mercoledì 5 settembre 2012

GUERRA SOCIALE CON ALTRI MEZZI



GUERRA SOCIALE CON ALTRI MEZZI



tratto da "Green Anarchy"


Credo fosse Clausewitz a dire che la guerra è semplicemente politica portata avanti con altri mezzi. Credo che il contrario sia un'espressione più veritiera della realtà sociale. La politica è semplicemente guerra sociale portata avanti adoperando mezzi meno sanguinosi. Se consideriamo che è sempre la classe dirigente e i suoi leccapiedi a 

invocare la pace sociale, pretendendo che gli sfruttati e gli emarginati si astengano dalla violenza contrattando le loro condizioni sociali, diventa ovvio che la pace sociale fa semplicemente parte della strategia di guerra sociale. Per queste ragioni il movimento pacifista deve essere rifiutato in quanto strumento per trattare con l’attuale richiamo americano alla guerra.

Il movimento pacifista è basato su di una ideologia della non-violenza, su di una posizione morale pacifista che ignora la realtà delle relazioni sociali. Invece di esaminare i reali rapporti di potere, dominio e sfruttamento, chiede semplicemente che lo Stato continui ad eseguire le sue funzioni, ma senza violenza né spargimenti di sangue. Ma quali sono queste funzioni? Non sono quelle del mantenimento dell’ordine, della protezione della proprietà, del rafforzamento (selettivo, ovvio) dell’azione della legge? E un'attività del genere può essere necessaria solo se ci sono persone che pensano che questo ordine sociale non soddisfi le loro esigenze e i loro bisogni, non offra loro la vita che desiderano, ma li metta nella condizione di dover scegliere tra l’accettazione rassegnata di condizioni spesso intollerabili oppure la resistenza alle autorità e la lotta costante con lo spirito e con le armi contro il mondo dominante. Ma non sono stati questi esclusi a dare inizio a questa guerra sociale. La classe dirigente ha sempre usato la violenza del terrore della violenza e la violenza per rivendicare il diritto sulle vite di tutti noi. Se i regimi democratici si sono dati da fare per creare un metodo più sofisticato di dominio della partecipazione, questo non cambia il fatto che dietro le schede elettorali ci sono sempre i proiettili per garantire il mantenimento della pace sociale, che è perciò chiaramente la faccia pubblica della guerra sociale che tiene molti di noi passivamente al loro posto. Dicendosi addirittura contenti di questa obbedienza chiamata libertà. Così, sia che gli Stati continuino le loro attività in modo pacifico o attraverso una violenza spudorata, viene portata avanti la politica della guerra sociale che ci tiene sottomessi e al nostro posto.
Alla luce di tutto questo, le proteste pacifiche diventano delle farse. È ovvio che la richiesta che lo Stato americano e gli altri Stati del mondo portino avanti la loro "guerra contro il terrorismo" si basa sull'assunto che lo Stato debba in effetti esistere e che la violenza insita nell'attuale ordine sociale debba quindi continuare – quella violenza che uccide milioni di persone ogni giorno con la fame in Africa e in molti altri posti, con l’inquinamento e i cibi adulterati, gli incidenti sul lavoro, con nuove malattie sempre più aggressive, con la desolazione spirituale della cultura mercantile o con i proiettili dei cani da guardia in divisa. La “guerra contro il terrorismo” in corso non è che la continuazione della quotidiana politica del terrore a basso livello utilizzato dallo Stato per mantenerci in riga. Non c’è grande differenza se lo Stato usi mezzi più o meno sanguinari. Il risultato è lo stesso: le nostre vite non ci appartengono e prima o poi moriamo senza aver davvero e pienamente vissuto.
Un’opposizione alla guerra in atto può avere senso solo come opposizione all’intero ordine sociale dalla quale scaturisce. Tale opposizione non può nascere da un movimento orientato alla non-violenza. Il pacifismo in ultima analisi serve allo Stato e al suo fine di renderci ciechi sulla sua natura. Contro la violenza del terrorismo, la violenza della guerra, la violenza dello Stato, è necessario imbracciare la violenza rivoluzionaria – la completa sovversione di tutti i rapporti che mantengono la violenza istituzionale di chi ci comanda. Non vogliamo né la loro guerra né la loro pace, ma la loro distruzione.

CONTRO IL PACIFISMO
CONTRO IL MILITARISMO
CONTRO IL TERRORISMO
CONTRO LO STATO

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