giovedì 25 ottobre 2012

La Federazione del Dolore



La Federazione del Dolore

Io chiamo a raccolta tutti gli spasimi della terra. Chi ha un tarlo occulto che lo roda, chi porta il lutto per l’Ideale, chi sghignazza sullo sfacelo dell’anima, venga. Ho bisogno che il mio dolore diventi fiumana, bufera; ho bisogno d’udire l’urlo della sofferenza, il gemito della disperazione.
Perchè si ride, nel mondo, ed io non posso sentir ridere.
Fratelli di catena, compagni di strazio, la battaglia è vicina. Presto ebbri di vendetta ci scaglieremo all’assalto; e fuggirà il nemico perchè è terribile la Federazione del Dolore.

* * *

Da quando nacqui porto il pesante fardello. E le spalle si sono incurvate e gli occhi infossati. Il tarlo rode, rode, mi ha già distrutto.
Basta, perdio! Sono stanco.
Getto il fardello e mi fermo, ne ho abbastanza della vita. Non ho potuto vivere, mi saprò vendicare. Creperò su qualche marciapiede, con l’ultima bestemmia sul labbro e l’ultimo guizzo di odio nell’occhio.
Come odio!... L’acciottolato lurido della città mi manda tanfate di fogna. Mi ha avvelenato. Ero così forte prima! Ridevo anch’io allora.... Poi.... Devo proprio urlare quello che avvenne, devo proprio denudarmi davanti a voi?
Ma imbecilli, è la solita storia!
Si ama, si spera, si opera, e poi viene lo schifo, il nulla, la disperazione....

* * *

Un giorno mi portarono alla guerra. Io sognavo, allora, ero ancora bambino.
La prima raffica di mitraglia mi schiaffeggiò crudelmente i nervi; aprii gli occhi, vidi sangue, poi più nulla.
Ricordo una fiammata gigante, un tonare continuo.... morti, morti.... e fetore, fetore di cadavere....

* * *

Io non capisco come mai di quella puzza me ne sia rimasta un tanfata in gola. Mi pare d’essere in un immenso cimitero.... croci, bare e puzzo. La società puzza di cadavere.

* * * 

Le orecchie mi dolgono orrendamente. È il cannone che ha fatto questo. La belva tonante ha impresso profonde unghiate nel mio povero cervello.
Sento sempre un urlo lontano lontano, come il singhiozzo di un gigante disperato. Ma chi è che piange nel mondo?

* * *

La guerra ha ridestato in me l’animale. Le mascelle sono convulsivamente contratte, gli occhi sbarrati e le mani vogliono stringere, stringere....
Mi son sorpreso mentre guardavo qualcuno con una voglia strana di sbranarlo. Perchè ho voglia di mordere e di sbranare?
Non ci sono più tedeschi, ora; chi devo uccidere dunque?

* * *

Sarò pazzo forse. Ma la mia pazzia è più terribile della ragionevolezza. Vedo più lontano, sento più vivamente la vita.
Non so che cosa sia, ma il certo si è che soffro enormemente, molto più di prima.
Prima? Pensare che prima ero un bambino!

* * * 

Ma perchè questo? Che ho fatto? Vedo crescere tranquille le margherite, le rondini vanno e vengono per le vie del cielo. Lasciatemi vivere dunque! Anch’io sono una margherita e una rondine.... piace anche a me la rugiada e l’azzurro libero.
E invece.... Ammanettato, infangato, affamato.
Senza amore, senza libertà.

* * *

E sia, poichè lo volete. In lupo mi trasformaste e lupo rimarrò. Ma finora m’artigliai il petto, domani altro sangue voglio. Non domandate pietà poi. Nel mio cervello avete scritto: Strage. E strage sia.
Forse l’umanità è sporca. Ha bisogno di lavarsi, e per questo bagno ci vuole sangue.
Chissà dopo il lavacro e la distruzione.... Chissà se faremo come le margherite e le rondini.... Come sarebbe bello!

* * *

Per questo anime in pena del mondo, io vi chiamo a raccolta.
Il vessillo è già al vento.
È nero: lutto vuol dire. Avanti dunque, forsennati Prometei. L’urlo della vendetta è una musica dolce e cara. 
Oggi bisogna uccidere, uccidere.... domani saremo. margheritine....
Avanti, Federazione del Dolore!
dall’ICONOCLASTA!
Bruno Filippi

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