Dichiarazione di Ravachol davanti ai giudici - 1892
 
 Se prendo la parola, non è per difendermi degli atti di cui mi si 
accusa, poiché solo la società che, con la sua organizzazione, mette gli
 uomini in continua lotta gli uni contro gli altri, è responsabile. E, 
in effetti, non vediamo in tutte le classi, in tutti gli ambienti, delle
 persone che desiderano, non dico la morte, poiché suonerebbe male all’orecchio, ma la disgrazia dei loro simili se questa può procurare loro dei vantaggi?
 
 Esempio: un padrone non si augura di veder sparire un concorrente? 
Tutti i commercianti, in generale, non vorrebbero, reciprocamente, 
essere i soli a godere i vantaggi che possono venire dalla propria 
industria?
 
 L’operaio senza impiego non sogna, per ottenere del lavoro che, per un qualsiasi motivo, colui che è occupato venga licenziato?
 
 Ebbene, in una società dove si producono simili fatti non devono 
sorprendere atti del genere di quelli che mi si rimproverano, i quali 
non sono altro che la logica conseguenza della lotta per l’esistenza che
 si fanno gli uomini che per vivere sono obbligati ad impiegare tutti i 
mezzi possibili. Dal momento che ciascuno deve pensare a sé, colui che 
si trova nella necessità deve agire. Ebbene! Poiché così è, quando io 
avevo fame non ho esitato ad impiegare i mezzi che erano a mia 
disposizione a rischio di fare delle vittime.
 
 Quando i padroni licenziano gli operai si preoccupano poco di vederli morire di fame.
 
 Tutti coloro che hanno il superfluo, si interessano della gente che 
manca delle cose necessarie? Vi sono alcuni che danno dell’aiuto, ma 
sono impotenti a sollevare tutti coloro che si trovano in stato di 
necessità e che muoiono prematuramente in seguito a privazioni di ogni 
tipo, o volontariamente suicidandosi in ogni modo per porre fine ad 
un’esistenza miserabile o per non aver potuto sopportare i rigori della 
fame, le onte delle innumerevoli umiliazioni senza alcuna speranza di 
vederli finire. Così come hanno fatto la famiglia Hayem e la signora 
Soufrein che hanno dato la morte ai loro figli per non vederli ancora 
morire di fame. E tutte quelle donne che, nel timore di non poter dar da
 mangiare ai loro figli, non esitano a compromettere la loro salute e la
 loro vita distruggendo nel loro seno i frutti del loro amore!
 
 
Ebbene! tutto questo accade in mezzo all’abbondanza di ogni tipo di 
prodotto. Si capirebbe se tutto questo avesse luogo in un paese povero 
di prodotti, dove vi è la carestia; ma in Francia, dove regna 
l’abbondanza, dove le macellerie sono stracolme di carni, i panifici di 
pane, dove i vestiti, le scarpe riempiono i magazzini; dove vi sono 
appartamenti vuoti, come ammettere che nella società tutto va bene 
quando si vede così bene il contrario? Vi sono delle persone che 
piangono tutte queste vittime ma dicono che non è possibile far niente! 
Che ognuno se la sbrogli come può! Cosa può fare colui che, pur 
lavorando, manca del necessario? Se non lavora, non gli resta che 
lasciarsi morire di fame, e allora qualcuno getterà qualche parola di 
pietà sul suo cadavere. Ecco ciò che ho voluto lasciare ad altri. Ho 
preferito diventare contrabbandiere, falsario, ladro e omicida!
 
 Avrei potuto mendicare, ciò è degradante e vigliacco ed è anche punito dalle vostre leggi che fanno della miseria un delitto.
 
 Se tutti i bisognosi, invece di aspettare, prendessero dove vi è e non 
importa con quale mezzo, può essere che i benestanti comprenderebbero 
più in fretta che è pericoloso voler conservare l’attuale stato sociale 
dove l’inquietudine è permanente e la vita è in ogni istante minacciata;
 finirebbero senza dubbio per comprendere che gli anarchici hanno 
ragione quando dicono che per avere la tranquillità morale e fisica, 
bisogna distruggere le cause che producono il crimine e i criminali. Non
 è sopprimendo colui che preferisce prendere violentemente ciò che gli 
serve per assicurarsi il benessere, piuttosto che morire di una morte 
lenta dovuta alle privazioni che sopporta, o che dovrebbe sopportare 
senza speranza di vederle finire (se ha un poco di energia). Dopo tutto 
la fine della propria vita non è altro che una fine delle sofferenze.
 
 Ecco perché ho commesso gli atti che mi si rimproverano e che sono la 
conseguenza logica dello stato barbaro di una società che non fa altro 
che aumentare il numero delle sue vittime col rigore delle sue leggi che
 intervengono sugli effetti senza mai toccare le cause!
 
 Si dice
 che bisogna essere crudeli per ammazzare un proprio simile: ma coloro 
che parlano così non vedono che lo si fa per evitare che lo facciano a 
noi stessi!
 
 Anche voi, signori giurati, senza dubbio mi 
condannerete a morte perché credete che è una necessità e che la mia 
scomparsa sarà una soddisfazione per voi che avete orrore di veder 
scorrere il sangue umano; ma quando credete che sia utile versarlo per 
assicurare la vostra esistenza non esitate più di me a farlo. Con questa
 differenza, che voi lo farete senza alcun pericolo, al contrario di me 
che agivo a rischio e pericolo della mia libertà e della mia vita.
 
 Ebbene, signori, non vi sono criminali da giudicare ma le cause del 
crimine da distruggere. Creando gli articoli del Codice, i legislatori 
hanno dimenticato che non attaccavano le cause ma semplicemente gli 
effetti e che in tal modo non distruggevano affatto il crimine. In 
verità, esistendo sempre le cause, scaturiranno sempre effetti e si 
avranno sempre dei criminali, poiché oggi ne distruggete uno ma domani 
ne nasceranno due.
 
 Cosa bisogna fare allora?
 
 Distruggere la miseria, questo genio del crimine, assicurando a ciascuno la soddisfazione di tutti i propri bisogni.
 
 E quanto sarebbe facile realizzarlo. Bisognerebbe stabilire la società 
su nuove basi in cui tutto fosse in comune, in cui ciascuno producendo 
secondo le proprie possibilità e le proprie forze, potesse consumare 
secondo i propri bisogni.
 
 Allora gli inventori, avendo tutto a 
loro disposizione, creerebbero delle meraviglie che farebbero in modo 
che i lavori che ci sembrano penosi o ripugnanti diventerebbero una 
distrazione o un passatempo. Allora non vi sarebbe più 
quell’inquietudine per il domani che è un continuo tormento per 
l’operaio e anche per il padrone, per tutti.
 
 Non si vedrà più 
gente, come l’eremita di Nostra Signora delle Grazie ed altri, mendicare
 un metallo del quale diviene la schiava e la vittima!
 
 Non si 
vedranno più donne vendere il proprio corpo come una volgare merce, in 
cambio di quello stesso metallo che molto spesso ci impedisce di capire 
se l’affetto è veramente sincero!
 
 Non si vedranno più uomini 
come Pranzini Prado e Anastay, anche adolescenti che, sempre per avere 
questo metallo, arrivano ad uccidere.
 
 Tutto questo dimostra 
chiaramente che la causa di tutti i crimini è sempre la stessa; che 
bisogna veramente essere stupidi per non vederla!
 
 Sì, lo 
ripeto, è la società che fa i criminali e voi, giurati, invece di 
colpire loro, dovreste impiegare le vostre forze a trasformare la 
società.
 
 Di colpo, sopprimereste tutti i crimini e la vostra 
opera, attaccando le cause, sarebbe più grande e più feconda di quanto 
non lo sia la vostra giustizia che si limita a colpire gli effetti.
 
 Io sono solo un operaio senza istruzione, ma poiché ho vissuto 
l’esistenza dei miserabili, sento meglio di un ricco borghese l’iniquità
 delle leggi repressive.
 
 Dove prendete il diritto di uccidere o
 di rinchiudere un uomo che, messo sulla terra con la necessità di 
vivere, si è visto nella necessità di prendere ciò che gli è necessario?
 
 Ho lavorato per vivere e far vivere i miei, tanto che io e i miei non 
abbiamo troppo sofferto, sono rimasto quello che voi chiamate onesto. 
Poi il lavoro è mancato e con la disoccupazione venne anche la fame!
 
 È allora che questa grande legge della natura, questa voce imperiosa 
che non ammette repliche, l’istinto della conservazione mi spinse a 
commettere i crimini e i delitti di cui mi riconosco l’autore.
 
 
Nego di aver commesso quelli della Varizelle [Ravachol era stato anche 
incolpato di omicidio volontario nella persona di Jean Rivolier abitante
 a La Varizelle, n.d.r.] e delle signore Marcon [due donne trovate 
uccide a Saint-Etienne, n.d.r.] poiché vi sono completamente estraneo e 
voglio evitare alla vostra coscienza i rimorsi di un errore giudiziario.
 
 Giudicatemi, signori giurati, e, se mi avete compreso, nel giudicarmi, 
giudicate tutti i disgraziati che la miseria, alleata alla fierezza 
naturale, ha fatto diventare criminali e che in una società intelligente
 sarebbero state persone come tutte le altre.
 
 Kœgnistein, detto Ravachol
 

 
Questo discorso è la summa di tutti i pensieri che sto accumulando da tempo, un filo logico che li collega tutti, una degli spunti di riflessione più forti che abbia ricevuto ultimamente
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