Mynona
Poiché lo desiderate, vi dirò le ragioni per cui mia moglie ha chiesto di divorziare l'indomani del nostro matrimonio.
Mia moglie è profondamente superstiziosa. Ecco la causa di tutto. È passato molto tempo da quando credevo che le varie vicissitudini che ci colpiscono dipendessero dal caso. Oggi non lo ammetto più. Escludo ogni caso dalla mia vita. Appunto i così detti casi sono ciò che vi è di più significativo: questo almeno per le persone che non hanno bisogno, per lasciarsi convincere, di prove pesantemente tangibili, poiché loro basta l'intuizione.
Provatevi, per esempio, ad osservare il contegno espressivo di tutti quegli oggetti «inanimati» che di solito vi circondano. Esso vi dà sovente degli avvertimenti che solo un pazzo può trovare insulsi. La scatola di fiammiferi vi sguscia ad un tratto di mano, rimanendo stranamente in bilico sul lato più stretto? Le vostre forbici, cadendo, vanno a conficcarsi per l'appunto tra gli interstizi del pavimento e si mettono a tremare di un palpito misterioso? Vi svegliate da un sonno profondo e sentite «l'inanimato» fremere e suggerirvi quale lettera troverete nella cassetta della corrispondenza? Ognuno di questi fenomeni ha un suo significato particolare, che non deve essere trascurato. E gli esempi potrebbero continuare a migliaia. Cercate d'iniziarvi alla difficile arte d'interpretare i così detti casi e allora constaterete quanto ognuno di essi partecipi coscientemente al vostro destino. Cosi riuscirete a spiegarvi il muto linguaggio della persiana che vi ha urtato violentemente; il colpo di vento che ha mosso la persiana; il calore del sole che tramuta l'acqua in nuvole; comprenderete cioè che l'universo intero per mezzo di tutti questi fenomeni ha voluto dire, proprio a voi, qualche cosa di ben determinato. Non stancatevi mai, perciò, di cercare l'interpretazione migliore di tali telegrammi muti! Ricordatevi: nel preciso momento in cui la persiana batté contro la vostra testa, vi rammentaste improvvisamente del vostro vecchio zio Prosdocimo. Cinque minuti dopo riceveste la notizia della sua morte, con la quale vi aveva diseredato. Come vedere in tutto questo una semplice coincidenza?
Chi però, dopo essersi reso ben conto di tale regola, voglia trarne profitto, non deve dimenticare che simili preavvisi sintomatici non sono dopo tutto che coefficienti del nostro destino, proprio come la nostra conoscenza e la nostra volontà.
Non intendo con ciò affermare come basti esser dotati di una sensibilità che sappia interpretare tali avvertimenti, al fine di evitare qualsiasi disgrazia. Ma certo il non essere superstiziosi può avere una grande influenza sulle vicende che la vita ci appresta. Vi meraviglia? Vuol dire che tra noi vi è un malinteso. Che cos'è la superstizione? Nient'altro che il prodotto della paura. Non si deve essere timorosi, ma al contrario pieni di fiducia in se stessi e negli altri. E non si deve al contempo basare la propria fiducia su di una sicurezza qualsiasi, sì bene far dipendere tutte le sicurezze da questa illimitata fiducia. Solo così si può giungere a felicemente risolvere le situazioni che si presentano sotto i peggiori auspici.
Vostro zio Prosdocimo vi ha diseredato? Esaminiamo un poco la situazione. Perché ne siete colpito? Perché non potevate sottrarvi al timore (la speranza è un timore alla rovescia) che egli vi diseredasse. A questo timore o speranza partecipavano intimamente tutti gli oggetti intorno a voi, compresa la famosa persiana. Ergo...
La fidanzata di Messina ha paura dell'oracolo? E ché, se non la sua angoscia, provoca la catastrofe?!
Né temere, né sperare, dunque, ma procedere con fiducia invincibile per la propria strada: ecco l'unica misura di precauzione contro i mali che ci minacciano. Con altrettanta forza si deve cercare d'interpretare tutti gli indizi e di non lasciarsene dominare. Bisogna, quindi, prima di tutto cessare dal misconoscerli. Per combattere e spiegare la superstizione non si devono sprezzarne le cause e le conseguenze, ma piuttosto lo stato d'animo che essa crea facilmente in noi, rendendoci schiavi di un'angoscia commista di timore e di speranza al contempo. Superare, infine, e vincere la superstizione vuol dire liberarsi dalla paura, non negando i segni precursori degli avvenimenti.
Ho stimato necessarie tali premesse per giungere a spiegare i motivi che hanno indotto la mia sposa di un giorno a chiedere il divorzio.
Essa era una cara e paffuta ragazza di... due anni «troppo matura per poter solamente giocare, troppo giovane ancora per essere senza desideri ».
La cara creatura s'era interessata in modo davvero commovente alla nostra futura casa, perché tutto vi fosse disposto con armonia: ma ciò che l'aveva preoccupata sommamente e alla quale aveva dedicato una cura speciale era la nostra camera da letto.
Quando lo vidi, per la prima volta, il nostro letto mi spaventò. Esso poteva rivaleggiare con un salone da ballo. Era provvisto di ruote, il che mi parve subito sospetto e poco pratico, delle molle ben nascoste lo facevano oscillare come un bastimento e pesanti catene di ferro lo legavano al soffitto... La mia prossima moglie dichiarò che esse dovevano servire a mutare il letto in altalena nel caso si volessero svitare i piedi del medesimo. Tale rivelazione mi lasciò piuttosto perplesso sulla piacevolezza dei nostri futuri colloqui intimi. Sopra il letto poi v'era un baldacchino con un amorino volante armato di frecce che sembravano male in equilibrio sulla corda dell'arco. La cara fanciulla mi spiegò subito che si trattava di un amorino automatico e mi invitò a premere un bottoncino nascosto nella parete: la leggera pressione fece scattare una freccia dorata che si conficcò in un cuscino. L'amorino con un grazioso gesto mosse le braccia e prese dalla faretra un nuovo proiettile. A che pro, numi del cielo, tutte queste complicazioni, pensai tra me! Ma poiché la cara creatura si divertiva, non detti importanza alla cosa. D'altronde ella, versatile, stava già spiegandomi — e i suoi occhi mi fissavano innamorati — come il letto potesse essere messo in moto e guidato, al pari di una vera automobile, per mezzo di un accumulatore elettrico.
— Vedi caro, si può passeggiare per tutta la stanza.
— Tesoro mio! — mormorai e non seppi far altro commento, perché la mia attenzione fu attratta dal lampadario, altro meccanismo prezioso che conteneva una civetta dagli occhi luminosi. Premendo su un altro bottoncino civettuolo, la civetta prendeva gaiamente il volo e sbattendo le ali andava a posarsi sullo stipite della porta.
— Una civetta? Perché una civetta? Porta disgrazia! — stavo per esclamare, ma siccome non sono superstizioso e volevo che nemmeno mia moglie lo fosse, mi tacqui. D'altronde la cara creatura godeva talmente di tutti gli spassi infantili che aveva saputo organizzare per il nostro maggior diletto! Non volevo dunque guastar la sua gioia, ma mi proponevo, dopo il viaggio di nozze, di modificare le sue tendenze feticiste.
Non ne ebbi il tempo. Il viaggio di nozze!... Ahimé, tutto finì prima di cominciare e in che modo!...
Dopo il banchetto, abbandonammo alla chetichella i nostri ospiti e ci dirigemmo cauti, ma rapidi, alla camera sopra descritta.
La delicatezza più elementare mi vieta di narrare i dettagli dell'inizio di quella prima intervista coniugale, tanto più che il lettore potrà facilmente colmare tali lacune.
D'altronde l'interessante cominciò in seguito.
Nel momento più critico l'amorino prese a scoccare con mirabile precisione una vera pioggia di frecce sui miei sensibilissimi... fianchi.
La sposina si scompisciava a gola spiegata, mentre io avevo cessato di... ridere. Cercai di trattenerle la mano con la quale continuava a premere il dannatissimo bottoncino: non solo non vi riuscii, ma essa continuò con tale energia che alla fine il meccanismo si ruppe dopo avermi martirizzato con un'ultima gragnuola di frecce.
Poiché mi mostravo piuttosto irritato, ella mi fece spallucce e mi rispose quasi seccata: — Non sai sopportare il più piccolo scherzo!
Per provare la bontà del mio carattere, ripresi il discorso così inopinatamente interrotto, se non con entusiasmo, fiducioso, poiché, essendo l'amorino rimasto senza munizioni, nulla sembrava più opporsi al felice esito del nostro amoroso colloquio. Non era purtroppo questa l'opinione della mia sposa. Ad un tratto ella espresse, infatti, il desiderio di fare un po' d'altalena. E ciò mi chiese in modo siffatto, che dovetti per forza stendermi per terra a svitare pazientemente i piedi del letto, il quale cominciò a dondolarsi in qua e in là, provocando vere urla di gioia nella mia compagna. Quando, però, feci per ricoricarmi, due delle catene diagonali si spezzarono di colpo ed entrambi fummo sbalzati con violenza dall'altra parte della stanza, mentre il nostro ribelle giaciglio iniziava una danza frenetica attaccato com'era rimasto alle altre due catene che lo fissavano al soffitto. Mia moglie, dopo un leggero grido di spavento, subito aveva ripreso il suo buon umore. Le catene erano semplicemente scivolate dagli anelli infissi nello stipite: ella m'ingiunse energicamente di riparare il piccolo disastro e la sua camicia era tanto carina che non potei fare a meno ancora una volta di obbedirle. Mi accinsi dunque ad aggiustare il letto-altalena quand'ecco che la civetta, spiccato il volo, viene ad urtarmi con violenza in pieno viso, proprio mentre in piedi sui cuscini cerco di assicurare le due catene sganciate. Le sue ali di vetro s'infrangono, coprendo di frantumi il nostro confortevole giaciglio, mentre l'animale maledetto, non so per quale miracolo, giunge fino alla porta sopra la quale si posa, guatandoci con occhi fosforescenti. Perfino mia moglie non rideva più: quella luce improvvisa turbava evidentemente il suo pudore...
Passammo una buona mezz'ora a liberare i cuscini, le coperte e le lenzuola degli innumerevoli frantumi, senza, lo si capirà facilmente, riuscire a trovare una parola che ci riavvicinasse.
Non pensar più alle catene e al resto — ella concluse, infine, con voce angelica. — Rimetti i piedi al letto e cerchiamo di dormire un poco. Sono così stanca!...
Passai un altro quarto d'ora ad affannarmi per immobilizzare quel letto zoppicante e più restio di un cavallo ombroso. Quando, dopo esser riuscito finalmente a rimetterlo sui suoi piedi, o meglio sulle sue ruote, mi sollevai pesto e malconcio come dopo un match di boxe, mia moglie, vedendomi in quello stato, scoppiò in una sonora risata e principiò a beffeggiarmi.
— Ti consiglio di dormire!— grugnii, decisamente inviperito.
— Sì caro, ma prima... una piccola passeggiatina. — E mi sorrise con aria birichina.
Non avevo ancora fatto a tempo a distendermi che ella aveva già messo in moto la batteria, senza pensare che il letto era ancora tenuto dalle altre catene. Esso quindi le strappò con un balzo felino: una catena mi colpì violentemente al naso che cominciò subito a sanguinare mentre l'altra non spezzava che due finti denti incisivi alla cara creatura. Sordo alle sue urla e alle mie bestemmie, il letto andò quindi a sbattere contro il nostro magnifico armadio a specchio continuando a fremere per dieci buoni minuti con la leggerezza e il rumor di ferraglie d'un camion autentico. Lo specchio s era naturalmente frantumato con orrendo fracasso, seppellendoci sotto una pioggia di pungentissime schegge...
Perdio, era troppo! Senza levarmi da terra, con i capelli e i peli irti di rabbia, cominciai a grugnire come un cinghiale contro gli scherzi infami con i quali mia moglie — seduta in terra davanti a me — aveva preteso di rallegrare la nostra prima notte di nozze! Parole sconnesse sul genere di «Stupidissima oca!», «Miserabile essere privo di cervello!», «Profanazione dei misteri sacri dell'amore», «Idiozie infantili», «Mancanza del minimo tatto», «Sintomo di aridità di cuore», «Cretineria congenita delle donne», uscivano dalle mie frementi labbra. Giunsi persino a delle raffinatezze negli insulti, degne di un'attrice di prosa irritata contro un autore. Al che mia moglie naturalmente credette opportuno scoppiare in singhiozzi, sì che già stavo per intenerirmi e ritirare ogni ingiuria, quando repentinamente ella si levò e guardandomi duramente, dopo essersi abbassata la camicia con dignità:
— Chiederò il divorzio! — disse con voce che non ammetteva replica.
— Come! — protestai, tra l'ira e lo spavento. — Il divorzio solo dopo poche ore! Il divorzio prima di... Ah, ma bisogna essere in due!
— E questi due, infatti, siamo noi. Seguimi. — E freddamente m'indicò la porta, precedendomi attraverso una sfilata di bellissime camere verso un piccolo corridoio, ove, tirato un tendaggio, vidi una piccola porta che m'era sempre sfuggita. O cielo!... Un'onesta e borghesissima camera matrimoniale, arredata secondo i canoni della più banale convenienza, s'offri ai miei occhi esterrefatti! E mi parve che ogni mobile si prendesse beffa di me.
Dopo un congruo silenzio, mia moglie mi si rivolse con aria angelica:
— Ti ho voluto semplicemente mettere alla prova e non hai saputo superarla. Desideravo così ardentemente di conoscere subito la tua abilità, la tua capacità ad adattarti alle circostanze difficili, la tua pazienza e il tuo buon umore! Non mi è venuto in mente niente di più indicato e al contempo di più spassoso di un letto matrimoniale a sorpresa. Poiché devo confessar di esser molto superstiziosa, ho riunito vari oggetti simbolici, i quali solo per il tuo modo di agire sono diventati dei pronostici della peggior specie. Ognuno di essi ha infatti protestato energicamente contro la nostra unione.
— Ma dal momento che siamo sposati — osai replicare, l'uomo è fatto così! — e appena sposati... non potresti vincere la tua superstizione? — E mille altre cose le feci osservare, ma invano, che la sua idea fissa era più forte di qualunque buon argomento.
E così sia.
L'umanità seguita purtroppo ad esser divisa in due campi: quello degli schiavi e quello di coloro che della superstizione si sono liberati. È forse la differenza più profonda nei vari modi di concepire la vita.
Questa mattina è stata pronunciata la sentenza di divorzio, come sapete. Tra i vari documenti prodotti dal cancelliere, si trovava un conto per denti rotti...
Dove mai sarà finito il famoso letto-altalena con le sue pesanti catene e l'amorino dalle frecce troppo precise? Probabilmente continuerà ad essere un tranello per i futuri fidanzati della mia ex consorte.
Vivant sequentes!
[trad. da “Gambrinus ride così”, 1930]
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