Il
secolo vorrebbe scegliere tutto, ed è per questo che non abbiamo stile, il
secolo vorrebbe capire tutto, ed è la ragione per cui non esce più dal labirinto,
il secolo vorrebbe perfino umanizzare la massa di perdizione in quanto massa,
ed è per questo che andiamo verso la carneficina planetaria. Vogliamo
l'impossibile e tra poco non avremo neanche l'ombra del possibile, sbarcheremo
sulla luna e quaggiù berremo le nostre deiezioni, domani i nostri figli
mangeranno cose ritenute immonde, la vita che ci attende è talmente assurda e
talmente orribile che i migliori preferiranno la morte e la follia e il caos
all'ordine, un ordine per la morte seconda e la follia perpetua e il caos
organizzato. L'ordine futuro sarà di gran lunga il più disumano che mai si sia
visto, il più bravo a mentirci e il più infallibile nell'ingannarci, un mostro
tiepido e metodicamente informe, misterioso e piatto, sfuggente e dispotico,
che divora in continuazione senza cessare di essere inafferrabile. Il peggio è che,
dopo averci illusi, non ci impedirà di andare in rovina, giacché se può abusale
di noi, esso è altresì la debolezza stessa.
Non
eviteremo gli abusi di tale ordine e l'ordine non ci eviterà il caos né la
morte, questa è la logica della situazione, e noi avvertiamo che da cinquanta
secoli vi eravamo destinati. I peggiori degli esseri umani sono ormai i più incuranti,
lo stato delle cose permette loro di irridere i giusti e i santi come gli
scienziati e i filosofi, i peggiori degli esseri umani trionfano incontrastati
e probabilmente non hanno neppure torto, possono farsi beffe impunemente delle
forme che si disgregano e dei valori che si deteriorano, in un disordine
dilagante essi possono appoggiarsi all'ordine, possono ergersi al di sopra di
tutto nell'ora in cui tutto minaccia di andare a fondo, possono andar fieri di
aver scelto il volto buio e di morire vincitori dei giochi, avranno avuto la
loro ricompensa. Non c'è più modo di difenderci da loro, essi seguono la corrente
che porta al precipizio, e noi invece cerchiamo di risalirla, soli a remare
contro il filo dell'acqua, soli a opporci all'ordine e soli a perseverare nel
rifiuto di essere, di essere quaggiù strumenti dell'arrendevolezza in mezzo
alla massa, vittima delle loro imposture.
Nessuno
ci ha detto la verità, la verità non ha più difensori sulla Terra, è troppo
difficile da capire, e coloro che la penetrano saranno sempre meno numerosi. Il
nostro secolo ha visto la morte delle idee chiare e distinte, noi non ci
intendiamo su nulla, a parte i sottintesi, le convenienze e gli interessi, in
tutto il resto gli equivoci hanno campo libero. Non ci intendiamo su nulla e
nemmeno crediamo più in nulla, per credere a qualcosa, ai giorni nostri,
bisogna essere allucinati, tutti i nostri più alti ingegni sono divenuti
tragici, ciò dimostra che non hanno più fede. La religione non è che un
elemento dell'ordine e, quel che è peggio, di un ordine per il caos e per la
morte, coloro che si sforzano di viverla saranno gli eretici di domani e domani
l'eresia attesterà la fede ridivenuta sincera, da cento parti stiamo andando
verso l'esplosione dei sistemi, poi andremo verso il brulicare delle sette, ma
non saremo salvati dal fervore di qualcuno o dalla spontaneità di qualcun
altro. E già troppo tardi, siamo entrati nel vortice, non sfuggiremo più a ciò
che ci trascina, e sappiamo di essere condannati.
Quando
ascolto i nostri sedicenti spirituali propinarci le loro banalità e quando vedo
una folla, più di ruminanti che di uomini, prestare orecchio a quelle
insulsaggini, mi rendo conto che stiamo diventando stupidi e che meritiamo la
sorte a noi riservata. So che tutti questi ruminanti fanno il loro dovere di
bestie, tirano l'aratro e montano, muggiscono e figliano, danno allo Stato il
loro latte e talvolta la loro carne, ma vorrei che finalmente si decidessero a
umanizzarsi e a chiedersi se quello che viene loro insegnato o predicato vale
qualcosa. Come può essere che prestino fede, fosse pure solo per abitudine, a
un tale cumulo di scempiaggini? Non provano vergogna a essere cosi, non si
accorgono che si disonorano e che la cortesia in questo genere di cose altro
non è che una dichiarazione di fallimento? Il conforto intellettuale che
cercano è ormai introvabile e nessuna tradizione lo assicura loro, soltanto la
stupidità è in grado di darcelo. E siamo caduti cosi in basso che i Capi di
Stato, a corto di legittimità, sono costretti a mescolarsi con il gregge,
recitando la commedia ai ruminanti che portano a pascolare?
Se la
gente non sperasse più in nulla e non credesse a nulla, si rifiuterebbe subito
di moltiplicare il suo seme, e i nostri problemi sarebbero risolti in una o due
generazioni con lo spopolamento universale. Quello che qui affermo non sono il
solo a sostenerlo, ma se ve ne sono altri che la pensano come me, quanti
oserebbero scriverlo, o meglio: professarlo dall'alto di una cattedra,
spingendosi al punto di gridarlo ai quattro venti? E quale governo tollererebbe
un insegnamento di tal fatta? E quale religione simili omelie? Insistono a
chiederci di sperare e di credere, dobbiamo sperare in qualsiasi cosa, pur di
sperare, dobbiamo credere, magari a quel che vogliamo, pur di credere a
qualcosa, siamo liberi di fare una scelta tra le fandonie di nostra
convenienza, a patto che siano stupide. Ora, tutti i fini che si propone la
speranza e lutti gli obiettivi che la fede si dà hanno in comune il fatto di
esserlo, di essere immancabilmente stupidi, e oggi, per giunta, imperdonabili,
giacché non possiamo restare imbecilli una generazione di più fra mezzi che
sono diventati più liberi di noi.
Quando
gli uomini si persuaderanno che i loro figli saranno più infelici di chi li ha
generati e i figli dei loro figli ancora più infelici, quando si persuaderanno
che non vi è più rimedio nell'universo, che la scienza non farà miracoli e che
il Cielo è vuoto quanto le loro tasche, che tutti gli spirituali sotto degli
impostori e tutti i governanti degli imbecilli, tutte le religioni sorpassate,
tutte le politiche impotenti, allora si abbandoneranno alla disperazione e
vegeteranno nella miscredenza, ma moriranno sterili. Ora, la sterilizzazione
sembra essere una forma di salvezza, ma senza la disperazione e senza la
miscredenza gli uomini non acconsentiranno mai a divenire sterili, e le donne
ancora meno, è l'ottimismo a ucciderci, e l'ottimismo è il peccato per
eccellenza. Il rifiuto di sperare e il rifiuto di credere portano immancabilmente
con sé quello di generare, è una correlazione che ci si sforza di negare, e
anche coloro che vorrebbero spopolare il mondo, prima che sia troppo tardi, non
oseranno professare tale convenienza. Ecco perché nessuno agisce sulle cause,
quand'anche deplorasse gii effetti che fatalmente comportano.
I
popoli poveri continueranno a rimanere poveri e tutti gli appelli alla carità
non li solleveranno più dalla miseria, i popoli sventurati sono abissi in cui
si volatilizzano gli aiuti dei popoli ricchi, soltanto lo spopolamento - e poco
importa con quali mezzi - li salverebbe dall'indigenza, ma il loro orgoglio
nazionale vi si oppone, e bisogna anche aver riguardi per questa gente da nulla
che, nel suo delirio, pensa di avere dei diritti, nonostante la sua impotenza.
In verità, coloro che li incoraggiano a perseverare in tali illusioni, nel nome
di una spiritualità fasulla, accrescono il disordine e preparano loro il futuro
più orribile; sarebbe meglio insegnare loro fin d'ora che chi muore di fame
sarà inchiodato alla miseria, e più presto di quanto non si pensi, poiché la
buona volontà non può supplire alla mancanza di eccedenze, nemmeno nei paesi
che consideriamo ancora ricchi, dico ancora perché la loro opulenza è alla mercé
di una guerra. Dopo la guerra saremo tutti rovinati, e non possiamo evitare la
guerra, perché l'ordine che salvaguardiamo si dissolverebbe completamente in
una pace esiziale ai suoi imperativi come alla sua ragione d'essere.
Nessuna
spiritualità prevarrà sulla biologia e sull'ecologia, tutti gli spirituali sono
sorpassati, non vi è nessuna differenza tra maghi e preti, ci si rende
altrettanto spregevoli a consultare gli uni quanto a rispettare gli altri. Le
leggi della natura si fanno beffe tanto degli esorcismi quanto delle orazioni,
e adesso che si impara a conoscerle meglio ci si macchia di una colpa a
trasgredirle, e doppiamente se lo si fa per amore di esorcismi e orazioni. Il
rifiuto di sacrificare agli dèi e di onorare i loro sacerdoti in verità non
farà più morire nessuno, ma l'ignoranza dell'ecologia e il disprezzo della
biologia preparano all'intera specie il futuro più tragico. Le nostre religioni
sono pestilenze e i poteri che le appoggiano congiure di avvelenatori, la
nostra spiritualità non è che masturbazione delle facoltà mentali, ormai
abbiamo bisogno di tutte le nostre risorse se vogliamo ripensare il mondo, un
mondo in cui l'uomo è l'unico padrone della vita e della morte, l'unico, si
badi bene, perché l'alibi metafisico viene ormai definitivamente a cadere, e
non possiamo nasconderci dietro la nostra impotenza.
Per
quanto tempo ancora potremo ingannarci? Tutti i termini sono giunti alla
scadenza, il numero degli esseri umani si gonfia come un mare in cui stia per
scatenarsi la tempesta, il suolo esaurito scoraggia i nostri sforzi, l'acqua
mancherà dappertutto e l'aria già scarseggia, i cibi hanno sempre meno
consistenza e i rifiuti ingombrano l'ecumene avvelenando ogni cosa. L'ora della
verità non sarà anche quella della nostra agonia? Che cosa opporremo alla
nostra morte? Le ordinanze dei nostri Capi di Stato oppure le preghiere dei
nostri spirituali? A che cosa ci servono questi parassiti e questi l'autori di
disordine? Gli uni ci portano alla dissoluzione, gii altri li benedicono
esortandoci e li esortano benedicendoci, stiamo andando verso il caos con passo
eguale, il cuore pieno di speranza, sognando il Paese della Cuccagna, la cui
scienza gratificherà i nostri trenta miliardi di figli e di nipoti, nell'ora in
cui le cento nazioni formeranno ormai un unico popolo, e le tre razze ne
costituiranno una sola. Per quanto tempo ancora potremo ingannarci, sperando
che avvenga l'impossibile, ad onta della nostra evidenza? Giacché l'uomo non sarà
superato, qualunque cosa accada.
Siamo
già troppo numerosi, e siccome i miracoli non sono nell'ordine delle cose, non
si potrà mai dare ai sette miliardi di uomini che forse saremo nel DUEMILA ciò
che attualmente non assicuriamo alla metà: l'idea pare chiara e distinta, ma al
giorno d'oggi le idee chiare e distinte non usano più, lo spirito europeo ha
perduto l'incisività insieme con la coerenza, ha dimostrato di non essere
all'altezza delle sue opere comunicandole al resto degli esseri umani. Gli
Africani e gli Asiatici non attribuiscono lo stesso significato alle parole che
mutuano da noi, e la loro vendetta consiste nel farci dubitare di noi stessi,
servendosi dei nostri vocabolari. L'Europa è ricca e debole, la Storia ci
insegna che il dovere del ricco è quello di essere più forte del povero o di
aspettarsi il peggio. Eppure i nostri spirituali e i nostri intellettuali
provano un senso di colpa così forte da farli perseverare nell'errore, che li
inebria perché è generoso, essi temono di incorrere nel Razzismo, in caso di
disinganno. Sono persuaso che ci disinganneremo troppo tardi, e che il Razzismo
ha un avvenire.
Non
eviteremo né la Fame né il Razzismo, chi sostiene il contrario nega l'evidenza
o cerca di fuorviarci. Non ne voglio all'uomo qualunque, che è sempre più
indifferente e si ritiene soddisfatto, dal momento che l'industrializzazione gli
procura le apparenze della felicità, foss'anche provvisoria. Non ne voglio
all'uomo qualunque, questo sventurato per missione che si sveglierà soltanto
nel pieno dell'incubo, il mio libro non si rivolge a lui: parlo ai giovani, che
nelle università insorgono contro la morale e l'ordine, questi giovani fanno
paura a troppa gente, e sappiamo che se scoppierà una guerra moriranno per
primi. Parlo a queste vittime rituali, che l'ordine per la morte finisce con
l'immolare, immolare in nome della morale, una morale che il sacrificio informa
e il sangue ritempra, li illumino sul perché della loro insurrezione e anche li
giustifico, anzi li approvo, e tuttavia, in ultima analisi, consiglio loro di obbedire,
giacché non basta aver ragione, ragione per tutti i tempi a venire, bisogna
anche sopravvivere al presente e durare fino al momento in cui abbia inizio il
futuro.
Non è
bene aver ragione troppo presto nell'universo in cui non siamo ancora
contemporanei gli uni degli altri, non è bene aver ragione troppo presto e di
conseguenza morire nell'ignominia. Gli Africani e gli Asiatici hanno scoperto
il Nazionalismo, e non sono estranei al Razzismo, quella gente segue le nostre
orme, e se aspettiamo che si disingannino, diventeremo loro servi o loro
vittime, le nostre donne saranno le loro prostitute e i nostri beni il loro
bottino. Non ci perdoneranno di averli umiliati senza poi sterminarli, non ci
perdoneranno di averli costretti ad abdicare nella speranza di vincerci, ci
vinceranno, se avremo ragione troppo presto, essi si giovano tanto dei nostri
spirituali, all'ombra dell'ecumenismo, quanto dei nostri intellettuali, sotto
il manto dell'obiettività: siamo perduti, se cadiamo nella trappola. Parliamo
di fraternità e dimentichiamo che di fronte a noi abbiamo dei mendicanti e dei
vendicatori, brutti, malsani, viziosi, crudeli e dispotici, più cattivi dei peggiori
di noi e più bugiardi dei nostri sofisti più incalliti.
E
perciò l'ordine, che aborriamo, e la morale, che disprezziamo, l'ordine sorpassato
e la morale inaccettabile, che non abbiamo ancora saputo sostituire - né l'uno
né l'altra -, noi li difenderemo, ahimè!, con le armi in pugno, giacché chi ci
sta di fronte si prepara ad attaccarci, in nome della morale indifendibile e
sotto il vessillo dell'ordine condannato. Domando io: che cosa opporremo a
questi Barbari? La tolleranza e il lassismo? Ci schiaccerebbero, irridendoci. E
se andremo incontro ai loro eserciti, adorni di bori e a mani nude, predicando
loro la pace, faranno come i Mongoli nel Medioevo, quando trentamila pellegrini
buddhisti disarmati si offrirono ai loro colpi, nella speranza di intenerire i
loro cuori: li sterminarono tutti, dopo un attimo di sorpresa. E qualora mi si
dicesse che i Mongoli sono diventati buddhisti, replicherei che i pellegrini
sono morti. Poiché dobbiamo morire, evitiamo almeno di porgere la gola e di morire
vittime dei nostri sentimenti, dimostriamo invece ai nostri avversari che il
nostro valore è pari al loro, e trattiamoli come ci tratterebbero loro una
volta vinti.
Non ci
intenderemo su niente, perché ci verrà a mancare tutto, non eviteremo né la
Fame né il Razzismo e non potremo sottrarci all'una se non abbandonandoci
all'altro, un giorno diventeremo Razzisti per poter mangiare, saremo uomini
bisognosi nel senso peggiore del termine, saremo Materialisti e Razzisti, i due
princìpi si uniranno, come si uniscono oggi il Nazionalismo e il Socialismo.
Giacché ora le idee giocano con gli uomini, ormai rincretiniti, gli uomini
credono di scegliere, e ciò che hanno scelto li ha prevenuti, ormai i popoli
non sono altro che trastulli delle loro idee e oggetti dei loro mezzi, mai sono
apparsi più schiavi, mai tanto posseduti e tanto alienati, e i cinici incalliti
che li guidano non sono meno idioti di quei ruminanti dei loro sudditi. Nessuno
vede chiaro, perché non ci sono più idee chiare e distinte, stiamo andando
verso la catastrofe, a cui tutte le strade ci conducono, oggi siamo sempre più
stanchi di paradossi, cerchiamo Va semplicità, la troveremo solo nella morte,
ed è per questo che domani la morte non farà indietreggiare nessuno.
I
nostri padroni sono o burloni o sofisti, sono o esorcisti o ipnotizzatori, cercano
di guadagnar tempo sul caos e sulla morte, ma non possono più impedire
l'irreparabile, e noi andiamo dritti alla catastrofe. Le idee più micidiali ci
attendono al varco e non saremo più in grado di eluderle quando il bisogno ci
afferrerà alla gola, per tramutarci in belve; ci avviciniamo al ciglio fatale,
e non appena saremo a confronto con esso rinunceremo a tutte le nostre
illusioni umanitarie e scaraventeremo i nostri avversari nel precipizio.
Denominatore comune dei politici futuri sarà lo sterminio, al quale contribuirà
anche la natura, aggiungendo la sua furia alla nostra. La fine del secolo vedrà
il Trionfo della morte, il mondo oberato di uomini si scaricherà di dosso il
peso dei viventi in soprannumero, non rimarrà isola che possa offrire ricetto
ai potenti per sottrarli all'infèrno generale che ci preparano, e lo spettacolo
della loro agonia sarà la consolazione dei popoli che essi hanno traviato.
L'ordine futuro sarà il legatario universale dei nostri fallimenti e i profeti,
in mezzo alle nostre rovine, raduneranno i superstiti.
Tutto
quello che ci sta accadendo era previsto da lunga data, e coloro che conoscevano
la Tradizione sapevano che il mondo era condannato, ma non trovavano orecchi
disposti ad ascoltarli. Il cuore dell'uomo non è cambiato, il cuore dell'uomo è
simile al mare profondò e tenebroso, i mutamenti hanno luogo soltanto in superficie,
dove la nostra sensibilità riflette la luce, ma quando scendiamo ritroviamo ciò
che fu e sarà: la filosofia vi si addentra appena, e soltanto la teologia ha le
chiavi dell'abisso. La nostra teologia è stata l'aberrazione per eccellenza, e
noi ne espiamo i crimini e gli errori: aveva ricusato la natura e la natura si
è vendicata, noi siamo antifisici e le nostre religioni cosiddette rivelate non
hanno saputo far altro che costruire la tomba della specie. La follia della croce
è ora quella dell'uomo, la voluttà del sacrificio è l'ultima all'altezza delle
nostre opere, la passione per la morte sarà la consumazione delle nostre idee.
Nel caos in cui sprofondiamo vi è più logica che nell'ordine, l'ordine di morte
in cui ci siamo mantenuti per tanti secoli e che si disgrega sotto i nostri
passi automatici.
Noi
entriamo nella notte, dove tutto si disgrega, e ormai non possiamo più guardare
indietro, dove le luci stanno spegnendosi del tutto, siamo soli con le nostre
idee e le nostre opere, in balìa della loro comune dismisura. Eppure bisogna
andare avanti, non è in nostro potere fermarci, abbiamo smarrito il cammino, e
quando indugiamo è il cammino a trascinarci. In verità, siamo giustamente
puniti per non aver ripensato il mondo, il mondo ci sfugge nel momento in cui
lo umanizziamo, ci sfugge perché non vediamo chiaro in noi stessi, e non
vogliamo veder chiaro per paura di dover profanare quello che ancora riveriamo.
La profanazione ci avrebbe salvati, il coraggio intellettuale avrebbe contrastato
la fatalità, divenuta la nostra quintessenza: gli Anarchici e i Nichilisti
volevano lare tabula rasa e il futuro darà loro ragione, ma l'ordine li
schiaccia e li schiaccerà, finché permane, quell'ordine che ci protegge e ci
proteggerà dalla sovversione, non già dal caos e dalla morte, verso i quali ci
ingiunge di marciare serrando i ranghi, gli uni contro gli altri, a passo di
carica, nella notte che presto macchieremo di sangue.
I
giovani non possono più salvare il mondo, il mondo non può più essere salvato,
l'idea di salvezza è semplicemente un'idea sbagliata, e noi dobbiamo pagare i
nostri innumerevoli errori, è troppo tardi per riparare ad alcunché, il tempo
delle riparazioni è scaduto e quello delle riforme è finito. I più fortunati
moriranno combattendo e i più miserabili stipati negli scantinati o
accoppiandosi tra le fiamme, per ingannare l'agonia con l'orgasmo. Il mondo
sarà un grido di dolore e di estasi, in cui gli uomini più puri non avranno
altra risorsa che ammazzarsi l'un l'altro per non dover disprezzare se stessi.
La scelta dell'agonia sarà l'ultima a noi rimasta, e ciò sarà prima di quanto
non si pensi, dall'oggi al domani saremo scaraventati nel precipizio e lì ci
sveglieremo, non fosse che per il tempo di sentire che stiamo spirando. Allora rivedremo
ciò che videro i Conquistatori del Nuovo Mondo, dove, al loro avvicinarsi,
intere tribù si gettavano dalla cima della loro montagna unicamente per
prevenire l'orrore inevitabile, ingannando la morte con la morte stessa.
Beati
i morti! E tre volte miseri coloro che, in preda alla follia, generano! Beati i
casti! Beati gli sterili! Beati anche coloro che preferiscono la lussuria alla
fecondità! Oggi gli Onanisti e i Sodomiti sono meno colpevoli dei padri e delle
madri di famiglia, perché i primi distruggeranno se stessi e i secondi
distruggeranno il mondo, a forza di moltiplicare le bocche inutili. Vergogna
agli spirituali, che ci obbligano a riverirli e ci insegnano a sragionare!
Saremmo meno miserabili e meno ridicoli se non ci fossero loro, quei
predicatori di fumo e quei consolatori da strapazzo, essi non ci servono più a
nulla, dopo essere serviti soltanto a ingannarci su di noi, su di loro e sulla
nostra evidenza. Si puniscono i falsari e poi si dovrebbero risparmiare coloro
che non vivono se non accreditando idee false? La tolleranza è raggiro e il
rispetto soltanto delirio, lo abbiamo capito pagando di persona e faremo pagare
altri a nostra volta, prima di sprofondare nella fornace manderemo coloro che ci
portano alla morte a spianarci la strada che non ci evitano, poi sarà la dissoluzione.
Albert
Caraco
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