra, e più si moltiplicano più lo snaturano, essi credono di servire i propri dèi divenendo sempre più numerosi, i bottegai e i preti approvano la loro fecondità, gli uni perché essa li arricchisce, gii altri, invece, perché li accredita. Gli scienziati possono pur darti l'allarme, la loro voce è quasi sempre soffocata, gli interessi della morale e del commercio hanno stretto un'alleanza indefettibile, il denaro e la spiritualità non tollerano che il movimento si arresti, i bottegai vogliono consumatori, i preti vogliono famiglie, la guerra li spaventa meno dello spopolamento: è nei bottegai e nei preti che l'ordine per la morte trova i suoi sostegni più solidi. L'umanità dovrà ricordarsi di questa cospirazione, e quando la sventura sarà divenuta pane quotidiano dovrà punire coloro che, per il solo fatto di esistere, la consegnano al caos.

L'unico rimedio alla miseria consiste nella sterilità dei miserabili, ma l'ordine per la morte, l'ordine dei bottegai e dei preti, ci vieta persino di parlarne. I bottegai e i preti vogliono arricchirsi e dominare, vogliono il profitto materiale e il credito morale, li ottengono dalla nostra idiozia, giacché il nostro disinganno sarebbe la loro fine, così come sarebbe la fine della miseria. Le nostre tradizioni sono sorpassate e i loro sostenitori sono canaglie, coloro che ci predicano l'osservanza hanno per scopo la perpetuazione del proprio dominio, fosse pure a prezzo della nostra morte. Il nostro dovere è profanare ciò che essi venerano, giacché senza la profanazione il mutamento non mette radici, e più tardiamo a cambiare, più incorreremo in sofferenze e martirii. Ora mi rivolgo a tutti e dico alla massa di perdizione che potrebbe sfuggire alla rovina cessando di costituite una moltitudine senza volto, le converrà ormai prosciugare le sorgenti di vita e capire che non c'è altro vizio al mondo se non quello di essere poveri, poiché ogni povero diventa un criminale non appena, facendo nascere un altro povero, offre alla miseria una nuova garanzia.

Le nostre rivoluzioni sono abortite una dopo l'altra, ed è giusto, nessuna osò toccare l'essenziale, ognuna volle essere legataria universale di un passato che, rifluendo su di essa, la .stroncò sul nascere. In verità, noi dobbiamo cambiare asse e lo faremo sicuramente dopo la catastrofe, prima continueremo a errare e non avanzeremo di un passo nel cammino in cui ci ostineremo a inoltrarci. È lo statuto familiare quello che un giorno dovremo modificale dà cima a fondo, giacché le famiglie tradizionali sono popolatrici, e tutti i moralisti si sono profusi nel lodarle. Noi vogliamo prendete in parola questi moralisti, e poiché la fecondità è divenuta criminale, un giorno infieriremo contro il crimine, sconvolgendo lo statuto familiare. Inoltre è qui che ha sede la scuola della schiavitù, ed è per questo che i tiranni amano le famiglie tradizionali, in cui la donna è serva e i figli sottomessi, mentre il padre - fosse pure osceno, ridicolo e miserabile - è padrone in casa sua e archetipo dei nostri principi, proprio cosi, modello vivente dei nostri dèi e dei nostri re! Questo assetto è durato troppo, la massa di perdizione ne è la conseguenza.
Un mondo popolato da Onanisti e da Sodomiti sarebbe meno miserabile del nostro, questa è la verità. Siamo sventurati perché adempiamo un dovere immaginario e ci uniformiamo a precetti superati, ma il dovere non ci sottrae alla nostra abiezione e i precetti ci fanno perseverare in essa. L'ordine morale, che domina su di noi da venti secoli, ha fatto il suo tempo e ora ne constatiamo la barbarie, quest'ordine sopravvive a se stesso e noi ne moriremo, innumerevoli, oggi esso invoca la tolleranza che ha sempre rifiutato alle sue vittime, predica la fratellanza di cui non si è mai curato, parla di trasformarsi, proprio lui che si era vantato di essere immutabile, vorrebbe accaparrarsi il l'innovamento per riempirne i suoi vecchi otri, esecra ciò che si prepara e, non potendo impedire nulla, dà spettacolo promettendoci mari e monti. Dopo la catastrofe, di cui è la prima causa efficiente, l'ordine morale sarà vittima a sua volta, e si conserveranno i suoi resti perché la riprovazione possa colpire qualcuno di noi rimasto in vita e gli uomini possano accanirsi contro altri uomini nei quali si concentri e si incarni il male del mondo.

Stiamo entrando nella notte e ne usciremo soltanto ridotti a miseri resti, siamo troppo numerosi, saremo ancora più numerosi e saremo sempre più numerosi, affinché il caos trionfi e la morte possa saziarsi. I padroni sono i nostri nemici e gli spirituali i nostri seduttori e i loro complici, siamo orfani e non vogliamo farcene una ragione, cerchiamo dovunque padri e madri, ce ne promettono persino in Cielo e noi li invochiamo dal fondo degli abissi in cui l'ordine morale ci fa permanere. Nell'universo futuro non ci sarà massa di perdizione, non già perché gii uomini saranno tutti felici, ma perché non ci sarà più massa. Con cento milioni di esseri umani la Terra diventerebbe il Paradiso; con i miliardi che la divorano e la insozzano sarà l'Inferno da un polo all'altro, la prigione della specie, la stanza della tortura universale e la cloaca gremita di folli mistici che campano nel loro lerciume. La massa è il peccato dell'ordine, è il sottoprodotto della morale e della fede, basta questo per condannare l'ordine, la morale e la fede, giacché non servono che a moltiplicare gli uomini e a tramutarli in insetti.

Io sono uno dei profeti del mio tempo, e non avendo diritto alla parola scrivo ciò che ho da dire. Intorno a me la follia, la stupidità e l'ignoranza si alternano con la menzogna e il calcolo, sostenuti, le une come gli altri, dalle virtù, perché il tragico della faccenda, che i moralisti non vogliono ammettere, è che il mondo scoppia di virtù, penso che mai se ne siano viste tante. Nonostante tutte queste virtù, stiamo andando al caos, le virtù non ci preservano dalla morte universale, e anzi mi chiedo se le virtù non siano di troppo fra noi e la coerenza, che è misura dell'oggettività. Le virtù non ci salvano dall'ordine' e l'ordine si serve di esse per rovinarci, oggi siamo vittime di un sistema che ci inganna sui nostri interessi e ci sacrifica ai suoi, persuadendoci altresì che sono i nostri. Sicché tutti noi crediamo di agire bene e facciamo a chi si inganna di più, con la follia come ricompensa e la stupidità come clima abituale, nel quale l'ignoranza appare il primo dovere, per dare campo libero alla menzogna e al calcolo. Siamo rimasti fanciulli e tali rimarremo, finché esisterà la famiglia.

La famiglia è un'istituzione che un giorno bisognerà superare, essa non ha più ragione di esistere: nella maggioranza dei casi è popolatrice, e l'universo è sovrappopolato, inoltre è fonte delle nostre idee più contestabili, e noi non possiamo permetterci il lusso di perpetuare le idee sbagliate in mezzo a opere la cui esattezza fa spavento. Si devono tollerare soltanto le famiglie eugenetiche, e sappiamo che sono rare, le altre finiranno col sembrarci indesiderabili, e in un mondo minacciato dalla povertà ogni famiglia povera aumenta la miseria, ogni famiglia povera è già criminale per il solo fatto di esistere. Persuadiamoci che la carità è puro delirio e che il suo abbraccio contamina, è meglio uccidersi che esserne vittime, servendo da trapezio alle anime caritatevoli. La promiscuità, destino degli indigenti di qualsiasi paese o epoca, è, nonostante il silenzio delle autorità religiose e morali, il colmo dell'abiezione: ma nessuno se ne è preoccupato da cinquanta secoli a questa parte, perché l'ordine preferiva l'abiezione al suo rimedio, ossia la sterilità. L'ordine è sempre stato disumano, e l'ordine morale il più disumano di tutti.

Sarà l'immoralità a salvare il mondo, saranno il rilassamento e la mollezza, sarà il rifiuto dei sacrifici di qualsiasi genere e l'abbandono delle virtù militatiti, saranno il disprezzo per tutto ciò che giudichiamo rispettabile e il consenso alla frivolezza, sarà l'effeminamento a liberarci dall'incubo verso cui la virilità ci indirizza e da cui essa non uscirà mai, perché l'uomo è sposo della morte e la morte informa le sue azioni. La guerra è l'elemento dell'uomo e l'uomo vi si prepara, la guerra è la sua ragione d'essere, e se la pace perpetua ci fosse restituita, come prima della Storia, ai tempi in cui la donna era padrona e insieme sacerdotessa, il potete temporale e il potere spirituale gli sfuggirebbero di mano, e come cinquanta secoli or sono egli rientrerebbe nel nulla, quel nulla da cui la morte lo fa uscire, la morte, l'ordine morale, la guerra e la necessità delle virtù militanti, l'apparato della barbarie legale e l'instaurazione della disumanità sistematica. L'uomo ha bisogno di legittimare la sua preminenza organizzando la sventura, solo a questo prezzo si tende indispensabile, ma questo prezzo, per quanto tempo ancora potremo pagarlo?

In verità l'uomo non ha cuore, da sempre la sua carità non è che un esercizio, per non essere violento egli deve farsi violenza, e l'ordine che instaura si fonda sul delitto. I popoli antichi, quelli di prima della Storia, erano più semplici e più miti di quelli a cui dobbiamo i nostri imperativi e le nostre tradizioni, essi erano governati da donne e noi li giudichiamo immorali, ma questa fama l'avevano creata i loro vincitori, ai quali continuiamo a ispirarci. L'uomo oggi sembra giunto alla fine, e poiché i suoi imperativi atroci si uniscono ai suoi mezzi smisurati, non gli resta che prepararsi all'olocausto ecumenico, nel quale domani si vedrà il coronamento delle sue opere. Giacché noi usciremo dalla nostra Storia soltanto dopo averla esaurita e non la esauriremo se non mediante la nostra immolazione, tutto il mondo dovrà diventare un cimitero perché prevalga il cambiamento di sensibilità, non abdicheremo per meno, preferiamo la nostra sventura alla riforma e lo dimostreremo, con le armi in pugno continueremo a seguire coloro che ci indicheranno la via della morte, e saremo fieri di seguirli.

Il mondo che abitiamo è duro, freddo, cupo, ingiusto e metodico, i suoi governanti sono o imbecilli patetici o veri scellerati, nessuno è più all'altezza dei tempi, siamo tutti quanti superati, piccoli e grandi, la legittimità appare inconcepibile e il potere non è tale che di fatto, è un ripiego a cui ci si rassegna. Se si sterminassero da un polo all'altro tutte le classi dominanti, nulla cambierebbe, l'ordine instaurato cinquanta secoli or sono non ne sarebbe minimamente scosso, il cammino verso la morte non si arresterebbe più un solo giorno e i ribelli trionfanti non avrebbero altra scelta che essere i legatari delle tradizioni sorpassate e degli imperativi assurdi. La farsa è finita, comincia la tragedia, il mondo diventerà sempre più duro, più freddo, più cupo e più ingiusto, e, nonostante - il caos dilagante, sempre più metodico: anzi, è proprio l'unione della mentalità sistematica con il disordine a sembrarmi il suo carattere meno eccepibile, mai si vedranno più disciplina e più assurdità, più calcolo e più paradossi, insomma più problemi risolti, ma risolti inutilmente. 

Albert Caraco

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