venerdì 15 marzo 2019

Risposta ad un viandante


Tu dici che gli anarchici sono accomunati dalla lotta allo Stato e al capitale.
Tale asserzione la trovo limitativa e limitante.
Nel vivere metropolitano accade ogni giorno di scontrarsi ad esempio con la sbirraglia che rappresenta il braccio armato dello Stato coercitivo, così come con il capitale, con la questione del lavoro e di seguito ad esso il consumo ed il consumismo.
Vi sono però centinaia di Individui che per scelta vivono al di fuori del sistema lavoro-capitale, quali i primitivisti, quelli nelle lande sperdute, i tanti che vivono nel qui ed ora non soggetti a cartellini e supermercati. Essi non considerano la lotta allo Stato esigenza primaria ma spesso i loro scontri identificano come da abbattere le barriere del proprietario del rudere che hanno occupato, o del campo che gli accorcia il sentiero, dei cacciatori che fanno parte di quella umanità che andrebbe eliminata e di tutti quei ostacoli-barriere che il vivere quotidiano oppone.
Essi, isolati e autosufficienti, non si scontrano quotidianamente con lo Stato e il capitale, non è una loro priorità, ma ciò non significa che non possono essere definiti anarchici.
La storia serve a capire le dinamiche, tenendo chiaramente conto di tutti i fattori.
Teniamo da parte l'individualismo anarchico di scuola Stirneriana i cui individui non vivevano in funzione dello Stato ma del puro istinto; Novatore, Martucci, Viviani, Filippi, ecc, già un secolo fa avevano INDIVIDUATO il nocciolo della questione, basta andare a leggere i loro testi..
E ad oggi nulla è cambiato.
Dicevo, ma dunque la storia....
Le due correnti principali dell'anarchismo si dividevano in organizzatori, Malatesta, Berneri, Fabbri, Borghi, ecc,
E antiorganizzatori, Ciancabilla, Bresci, Schicchi fino a Bonanno.
I secondi praticavano l'individualismo in seno al movimento anarchico esclusivamente come metodo di condotta contro ogni possibile degenerazione autoritaria del movimento.
Ma i principi fondamentali di questi ultimi comunque restano quelli socialisti e comunisti professati dal resto dello stesso movimento.
Tra queste due correnti la faida iniziata un secolo fa continua ai giorni nostri ed è fondata sui diversi metodi organizzativi, strutturarsi in maniera formale o informale : le politiche partecipate o partire da basso come tu dici Vs il gesto esemplare o l'insurrezione: propositivi Vs distruttivi. Ecc
Entrambe queste correnti, che cmq traggono origine dalla prima internazionale quindi le origini socialiste/comuniste del movimento, necessitano del principio fondamentale dell'emancipazione delle masse.
E come detto nell'assioma della mia risposta precedente, condizione che, per quanto detto prima, non avverrà mai e cosa più importante è la base del fallimento di tutte le scuole di pensiero socialiste e comuniste, incluse quelle anarchiche.
Anche supponendo che l'umanità ..... Secoli dopo.....possa raggiungere la preconizzata società anarchica, all'indomani della sua realizzazione ai suoi margini già nasceranno dei nuovi pensatori, i nuovi illuminati, nuovi eretici, i nuovi vagabondi, i nuovi sognatori.
Da ciò è chiaro che l'Anarchia non è una cosa a cui tendere, di realizzabile nell'arco di una vita di un uomo, ma per esso rimane un'utopia.
L'Anarchia è un divenire non raggiungibile che ammette come sola concretizzazione l' essere anarchici.
Sei anarchico perché vivi in una società a cui non appartieni, perché le tue idee sono anni luce distanti dalla massa uniformata, sei un sognatore, sei un ribelle verso ogni prestabilito.
L'essere anarchico significa la ricerca del proprio io interiore e la sua realizzazione nell'arco della propria vita, il vivere qui ed ora dando sfogo alla propria rabbia, alla propria realizzazione, alla necessità di distruggere il pre-esistente, all'erigere il nuovo, ai propri sentimenti.
E tutto ciò è sempre soggettivo, mai collettivo.
È il vivere anarchicamente e non il tendere all'anarchia che accomuna gli anarchici.
Chiù Pac

Nessun commento:

Posta un commento