BREVIARIO
DEL CAOS
(parte seconda)
La
natura del mondo è l'assoluta indifferenza, e dovere del filosofo è quanto meno
essere simile alla natura del mondo, continuando a essere l'uomo che non potrà
smettere di essere: la coerenza, la misura e l'obiettività hanno questo prezzo.
Tutti i problemi sarebbero risolti con l'obiettività, la misura e la coerenza,
ma poiché la maggior parte degli uomini ne è incapace, lutti i problemi restano
insolubili, la catastrofe sarà sempre l'unica scuola in cui gli indegni
riceveranno l'insegnamento che la stupidità e la follia meritano loro. Non
possiamo tramutare i sonnambuli in veggenti né far assaporare la luce a questi
ciechi dalla nascita, la legge dell'ordine vuole che la massa di perdizione non
sia salvata e che si consoli della propria rovina procreando a perdifiato, per poter
essere smisurata e fornire instancabilmente un esercito di vittime. Noi
intravediamo quello che ci attende e regoliamo la nostra condotta in base a
quello che gli occhi ci insegnano, avvertendo altresì che i mortali, per la
maggior parte, non capiscono nulla ed escono dal loro sogno solo per piombare
nella disperazione, poiché non hanno altra legge se non quella di subire ciò
che non comprendono.
L'ora
degli esorcismi e delle congiure è trascorsa; qualunque cosa accada, è
trascorso il tempo della preghiera. Le nostre religioni non ci servono più a
nulla e i credenti non hanno più motivo di esistere, giacché le prime ci
ingannano sulla nostra evidenza e secondi non ripenseranno il mondo:! ma se il
mondo che abitiamo non viene ripensato, noi non vi dureremo tre generazioni di
più, non possiamo ingannarci per tre generazioni di seguito sulla nostra
evidenza. Ormai possediamo mezzi che ci giudicano, e i nostri sistemi ispirati
non sono in grado di dominarli, il tempo del pensiero si annuncia e l'ora della
meditazione ha inizio. In verità, la massa di perdizione è formata proprio dai
credenti, i credenti sono di troppo tra noi e il nostro futuro, cosi la loro
ricompensa sarà la morte, e mai ricompensa parve più meritata. Non è bene che
ci governino dei ciechi e che essi siano onorati in quanto tali: non è lecito che
dei Capi di Stato menino vanto della loro superstizione, né che si siano messi
a onorare della loro presenza le cerimonie dei culti. L'uomo degno di questo
nome, al giorno d'oggi, non crede in niente, e se ne gloria.
Abbiamo
bisogno di una Rivelazione nuova, e intanto quelle trascorse sono sorpassate o,
peggio, fonti dì disordine. Stiamo andando alla morte con il sostegno di tutte
le autorità morali. Con la sanzione di tutte le autorità religiose stiamo
andando verso la morte universale e non vi è nulla che lo impedisca, le nostre
tradizioni approvano apertamente che vi si tenda e nella stessa direzione ci
spingono i nostri valori così come i nostri interessi, mai si è visto accordo
più unanime. La Terra è divenuta l'altare degli olocausti e l'umanità, presa da
vertigine, vi sale a immolarsi, calpestando quei pochi che denunciano
l'impostura. Adesso sappiamo,adesso che è troppo tardi, sappiamo che ogni
sacrificio quaggiù è solo un'impostura, e l'impostura più grande, ma lo abbiamo
appreso in punto di morte. Domani la Rivelazione nuova illuminerà i resti
dell'umanità su quanto vi è di assurdo nell'immolazione, la generazione attuale
è già condannata, non c'è più ritorno, l'altare degli olocausti sta fumando e
la nostra specie si accinge ad alimentarlo, alimentarlo con grida d'amore, nella
speranza di sfuggire alla propria condizione, una condizione divenuta inumana.
La
fede non salva più gli nomini, anzi, li scaglia incontro alla morte, la fede è
solo ingordigia e fornicazione, ma ingordigia e fornicazione non ci insegnano a
riflettere. Giacché non si tratta più di dare se stessi, sarebbe troppo facile;
non si tratta più di portare la propria croce, sarebbe troppo comodo; non si
tratta più di imitare qualcuno e tanto meno di seguirlo, sarebbe solo una
scappatoia: bisogna ormai ripensare il mondo e valutare la nostra evidenza,
misurare e pesare e gettare nuove basi, questi doveri hanno la precedenza sugli
altri. Ma essi non sembrano alla portata della maggioranza degli nomini, cosi
la gran parte di questi, non potendo adempierli, saia colpevole, colpevole e
punita, senza nemmeno capire che cosa le stia accadendo. La massa di perdizione
è opera del caos, essa è caos e ritorna al caos, non dobbiamo piangerne la
morte, perché è un esercito di ombre, e le ombre abortite non hanno che una
parvenza di vita in seno all'equivoco: proprio per queste ombre erano fatte le religioni,
esse le consolavano della loro abiezione, ma ne perpetuavano l'abiezione.
Non
sappiamo quali dèi adoreranno i secoli futuri, noi crediamo nell'avvento di un
ordine in cui il principio femminile prenderà il posto che riserviamo in Cielo
al Padre, divenuto per noi Padre del caos e della morte. Noi caldeggiamo la
promozione di Maria: Maria, che nei Quattro Vangeli non era nulla, sale
definitivamente in Cielo, del quale prende possesso dopo duemila anni, è Magna
Mater risuscitai,! e Gesù non è più che la sua appendice, ma le manca sempre
una metà di se stessa. I secoli a venire ripristineranno l'integrità della Dea,
giacché non basta che ella sia Vergine e Madre, bisogna anche che sia
Prostituta e che assorba la figura della Maddalena, con la quale si ha il
compimento dell'integrità. Allora e soltanto allora potremo celebrare il
matrimonio del Cielo con la Terra, allora e soltanto allora rinunceremo
all'idea di sacrificio, allora e soltanto allora la pace sarà perpetua e il
principio femminile padrone assoluto del mondo, come prima della Storia, allora
e soltanto allora il movimento si arresterà affinché l'immobilità regni, allora
e soltanto allora il centro sarà riconquistato e lo spazio verrà organizzato a
partire da quel centro.
Ma
prima niente sarà risolto, perché non possiamo mutare principio senza far
regnare la dismisura e senza far scoppiare lo scandalo, la buona volontà non
basta a preservare un ordine che il futuro respinge e che si perpetua
estinguendo la nostra evidenza, ordine - di morte del quale il caos sarà
legatario. Non possiamo evitare la sventura né la sua logica infallibile, siamo
condannati a subire lo svolgimento delle fasi, alcune prevedibili, altre
impreviste, non arresteremo il movimento che ci travolge: gli uomini
continueranno a procreare, le donne a partorire, e per alimentare la massa di
perdizione si farà qualsiasi cosa e si ipotecherà il futuro. I nostri
discendenti, ridotti a una qualche infima porzione dell'umanità attuale,
erediteranno un mondo devastato, la cui bellezza sarà solo un ricordo,
impiegheranno secoli a restaurarlo, limiteranno le nascite per dar respiro al
suolo e lasciar purificare le acque, non ci sarà pericolo che violentino
l'ecumene né che deducano i loro dèi dalle sue leggi, non immoleranno più
l'evidenza all'illusione della trascendenza, rimarranno fedeli alla Terra
obbligando il Cielo a santificarla.
Perciò
andiamo verso la morte, senza speranza di salvezza, alienali e posseduti,
poiché la Storia non ci risparmia e ci consegna alla Fatalità, sempre più
potente a causa delle nostre opere. E troppo lardi, questa è l'unica certezza,
siamo in brandelli e non riusciamo più neanche a supporre una sintesi, già non
possiamo più capire noi stessi né rispondere di noi, ci cerchiamo sfuggendoci,
e in questa fuga troviamo un modo per sottrarci alla coerenza. Il movimento,
che più non si arresta, ci disgrega, e noi vi consentiamo con piacere,
approviamo in cuor nostro ciò che fingiamo di deplorare, gioiamo del caos che
si è insinuato nell'ordine più dispotico e ci prendiamo delle libertà letali a
scapito dei nostri lini. L'umanità vuole pienamente ciò che deve subire,
rinuncia a ciò che aveva e noi non la obbligheremo a smentirsi, essa si rifiuta
di capire quel poco che intuisce, detesta chi la mette in guardia, e di comune
accordo il potere civile e il potere religioso ridurranno al silenzio quei
pochissimi che disingannano i ciechi turbando i sordi.
La
libertà di incoerenza ha sostituito le altre e non vi rinunceremo più, le arti
la illustrano e la letteratura la riflette, anzi, le scienze se ne avvalgono e
i maggiori scienziati rinunciano all'idea stessa di sintesi. Ora, eliminata l'idea
di sintesi, la coerenza è impossibile e l'Umanesimo è soltanto una parola vana;
da molto tempo la misura non è più di moda e nessuno si preoccupa di
conservarla, ma con essa viene a cadere un secondo elemento dell'Umanesimo;
quanto al terzo, l'oggettività, non abbiamo più il distacco necessario, ed è un
altro paradosso il trionfo della soggettività tra gli uomini d'oggi nonostante
la lezione delle scienze, più oggettive che mai. Ecco perché il labirinto è la
raffigurazione della nostra evidenza, la sua immagine ci dà il compendio del
nostro tempo, il labirinto è molteplice e noi non riusciamo già più a stringere
rapporti, non abbiamo più un denominatore comune, siamo irreali e lieti di esserlo.
Sarebbe forse di moda la parola comunicazione se la comunione non fosse
problematica? In verità, siamo una miriade di solitudini, eppure vaghiamo
confusi, in preda a ciò che, mescolandoci, non cessa di isolarci.
Dal
falso usciamo solo attraverso la collera, ma appena torniamo in noi, rientriamo
nel falso e, non potendo accostarci al vero senza piombare nella disperazione e
nella furia, parliamo di autenticità, per non dover ammettere che stiamo
mentendo ancora. Siamo arrivati al punto di mentire su due piani, che
contrapponiamo al fine di persuaderci che l'obiettività conserva i suoi
diritti, parliamo persino di dialettica quando stiamo per cambiare piano,
l'essenziale della faccenda è agitarci anziché muoverci e sottrarci al
confronto anziché cercarlo. Così fermentiamo in una sfera chiusa, nella quale
ci esibiamo, e la logomachia è sempre trionfante, ma questa sfera è travolta da
una Storia ormai fatale e che determineremo sempre meno, un vortice al quale le
nostre opere hanno impresso nostro malgrado una scossa decisiva senza che le
nostre idee riescano a tenergli dietro. Abbiamo cessato di capire noi stessi, rinunciato
a farci carico di noi e sprofondiamo in uno stato in cui ci crogioliamo e dal
quale soltanto la catastrofe ci farà uscire; manchiamo di virilità di fronte
alla nostra evidenza, davanti al destino siamo donne.
I
nostri intellettuali sanno soltanto recitare e i nostri spirituali soltanto mentire,
nessuno si preoccupa di ripensare il mondo, nessuno ci suggerisce come valutare
l'evidenza, vogliono tutti far carriera e si è ammirati della loro arte di
trattarsi con riguardo senza mai venir meno alle convenienze. Diventiamo sempre
più conservatori, al punto di mantenere in vita le anticaglie più sorpassate e
più vergognose, le nostre rivoluzioni sono puramente verbali e cambiamo le
parole per aver l'illusione di riformare le cose, abbiamo paura di tutto e di
noi stessi, troviamo il modo di eliminare l'audacia esasperandola e di tenere occupata
la follia portandola all'estremo, non ci opponiamo a nulla e facciamo abortire
tutto, è il trionfo della dismisura infeudata nell'impotenza. E cosi procediamo
verso la morte, intendo dire la morte universale (salvo qualche avanzo),
incaricata di chiudere la Storia. Le nostre tradizioni ce l'hanno profetizzata,
quelle tradizioni sono coerenti e quando ce ne facciamo beffe siamo in
malafede, nessuna certezza prevale sui loro vaticini e nessuna probabilità li
esclude.
Le
nostre tradizioni non avevano mentito, perché erano umane e conoscevano l'uomo,
nonostante la loro ignoranza del mondo, e noi, che conosciamo bene il mondo, e
al punto che lo violenteremo sempre di più, cominciamo a ignorare l'uomo, non
per mancanza di mezzi, ma a causa di una mentalità che ci rende ciechi nei
nostri confronti. Poiché l'uomo è superato, non può non essere miserabile e noi
ci rifiutiamo di ammetterlo, questa miseria ci disturba, ostacola i nostri
disegni e noi la esorcizziamo, la sfuggiamo e la respingiamo in quanto rivela
il fallimento delle nostre opere. Ora, il superamento è il nostro idolo e ormai
gli sacrifichiamo la coerenza, pei amor suo rinunciamo all'idea di sintesi,
bruceremo uno dopo l'altro i nostri valori e le nostre ragioni di vita, ma
l'idolo è insaziabile e saremo costretti a offrirci in olocausto. Ciò che i
nostri giovani disperati hanno imparato a fare, saremo in milioni a farlo
domani, la concretizzazione sarà l'atto per eccellenza nel quale la follia e la
saggezza, in un estremo superamento, opereranno la loro sintesi, affinché la
morte sia l'unica a vivere e il caos l'unico a rivestire gii attributi
dell'ordine.
Il
ritorno all'origine è il primo dovere, altrimenti l'uomo è finito. Perciò i rari
pensatori degni di questo nome si occupano di ontologia e di etimologia per
ristabilire una metafisica, mentre le menti piccine, preoccupate di stare al
passo con la moda, si immergono nella contemplazione del sociale, questo
dettaglio subalterno. Giacché la società non è nulla, essa è una forma che ha
per contenuto la massa di perdizione, è la mischia dei sonnambuli spermatici,
qualcosa di infinitamente spregevole che il filosofo non prenderà affatto in considerazione.
La Storia è opera dei grandi uomini, è il campo chiuso in cui si misurano le
élites, la folla è ammessa allo spettacolo, e quando è coinvolta nella rovina i
suoi morti non contano più delle mosche. Una delle aberrazioni del nostro tempo
è di aver moltiplicato la tomba del Milite Ignoto: così facendo, abbiamo offerto
garanzie ai peggiori sovversivi, poiché l'anonimato fa da scudo a chi è
generato dal caos, insomma il caos ha in mezzo a noi altari sui quali già lo
riveriamo. Gli idoli anonimi sono le porte attraverso le quali il caos entra in
campo, le porte rimarranno aperte affinché il caos possa invadere tutto.
La
catastrofe è necessaria, la catastrofe è desiderabile, la catastrofe è legittima,
la catastrofe è provvidenziale, il mondo non si rinnova a minor prezzo, e se
non si rinnova dovrà scomparire con gii uomini che lo infettano. Gli uomini si
sono diffusi nell'universo come una lebbra, e più si moltiplicano più lo
snaturano, essi credono di servire i propri dèi divenendo sempre più numerosi,
i bottegai e i preti approvano la loro fecondità, gli uni perché essa li
arricchisce, gii altri, invece, perché li accredita. Gli scienziati possono pur
darti l'allarme, la loro voce è quasi sempre soffocata, gli interessi della
morale e del commercio hanno stretto un'alleanza indefettibile, il denaro e la
spiritualità non tollerano che il movimento si arresti, i bottegai vogliono
consumatori, i preti vogliono famiglie, la guerra li spaventa meno dello
spopolamento: è nei bottegai e nei preti che l'ordine per la morte trova i suoi
sostegni più solidi. L'umanità dovrà ricordarsi di questa cospirazione, e
quando la sventura sarà divenuta pane quotidiano dovrà punire coloro che, per
il solo fatto di esistere, la consegnano al caos.
L'unico
rimedio alla miseria consiste nella sterilità dei miserabili, ma l'ordine per
la morte, l'ordine dei bottegai e dei preti, ci vieta persino di parlarne. I
bottegai e i preti vogliono arricchirsi e dominare, vogliono il profitto
materiale e il credito morale, li ottengono dalla nostra idiozia, giacché il
nostro disinganno sarebbe la loro fine, così come sarebbe la fine della
miseria. Le nostre tradizioni sono sorpassate e i loro sostenitori sono
canaglie, coloro che ci predicano l'osservanza hanno per scopo la perpetuazione
del proprio dominio, fosse pure a prezzo della nostra morte. Il nostro dovere è
profanare ciò che essi venerano, giacché senza la profanazione il mutamento non
mette radici, e più tardiamo a cambiare, più incorreremo in sofferenze e
martirii. Ora mi rivolgo a tutti e dico alla massa di perdizione che potrebbe
sfuggire alla rovina cessando di costituite una moltitudine senza volto, le
converrà ormai prosciugare le sorgenti di vita e capire che non c'è altro vizio
al mondo se non quello di essere poveri, poiché ogni povero diventa un
criminale non appena, facendo nascere un altro povero, offre alla miseria una
nuova garanzia.
Le
nostre rivoluzioni sono abortite una dopo l'altra, ed è giusto, nessuna osò
toccare l'essenziale, ognuna volle essere legataria universale di un passato
che, rifluendo su di essa, la .stroncò sul nascere. In verità, noi dobbiamo
cambiare asse e lo faremo sicuramente dopo la catastrofe, prima continueremo a
errare e non avanzeremo di un passo nel cammino in cui ci ostineremo a
inoltrarci. È lo statuto familiare quello che un giorno dovremo modificale dà
cima a fondo, giacché le famiglie tradizionali sono popolatrici, e tutti i
moralisti si sono profusi nel lodarle. Noi vogliamo prendete in parola questi
moralisti, e poiché la fecondità è divenuta criminale, un giorno infieriremo
contro il crimine, sconvolgendo lo statuto familiare. Inoltre è qui che ha sede
la scuola della schiavitù, ed è per questo che i tiranni amano le famiglie tradizionali,
in cui la donna è serva e i figli sottomessi, mentre il padre - fosse pure
osceno, ridicolo e miserabile - è padrone in casa sua e archetipo dei nostri
principi, proprio cosi, modello vivente dei nostri dèi e dei nostri re! Questo
assetto è durato troppo, la massa di perdizione ne è la conseguenza.
Un
mondo popolato da Onanisti e da Sodomiti sarebbe meno miserabile del nostro,
questa è la verità. Siamo sventurati perché adempiamo un dovere immaginario e
ci uniformiamo a precetti superati, ma il dovere non ci sottrae alla nostra
abiezione e i precetti ci fanno perseverare in essa. L'ordine morale, che
domina su di noi da venti secoli, ha fatto il suo tempo e ora ne constatiamo la
barbarie, quest'ordine sopravvive a se stesso e noi ne moriremo, innumerevoli,
oggi esso invoca la tolleranza che ha sempre rifiutato alle sue vittime,
predica la fratellanza di cui non si è mai curato, parla di trasformarsi,
proprio lui che si era vantato di essere immutabile, vorrebbe accaparrarsi il
l'innovamento per riempirne i suoi vecchi otri, esecra ciò che si prepara e,
non potendo impedire nulla, dà spettacolo promettendoci mari e monti. Dopo la
catastrofe, di cui è la prima causa efficiente, l'ordine morale sarà vittima a
sua volta, e si conserveranno i suoi resti perché la riprovazione possa colpire
qualcuno di noi rimasto in vita e gli uomini possano accanirsi contro altri
uomini nei quali si concentri e si incarni il male del mondo.
Stiamo
entrando nella notte e ne usciremo soltanto ridotti a miseri resti, siamo
troppo numerosi, saremo ancora più numerosi e saremo sempre più numerosi,
affinché il caos trionfi e la morte possa saziarsi. I padroni sono i nostri
nemici e gli spirituali i nostri seduttori e i loro complici, siamo orfani e
non vogliamo farcene una ragione, cerchiamo dovunque padri e madri, ce ne
promettono persino in Cielo e noi li invochiamo dal fondo degli abissi in cui
l'ordine morale ci fa permanere. Nell'universo futuro non ci sarà massa di
perdizione, non già perché gii uomini saranno tutti felici, ma perché non ci
sarà più massa. Con cento milioni di esseri umani la Terra diventerebbe il
Paradiso; con i miliardi che la divorano e la insozzano sarà l'Inferno da un
polo all'altro, la prigione della specie, la stanza della tortura universale e
la cloaca gremita di folli mistici che campano nel loro lerciume. La massa è il
peccato dell'ordine, è il sottoprodotto della morale e della fede, basta questo
per condannare l'ordine, la morale e la fede, giacché non servono che a
moltiplicare gli uomini e a tramutarli in insetti.
Io
sono uno dei profeti del mio tempo, e non avendo diritto alla parola scrivo ciò
che ho da dire. Intorno a me la follia, la stupidità e l'ignoranza si alternano
con la menzogna e il calcolo, sostenuti, le une come gli altri, dalle virtù,
perché il tragico della faccenda, che i moralisti non vogliono ammettere, è che
il mondo scoppia di virtù, penso che mai se ne siano viste tante. Nonostante
tutte queste virtù, stiamo andando al caos, le virtù non ci preservano dalla
morte universale, e anzi mi chiedo se le virtù non siano di troppo fra noi e la
coerenza, che è misura dell'oggettività. Le virtù non ci salvano dall'ordine' e
l'ordine si serve di esse per rovinarci, oggi siamo vittime di un sistema che
ci inganna sui nostri interessi e ci sacrifica ai suoi, persuadendoci altresì
che sono i nostri. Sicché tutti noi crediamo di agire bene e facciamo a chi si
inganna di più, con la follia come ricompensa e la stupidità come clima
abituale, nel quale l'ignoranza appare il primo dovere, per dare campo libero
alla menzogna e al calcolo. Siamo rimasti fanciulli e tali rimarremo, finché
esisterà la famiglia.
La
famiglia è un'istituzione che un giorno bisognerà superare, essa non ha più
ragione di esistere: nella maggioranza dei casi è popolatrice, e l'universo è
sovrappopolato, inoltre è fonte delle nostre idee più contestabili, e noi non
possiamo permetterci il lusso di perpetuare le idee sbagliate in mezzo a opere
la cui esattezza fa spavento. Si devono tollerare soltanto le famiglie
eugenetiche, e sappiamo che sono rare, le altre finiranno col sembrarci
indesiderabili, e in un mondo minacciato dalla povertà ogni famiglia povera
aumenta la miseria, ogni famiglia povera è già criminale per il solo fatto di
esistere. Persuadiamoci che la carità è puro delirio e che il suo abbraccio
contamina, è meglio uccidersi che esserne vittime, servendo da trapezio alle
anime caritatevoli. La promiscuità, destino degli indigenti di qualsiasi paese
o epoca, è, nonostante il silenzio delle autorità religiose e morali, il colmo
dell'abiezione: ma nessuno se ne è preoccupato da cinquanta secoli a questa
parte, perché l'ordine preferiva l'abiezione al suo rimedio, ossia la
sterilità. L'ordine è sempre stato disumano, e l'ordine morale il più disumano
di tutti.
Sarà
l'immoralità a salvare il mondo, saranno il rilassamento e la mollezza, sarà il
rifiuto dei sacrifici di qualsiasi genere e l'abbandono delle virtù militatiti,
saranno il disprezzo per tutto ciò che giudichiamo rispettabile e il consenso
alla frivolezza, sarà l'effeminamento a liberarci dall'incubo verso cui la
virilità ci indirizza e da cui essa non uscirà mai, perché l'uomo è sposo della
morte e la morte informa le sue azioni. La guerra è l'elemento dell'uomo e
l'uomo vi si prepara, la guerra è la sua ragione d'essere, e se la pace
perpetua ci fosse restituita, come prima della Storia, ai tempi in cui la donna
era padrona e insieme sacerdotessa, il potete temporale e il potere spirituale
gli sfuggirebbero di mano, e come cinquanta secoli or sono egli rientrerebbe
nel nulla, quel nulla da cui la morte lo fa uscire, la morte, l'ordine morale,
la guerra e la necessità delle virtù militanti, l'apparato della barbarie
legale e l'instaurazione della disumanità sistematica. L'uomo ha bisogno di
legittimare la sua preminenza organizzando la sventura, solo a questo prezzo si
tende indispensabile, ma questo prezzo, per quanto tempo ancora potremo pagarlo?
In
verità l'uomo non ha cuore, da sempre la sua carità non è che un esercizio, per
non essere violento egli deve farsi violenza, e l'ordine che instaura si fonda
sul delitto. I popoli antichi, quelli di prima della Storia, erano più semplici
e più miti di quelli a cui dobbiamo i nostri imperativi e le nostre tradizioni,
essi erano governati da donne e noi li giudichiamo immorali, ma questa fama l'avevano
creata i loro vincitori, ai quali continuiamo a ispirarci. L'uomo oggi sembra
giunto alla fine, e poiché i suoi imperativi atroci si uniscono ai suoi mezzi
smisurati, non gli resta che prepararsi all'olocausto ecumenico, nel quale
domani si vedrà il coronamento delle sue opere. Giacché noi usciremo dalla
nostra Storia soltanto dopo averla esaurita e non la esauriremo se non mediante
la nostra immolazione, tutto il mondo dovrà diventare un cimitero perché prevalga
il cambiamento di sensibilità, non abdicheremo per meno, preferiamo la nostra
sventura alla riforma e lo dimostreremo, con le armi in pugno continueremo a
seguire coloro che ci indicheranno la via della morte, e saremo fieri di
seguirli.
Il mondo
che abitiamo è duro, freddo, cupo, ingiusto e metodico, i suoi governanti sono
o imbecilli patetici o veri scellerati, nessuno è più all'altezza dei tempi,
siamo tutti quanti superati, piccoli e grandi, la legittimità appare
inconcepibile e il potere non è tale che di fatto, è un ripiego a cui ci si
rassegna. Se si sterminassero da un polo all'altro tutte le classi dominanti,
nulla cambierebbe, l'ordine instaurato cinquanta secoli or sono non ne sarebbe
minimamente scosso, il cammino verso la morte non si arresterebbe più un solo
giorno e i ribelli trionfanti non avrebbero altra scelta che essere i legatari
delle tradizioni sorpassate e degli imperativi assurdi. La farsa è finita,
comincia la tragedia, il mondo diventerà sempre più duro, più freddo, più cupo
e più ingiusto, e, nonostante - il caos dilagante, sempre più metodico: anzi, è
proprio l'unione della mentalità sistematica con il disordine a sembrarmi il
suo carattere meno eccepibile, mai si vedranno più disciplina e più assurdità, più
calcolo e più paradossi, insomma più problemi risolti, ma risolti inutilmente.
Albert Caraco
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