martedì 25 settembre 2012

PENSIERI E SENTENZE



PENSIERI E SENTENZE
(da «Il Libertario», La Spezia, a. XVI, n. 695 [1917])



“L’uomo deve il suo braccio alla Repubblica, la sua intelligenza agli Dei, la sua persona alla famiglia: ma i sentimenti del suo cuore sono liberi”. Così scrisse Platone.

Ma io di tutto ciò non approvo che quello che riguarda i sentimenti del cuore; il resto oltre ad essere molto discutibile potrebbe anche essere detestabile.


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Trailus scrisse: “Non voglio essere me stesso, né avere cognizioni di ciò che sento”. Ed io constato, con amara tristezza, che sono troppi coloro che hanno fatta propria questa terrificante bestemmia, e, quel che è peggio, che vogliono imporla come vangelo di vita ai figli loro.


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Colui che ha ritrovato se stesso sente risuonare negli abissi dell’animo suo, gloriosi canti di libertà e di vittoria.


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“Se Dio non esistesse bisognerebbe inventarlo”, affermò Voltaire; fortunatamente che il Bakunin rispose: “Se dio esistesse bisognerebbe ammazzarlo”.

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“L’anima resa a se stessa, solo in possesso di tutto il proprio essere e di tutta la propria potenza, intravede naturalmente e sente questo qualche cosa inaccessibile alla ragione”. Così scrisse Thaumassin. Ma chi di voi non sa ch’era un teologo?



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“Nessun maggior segno d’essere poco filosofo e poco savio che di volere savia e filosofica tutta la vita”. Così sentenziò il Leopardi, e nel dire ciò egli disse una grande verità. Ma oggi la pazzia collettiva ha passato di gran lunga il segno, ed il triste e melanconico poeta del Dolore non può avere nessuna morale responsabilità in questa bieca faccenda.


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Tacito fu implacabilmente inesorabile contro tutti i responsabili delle guerre atroci che devastarono tutta l’umanità dei tempi suoi. Ma Tacito visse in una di quelle infelici (?) epoche in cui le guerre venivano chiamate “barbarie” anche dai grandi storici come Egli stesso era.

Mentre invece nel secolo nostro e di Benedetto Croce, la guerra chiamasi “civiltà”! Quando si dice i tempi!...


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Lucrezio, il quale visse in un’epoca satura di orrori guerreschi, cantava i suoi carmi alla Venere, dea dell’Amore, supplicandola di placare le ire feroci di Marte.

Gabriele D’Annunzio, improvvisatosi a novello Omero (?), pizzica la sua lira facendone scaturire l’osanna al bestiale dio della guerra acciocché possa diventare ancor più bestiale e crudele.

Anche questa potrebbe essere una questione dei tempi, ma io credo che sia piuttosto una questione di vanità e di... quattrini!

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Orazio, rivolgendosi - come si direbbe in lingua moderna - ai “civilizzatori” dell’epoca sua, esclamava: “Un cieco furore vi trascina? - Rispondetemi! Tacciono” - Egli prosegue: “Un bianco pallore tinge i loro volti; è il delitto del fratricidio fin da quando cadde sulla terra il sangue di Remo esecrando ai nepoti”. Ma Orazio è morto da molto tempo ed il “bianco pallore” non tinge più il volto dei nostri guerrieri!

Renzo Novatore

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