ANARCHISMO VERDE E ANARCHISMO CLASSICO
Dopo averci riflettuto parecchio alcuni di noi hanno deciso che è importante fare una critica di quello che ha dominato il pensiero anarchico fin dalla sua nascita: l’antropocentrismo, una visione del mondo in cui gli esseri umani (soprattutto maschi civilizzati dominanti) sono i più importanti. Mentre l’anarchismo sembra essere intrinsecamente contro il dominio, per la maggior parte della sua storia ha taciuto sulle molte forme di dominio sulle donne, sugli animali e sulla natura. Dal momento che questa pubblicazione si chiama Green Anarchy, crediamo valga la pena di scrivere questo editoriale che tratta di come Green contestualizza Anarchy.
Dopo averci riflettuto parecchio alcuni di noi hanno deciso che è importante fare una critica di quello che ha dominato il pensiero anarchico fin dalla sua nascita: l’antropocentrismo, una visione del mondo in cui gli esseri umani (soprattutto maschi civilizzati dominanti) sono i più importanti. Mentre l’anarchismo sembra essere intrinsecamente contro il dominio, per la maggior parte della sua storia ha taciuto sulle molte forme di dominio sulle donne, sugli animali e sulla natura. Dal momento che questa pubblicazione si chiama Green Anarchy, crediamo valga la pena di scrivere questo editoriale che tratta di come Green contestualizza Anarchy.
Per quanto gli anarchici classici siano stati importanti a loro tempo, oggi di sicuro non lo sono per varie ragioni che ora discuteremo. Anche senza un’analisi dei loro approcci (Proudhon, Godwin, Bakunin, ecc) si può fare un sunto generico. Tanto per cominciare, tradizionalmente l’anarchismo si è concentrato sul dominio all’interno della società umana.
Questo approccio opera come se la nostra fosse l’unica specie del pianeta, e come se la sua liberazione dai ceppi dell’oppressione di classe fosse l’unica forma di oppressione da considerare. Come ce ne accorgiamo tutti, con un’immediatezza forse non presente ai tempi dell’anarchismo classico, oggi la biosfera sta collassando per colpa della civilizzazione.
L’Anarchismo, una lotta per la liberazione umana, non necessariamente si rivolge contro questo. Per portare a buon fine la visione anarchica, non è richiesta alcuna considerazione circa la sostenibilità ecologica. Nella visione classica tutto quello che si deve mettere in dubbio è l’esistenza dello Stato e della gerarchia umana. L’ambiente è visto essenzialmente nello stesso modo dagli anarchici come dai governanti della civilizzazione, una pianura passiva su cui scrivere il copione della lotta e dell’esistenza umana, che sia sotto uno Stato o meno.
I pensatori occidentali delle nazioni industriali del 19° secolo non potevano avere una consapevolezza ecologica olistica. Quindi dovremmo prendere dai loro scritti storicamente contestualizzati solamente quello che è tuttora realizzabile, ed essere disposti ad abbandonare quello che non lo è. Dovrebbe essere chiaro che un’utopia operaista in cui la natura è sottomessa al progresso umano è ecologicamente impossibile e quindi irrilevante. Dovrebbe essere chiaro che un programma anarchico rivoluzionario che offra con disonestà un futuro in cui gli attuali sei miliardi di esseri umani possano calpestare il pianeta da esseri sovrani e autonomi è irrilevante e di certo non verde. Non è verde nel contesto di farla finita con il dominio della natura da parte dell’uomo.
Quello che devono considerare adesso gli anarchici e le anarchiche è che resta ben poca natura per viverci “in armonia”, e c'è anche la possibilità che quel poco di natura rimasta non voglia saperne più di noi né potrà continuare a sostenerci. Considerate: l’unico modo approssimativamente “biocentrico” di esistenza gli esseri umani l’hanno vissuto come raccoglitori/cacciatori - e in alcuni casi con l’orticoltura itinerante – ed era lo stile di vita condotto per il 99% della nostra storia collettiva. All’apice della popolazione mondiale i nostri antenati raccoglitori erano alcuni milioni, con tutti gli ecosistemi del pianeta intatti e fiorenti.
Oggi siamo sei miliardi con una parte significativa della natura distrutta. Questa realtà, non tenuta presente dagli anarchici classici, per noi è innegabile, perciò la nostra resistenza non può più continuare a basarsi sul presupposto che una vivibilità di base ci sarà sempre. Non ci si può più permettere di pensare di avere di fronte a noi l’eternità per fare l’impossibile – la creazione di un utopico paradiso operaio di sei milioni di persone senza gerarchia. Quello che ora sappiamo a differenza degli anarchici classici è che, storicamente e preistoricamente, tutte le società più grandi di 100/500 unità sono basate su governo e autoritarismo. Circa 800 miliardi di persone sulla Terra sperimentarono quello che noi possiamo chiamare anarchia.
Non è stata solo l’assenza dello Stato a permettere a questo stile di vita di durare per tre milioni di anni e fiorire in tutto il pianeta. È stato molto di più. Ha compreso tecniche di estrazione di energia e nutrimento dall’ambiente in un modo sostenibile, modo che non includeva l’addomesticamento e l’ecocidio. L’anarchismo classico non tiene molto in conto i problemi di popolazione e di sostenibilità se presume che la natura durerà in eterno e che la lotta umana potrà riprodursi all’infinito. Gli anarchici tradizionalmente pensavano come se noi non fossimo degli organismi, degli animali, non soggetti al processo della biosfera globale e delle comunità ecologiche. Per allontanarci da questa comprensione incompleta del nostro ruolo come specie sul pianeta, è necessaria una comprensione dell’esistenza umana sostenibile e libera basata sulla conoscenza, sulla storia, sui fallimenti e i successi del passato. L’utopia, il sogno anarchico di questo progetto irrealizzabile di un futuro speculativo, visionario, olistico non è di nessuna importanza per la lotta in atto. L’Anarchia Verde, secondo noi, deve portare l’anarchismo a un nuovo livello, incorporando delle dimensioni che si occupano di strategie umane di sussistenza, come hanno agito e in quali condizioni.
Non è più sufficiente dare per scontato che gli esseri umani debbano prima liberare sé stessi per poter poi raggiungere la sostenibilità. Dobbiamo supporre che la sostenibilità sia sempre esistita, in contesti e modelli universali. La nostra identità è in primo luogo Verde, successivamente Anarchica. Siamo anzitutto verdi perché la libertà umana nel deserto civilizzato per noi è insignificante. Valutando la nostra storia e il fatto che ci sono stati 3,5 miliardi di anni di caos vitale selvaggio e libero, non possiamo fare a meno di privilegiare questo approccio rispetto al progetto di un futuro irrealizzabile per la società umana odierna.
Come per tutte le altre entità, dalle corporazioni alle cooperative, gli approcci "verdi" al futuro si integrano nell'anarchismo della nostra epoca. Ma è la profondità di questa colorazione che questo giornale mette in discussione. Se la “natura” viene ancora vista dagli anarchici come sfondo passivo delle nostre fugaci lotte, non impareremo mai che libertà, liberazione a autonomia sono contestuali, e che come organismi questo implica una convivenza pacifica con la biosfera. A differenza degli anarchici classici, noi non abbiamo il privilegio di avere una sensibilità ambientale minima. Se proclamiamo che gli esseri umani liberi possano scegliere di vivere in armonia con la natura, faremmo meglio a scoprire dieci nuovi pianeti Terra ecologicamente fiorenti e muoverci verso di loro, altrimenti dovremmo iniziare a mettere in discussione il presupposto secondo cui questo singolo pianeta possa sostenerci con l’attuale popolazione, che sia socialista, anarchica, capitalista o fascista.
Mentre non paventiamo in nessun modo un genocidio di massa per garantire la conservazione ecologica, dobbiamo però riconoscere che l’umanità civilizzata stessa sta volontariamente (anche se forse non intenzionalmente) commettendo il suicidio collettivo attraverso il suo comportamento insostenibile. La maggior parte dell’umanità ha sempre scelto il proprio destino, e non ci consideriamo obbligati a salvarla dall’impatto delle proprie decisioni.
Sosteniamo quelli che nuotano controcorrente resistendo all’assalto persistente della civilizzazione alla loro autonomia e alla salute – e sosteniamo quelli che lottano in difesa degli esseri selvaggi e dei luoghi che non sono ancora stati distrutti.
L’impatto ecologico della civilizzazione è solo una delle tante manifestazioni del dominio.
Con le future pubblicazioni intendiamo approfondire anche altre manifestazioni del dominio della civilizzazione. Infatti la distruzione della natura selvaggia è legata indissolubilmente alla distruzione della natura interiore degli esseri umani e all’erosione delle relazioni sociali egualitarie, quindi è altrettanto importante criticare la civilizzazione a livello sociale. Questo deve includere l’analisi dell’alienazione e della gerarchia all'interno delle costruzioni della società umana.
Ad ogni modo, questi sono alcuni pensieri del momento. Continuate a leggere e preparatevi a decostruire ogni reminiscenza dei sogni di sinistra e liberali di un paradiso terrestre industriale – nazionale – mediato. Continuate a combattere perché la terra sia libera….
Tratto da "Green Anarchy"
Questo approccio opera come se la nostra fosse l’unica specie del pianeta, e come se la sua liberazione dai ceppi dell’oppressione di classe fosse l’unica forma di oppressione da considerare. Come ce ne accorgiamo tutti, con un’immediatezza forse non presente ai tempi dell’anarchismo classico, oggi la biosfera sta collassando per colpa della civilizzazione.
L’Anarchismo, una lotta per la liberazione umana, non necessariamente si rivolge contro questo. Per portare a buon fine la visione anarchica, non è richiesta alcuna considerazione circa la sostenibilità ecologica. Nella visione classica tutto quello che si deve mettere in dubbio è l’esistenza dello Stato e della gerarchia umana. L’ambiente è visto essenzialmente nello stesso modo dagli anarchici come dai governanti della civilizzazione, una pianura passiva su cui scrivere il copione della lotta e dell’esistenza umana, che sia sotto uno Stato o meno.
I pensatori occidentali delle nazioni industriali del 19° secolo non potevano avere una consapevolezza ecologica olistica. Quindi dovremmo prendere dai loro scritti storicamente contestualizzati solamente quello che è tuttora realizzabile, ed essere disposti ad abbandonare quello che non lo è. Dovrebbe essere chiaro che un’utopia operaista in cui la natura è sottomessa al progresso umano è ecologicamente impossibile e quindi irrilevante. Dovrebbe essere chiaro che un programma anarchico rivoluzionario che offra con disonestà un futuro in cui gli attuali sei miliardi di esseri umani possano calpestare il pianeta da esseri sovrani e autonomi è irrilevante e di certo non verde. Non è verde nel contesto di farla finita con il dominio della natura da parte dell’uomo.
Quello che devono considerare adesso gli anarchici e le anarchiche è che resta ben poca natura per viverci “in armonia”, e c'è anche la possibilità che quel poco di natura rimasta non voglia saperne più di noi né potrà continuare a sostenerci. Considerate: l’unico modo approssimativamente “biocentrico” di esistenza gli esseri umani l’hanno vissuto come raccoglitori/cacciatori - e in alcuni casi con l’orticoltura itinerante – ed era lo stile di vita condotto per il 99% della nostra storia collettiva. All’apice della popolazione mondiale i nostri antenati raccoglitori erano alcuni milioni, con tutti gli ecosistemi del pianeta intatti e fiorenti.
Oggi siamo sei miliardi con una parte significativa della natura distrutta. Questa realtà, non tenuta presente dagli anarchici classici, per noi è innegabile, perciò la nostra resistenza non può più continuare a basarsi sul presupposto che una vivibilità di base ci sarà sempre. Non ci si può più permettere di pensare di avere di fronte a noi l’eternità per fare l’impossibile – la creazione di un utopico paradiso operaio di sei milioni di persone senza gerarchia. Quello che ora sappiamo a differenza degli anarchici classici è che, storicamente e preistoricamente, tutte le società più grandi di 100/500 unità sono basate su governo e autoritarismo. Circa 800 miliardi di persone sulla Terra sperimentarono quello che noi possiamo chiamare anarchia.
Non è stata solo l’assenza dello Stato a permettere a questo stile di vita di durare per tre milioni di anni e fiorire in tutto il pianeta. È stato molto di più. Ha compreso tecniche di estrazione di energia e nutrimento dall’ambiente in un modo sostenibile, modo che non includeva l’addomesticamento e l’ecocidio. L’anarchismo classico non tiene molto in conto i problemi di popolazione e di sostenibilità se presume che la natura durerà in eterno e che la lotta umana potrà riprodursi all’infinito. Gli anarchici tradizionalmente pensavano come se noi non fossimo degli organismi, degli animali, non soggetti al processo della biosfera globale e delle comunità ecologiche. Per allontanarci da questa comprensione incompleta del nostro ruolo come specie sul pianeta, è necessaria una comprensione dell’esistenza umana sostenibile e libera basata sulla conoscenza, sulla storia, sui fallimenti e i successi del passato. L’utopia, il sogno anarchico di questo progetto irrealizzabile di un futuro speculativo, visionario, olistico non è di nessuna importanza per la lotta in atto. L’Anarchia Verde, secondo noi, deve portare l’anarchismo a un nuovo livello, incorporando delle dimensioni che si occupano di strategie umane di sussistenza, come hanno agito e in quali condizioni.
Non è più sufficiente dare per scontato che gli esseri umani debbano prima liberare sé stessi per poter poi raggiungere la sostenibilità. Dobbiamo supporre che la sostenibilità sia sempre esistita, in contesti e modelli universali. La nostra identità è in primo luogo Verde, successivamente Anarchica. Siamo anzitutto verdi perché la libertà umana nel deserto civilizzato per noi è insignificante. Valutando la nostra storia e il fatto che ci sono stati 3,5 miliardi di anni di caos vitale selvaggio e libero, non possiamo fare a meno di privilegiare questo approccio rispetto al progetto di un futuro irrealizzabile per la società umana odierna.
Come per tutte le altre entità, dalle corporazioni alle cooperative, gli approcci "verdi" al futuro si integrano nell'anarchismo della nostra epoca. Ma è la profondità di questa colorazione che questo giornale mette in discussione. Se la “natura” viene ancora vista dagli anarchici come sfondo passivo delle nostre fugaci lotte, non impareremo mai che libertà, liberazione a autonomia sono contestuali, e che come organismi questo implica una convivenza pacifica con la biosfera. A differenza degli anarchici classici, noi non abbiamo il privilegio di avere una sensibilità ambientale minima. Se proclamiamo che gli esseri umani liberi possano scegliere di vivere in armonia con la natura, faremmo meglio a scoprire dieci nuovi pianeti Terra ecologicamente fiorenti e muoverci verso di loro, altrimenti dovremmo iniziare a mettere in discussione il presupposto secondo cui questo singolo pianeta possa sostenerci con l’attuale popolazione, che sia socialista, anarchica, capitalista o fascista.
Mentre non paventiamo in nessun modo un genocidio di massa per garantire la conservazione ecologica, dobbiamo però riconoscere che l’umanità civilizzata stessa sta volontariamente (anche se forse non intenzionalmente) commettendo il suicidio collettivo attraverso il suo comportamento insostenibile. La maggior parte dell’umanità ha sempre scelto il proprio destino, e non ci consideriamo obbligati a salvarla dall’impatto delle proprie decisioni.
Sosteniamo quelli che nuotano controcorrente resistendo all’assalto persistente della civilizzazione alla loro autonomia e alla salute – e sosteniamo quelli che lottano in difesa degli esseri selvaggi e dei luoghi che non sono ancora stati distrutti.
L’impatto ecologico della civilizzazione è solo una delle tante manifestazioni del dominio.
Con le future pubblicazioni intendiamo approfondire anche altre manifestazioni del dominio della civilizzazione. Infatti la distruzione della natura selvaggia è legata indissolubilmente alla distruzione della natura interiore degli esseri umani e all’erosione delle relazioni sociali egualitarie, quindi è altrettanto importante criticare la civilizzazione a livello sociale. Questo deve includere l’analisi dell’alienazione e della gerarchia all'interno delle costruzioni della società umana.
Ad ogni modo, questi sono alcuni pensieri del momento. Continuate a leggere e preparatevi a decostruire ogni reminiscenza dei sogni di sinistra e liberali di un paradiso terrestre industriale – nazionale – mediato. Continuate a combattere perché la terra sia libera….
Tratto da "Green Anarchy"
Nessun commento:
Posta un commento