Una
Germania sommersa
Se l'anarchismo è innanzittutto l'affermazione delle
potenzialità individuali contro la società borghese, contro lo Stato, contro
tutte le forme di alienazione collettiva, allora bisogna cominciare a
riconoscere prima del dadaismo, nella letteratura tedesca, quanto ha potuto
annunciare quest'avanguardia che si associa automaticamente all'anarchismo.
Tutto comincia con Fichte ed i romantici tedeschi, con
l'affermazione di un soggetto autonomo e assolutamente libero di auto-crearsi: Con
l'essere libero, cosciente di sé, appare allo stesso tempo tutto un mondo, a
partire dal nulla. Il "Più antico programma dell'idealismo
tedesco", di cui l'autore è sia Hölderlin,
sia Hegel, sia Schelling (più probabilmente Schelling), continua demolendo la
legittimità dello Stato: Soltanto ciò che è oggetto della
libertà si chiama Idea. Dobbiamo dunque superare anche lo Stato! Perché ogni
Stato è obbligato di trattare gli uomini come un ingranaggio meccanico; ed è
quanto non deve accadere, bisogna dunque che si fermi.
Fondato sull'idea di libertà, questo
"Programma" è senza dubbio il primo manifesto anarchico, ben lungi
dal culto dello Stato al quale si associa abitualmente il romanticismo tedesco
e la cultura germanica. Nel suo fondo, il primo romanticismo è anarchizzante ed
annuncia il dadaismo, è anche fondalmentalmente provocatore, come emerge da
questo testo di Friedrich Schlegel, le cui intonazioni sono dadaiste
(addirittura nietzscheane) ante litteram: "L'uomo domestico deriva la sua
formazione dal gregge in cui è nutrito e soprattutto dal divino pastore; quando
giunge alla, stabilisce e rinuncia allora, sino a finire con il pietrificarsi,
al folle desiderio di muoversi liberamente, il che non l'impedisce spesso, nei
suoi ultimi giorni, di mettersi a giocare con le multicolori caricature. Certo,
non è innanzitutto senza fatica né senza male che il borghese è calzato e
vestito per essere trasformato in macchina. Ma per poco che esso sia diventato
una cifra nella somma politica, ha fatto la sua felicità e si può, ad ogni punto
di vista, considerare che è compiuto sin da quando, da persona umana che era,
si è metamorfosizzato in personaggio. E la stessa cosa vale tanto per la
massaquanto per gli individui. Essi si nutrono, si sposano, fanno dei figli,
invecchiano e lasciano dopo di loro dei figli che vivono di nuovo allo stesso
modo, lasciano dei figli simili e così via all'infinito". E Schlegel
aggiunge una sentenza implacabile: "Non vivere che per vivere, questa è la
vera fonte della volgarità".
All'inizio del XVIII secolo, i romantici tedeschi
iniziarono il grande movimento di critica dell'anima borghese, per la quale
l'individualità dell'uomo doveva essere bandita a profitto della riproduzione
di un modello sociale innamovibile, qui comparato al modello macchinale (il
borghese "calzato e vestito per essere trasformato in macchina").
Singolare critica in un'epoca in cui la Germania non era ancora entrata
nell'era industriale e che si trovò amplificata un secolo più tardi e sino a
noi.
Dall'anarchismo a Dada
Dal primo romanticismo che critica lo Stato-macchina e la
società meccanizzata all'anarchismo, non c'è dunque che un passo. In compenso,
si può dire senza esagerare che Dada deriva direttamente da un confronto
diretto con le tesi e la realtà anarchiche. Nel suo libro Avant
garde und Anarchismus, Hubert van den Berg ha eretto un panorama
impressionante di questo confronto, senza scartare le altre correnti politiche
maggiori. Egli ricorda innanzitutto che in Europa, alla fine del XIX secolo e
all'inizio del XX, l'anarchismo era una corrente politica potente che faceva
concorrenza ai partiti socialdemocratici al punto che i governi in carica si
adoperavano molto in fatto di sicurezza e repressione di questo movimento
politico.
Ci si ricorda anche degli attentati anarchici della fine
del XIX secolo contro personalità ed istituzioni, attentati che ebbero un
impatto importante sull'opinione pubblica ed apportarono all'anarchismo un'aura
particolare. Nel suo Piccolo lessico filosofico dell'anarchismo, Daniel Colson
fa dell'attività terroristica di una parte del movimento libertario il quadro
seguente, senza il quale non si può comprendere l'attività dadaista:
"ampiamente negativo nei suoi effetti (la morte dei suoi autori e delle
sue vittime), il carattere "esplosivo" delle bombe anarchiche non
cesserà più tuttavia, per un mezzo secolo, di dare, simbolicamente questa
volta, il senso dell'azione libertaria e del suo modo di concepire il mondo. In
effetti, istantanea nei suoi effetti, incaricata di esprimere tutte le speranze
di un atto irrimediabile e definitivo, tutti i timori e tutte le speranze di
una volontà individuale confrontata alla vita ed alla morte, la bomba anarchica
è direttamente portatrice nella sua materialità stessa dell'idea di "esplosione"
dell'ordine del mondo, di ricomposizione radicale degli elementi che lo
compongono".
Nella sfera del potere simbolico che Dada avrebbe
rappresentato tanto a Berlino quanto a Zurigo, si sarebbe trattato di colpire
gli spiriti attraverso il rovesciamento di tutti i codici letterari e poetici
esistenti, di fare esplodere dunque l'ordine del mondo nella sua realtà
sociale, senza che sia certo che l'obiettivo di questa esplosione era "la
ricomposizione radicale degli elementi che lo compongono".
Allo stesso tempo, e per il fatto della grande risonanza in tutta Europa
degli attentati con la bomba o altri tentativi di assassinio (come quella
dell'Imperatore tedesco Guglielmo II), gli scritti di anarchici come Kropotkin,
Bakunin o Stirner beneficieranno di un'importante uditorio negli ambienti
intellettuali europei. Molto presto, un movimento intellettuale e "bohême" si formò intorno ad autori come Gustav Landauer o Erich
Mühsam, i quali, con gli espressionisti, fondarono una cultura o meglio un
clima anarchico nella Germania degli anni precedenti la Prima Guerra mondiale.
I legami
tra espressionisti ed anarchici erano numerosi nell'ambiente culturale
monachese, come evidenzia il giornale di Mühsam
negli anni '10 e si sa che il dadaismo, anche se prese le sue distanze
dall'espressionismo, si riconobbe nel suo appello ad una rivolta totale contro
l'ordine stabilito. Esisteva dunque un clima propizio all'apparizione di un
movimento nuovo che combinasse in modo indissociabile rivolta politica ed
espressione artistica di un nuovo ordine. Senza lo sfondo politico e
rivoluzionario dell'epoca, vigoroso e fermo come mai in un momento chiave della
storia della Germania- segnata dall'esasperazione del nazionalismo e del
colonialismo dell'impero guglielmino, poi, conseguenza diretta, dalla prima
guerra mondiale, che rivelò agli occhi della nuova generazione l'assurdità
omicida del capitalismo moderno, Dada poi il surrealismo non sarebbero mai
apparsi.
Bisogna
dunque rovesciare la prospettiva secondo la quale l'artista moderno si sarebbe
impegnato in un momento dato nella lotta rivoluzionaria e tentare di
comprendere come, in circostanze storiche precise, la scrittura dadaista, fu
l'espressione più forte dell'arte come politica, ma come politica di un
individuo disalienato dallo Stato e da tutte le "verità" collettive,
di un individuo in cammino verso la libertà e pronto a sacrificarle tutto. È
qui appunto che Dada dovette rompere con il campo politico come era dato, anche
rivoluzionario. Anarchia nel senso dunque più estremo del termine, anarchia nei
margini di ogni entità sociale riconoscibile.
Che
molti dadaisti, sopratutto Hugo Ball e Richard Huelsenbeck, abbiano collaborato
alla stessa rivista di Erich Mühsam, Revolution,
non meraviglia affatto. Un testo di Mühsam apparso nel primo numero, nel 1913,
è anticipatore dei futuri manifesti anarco-dadaisti e soprattutto situa
l'azione rivoluzionaria su un piano tanto sociale quanto spirituale, dimensione
che caratterizza fortemente il dadaismo: "La evoluzione è un movimento tra
due condizioni. Non ci si rappresenti un lento movimento rotatorio ma
un'eruzione vulcanica, l'esplosione di una bomba o ancora una suora che si sta
spogliando. Una rivoluzione si produce quando una situazione è diventata
insopportabile: che questa situazione abbia preso la forma delle relazioni
politiche o sociali di un paese, di una civiltà spirituale o religiosa o delle
caratteristiche di un individuo. Le forze produttive della rivoluzione sono
noia e desiderio, lel oro espressioni sono distruzione ed elevazione.
Distruzione ed elevazione sono identiche nella rivoluzione. Ogni desiderio è
desiderio creatore (Bakunin) Alcune forme della rivoluzione: morte del tiranno,
rovesciamento di un potere autoritario, fondazione di una religione,
distruzione di tutte le tavole (nelle convenzioni ed in arte), creazione di
un'opera d'arte; l'accoppiamento. Qualche sinonimo per la rivoluzione: Dio,
vita, estro, ebbrezza, caos. Lasciateci essere caotici!"
Mühsam,
in modo manifesto, anticipa qui Dada, non fosse che per la sua concezione di
una rivoluzione violenta e spontanea (eruzione vulcanica, esplosione di una
bomba o suora che sta denudandosi) che non consiste in un semplice movimento
popolare o in una seria di atti individuali che dovrebbero essere eseguiti ad
un livello collettivo, ma si caratterizza soprattutto per la sua dimensione
spirituale ed artistica, l'atto rivoluzionario principale essendo la
"distruzione di tutte le tavole (nelle convenzioni e nell'arte)" e la
"creazione di un'opera d'arte".
Rivoluzione
che non richiede dunque un rovesciamento del potere esistente per sostituirne
un altro, ma una distruzione del potere, dell'essenza stessa del potere, sotto
tutte le sue forme sociali, siano esse politiche, artistiche, morali. Contro la
legislazione, il vulcano; contro l'arte, la poesia-bomba; contro la Chiesa, la
suora nuda. Dada, sotto molti aspetti, non sarà che questo: la rappresentazione
incessante del rovesciamento di tutte le forme del potere, quanto la
rappresentazione dell'opera d'arte borghese, ultimo sogno di un ordine estetico
a venire, nel caos ed il frastuono della poesia disarticolata, disfatta,
cacofonica. Rivoluzione realizzata dal solo vacillamento della lingua, arkè assoluto e che si trattava, attraverso
la poesia-esplosione, di abolire.
Vi
fu tuttavia, in ragione delle circostanza storiche e delle affinità
intellettuali suddette, subordinazione del movimento Dada verso l'anarchismo
come corrente politica o anche pensiero filosofico? Crediamo proprio di
no. Una prima caratteristica della politica dadaista (se si può parlare a
proposito di politica nel senso classico del termine) è il suo esplosivo
sincretismo.
Così, Hubert van den Berg distingue quattro tendenze
politiche nel dadaismo: 1) un comunismo a carattere marxista (vicino allo
spartachismo), rappresentato da Franz Jung o Georg Grosz ad esempio; 2) un
nichilismo antipolitico a forte tendenza individualistica le cui figure
sarebbero Picabia, Tzara o il berlinese Huelsenbeck; 3) una messa in scena
messianica di cui il migliore rappresentante è Johannes Baader; 4) una sinistra
radicale in cui l'anarchismo svolge un grande ruolo, rappresentato da Hugo Ball
e Raoul Hausmann. Questa ripartizione mostra la difficoltà a ricondurre il
dadaismo ad un inquadramento politico qualunque, anche se i riferimenti
anarchici sono numerosi. L'evoluzione di diversi dadaisti verso il marxismo e
la loro adesione al partito comunista fondato in Germania nel 1919 è un dato
importante.
Malgrado
queste differenze sul piano ideologico, non è meno certo che numerosi
atteggiamenti ed atti dadaisti sono, al di là del campo politico ed anche
ideologico, l'espressione di una volontà di andare oltre, di superare la
politica rivoluzionaria spicciola, come se la coscienza dada fosse sempre la
più forte, secondo cui una vera rivoluzione si compie fuori dei quadri
ideologici precisi, in una specie di allegra distruzione di tutto ciò che
impedisce all'essere umano- in modo collettivo ed alienante- di accedere al
dominio della libertà individuale.
Il manifesto per dinamitare il potere
Dada, che sia a Zurigo, Berlino o
Parigi, scriverà dei manifesti. Leggiamo quello diJefim Golyscheff, Raoul
Hausmann e Richard Huelsenbeck, che dada 1919, redatto a Berlino in una delle
epoche più torbide della storia moderna della Germania, caratterizzata
dalla sconfitta del nazionalismo e del militarismo prussiani, e la
repressione di un movimento rivoluzionario. Il testo si intitola "Che
cos'è il dadaismo e cosa vuole in Germania?".
Si legge innanzitutto che il dadaismo chiama alla
"unione rivoluzionaria internazionale di tutti gli uomini creatori e
spirituali del mondo intero sulla base del comunismo radicale", parola
d'ordine che non potrebbe essere più classica di così se non si menzionassero
gli uomini sia creatori sia spirituali (benché abbiamo visto Mühsam far appello
all'intelligenza artistica), in seguito- e là le cose si degradano dal punto di
vista propriamente rivoluzionario- il dadaismo chiama alla "introduzione
dello sciopero progressivo attraverso la meccanizzazione generalizzata di ogni
attività. È soltanto attraverso lo sciopero che l'individuo ha la possibilità
di assicurarsi della verità della sua esistenza e di abituarsi infine
all'esperienza".
Il manifesto in seguito si trasforma in una parodia
di appello rivoluzionario, come se la specificità dell'anarchismo dadaista
dovesse esssere di svuotare del suo senso e della sua potenza tutte le forme
catalogate dell'espressione politica. È così questione di un "comitato
centrale" creato "affinché gli articoli di legge dadaisti siano
rispettati da tutti i cleri ed i professori", "affinché il concetto
di proprietà sparisca totalmente", "affinché sia introdotta la poesia
simultaneista come preghiera dello Stato comunista", "affinché le
Chiese autorizzino la rappresentazione di poesie Bruitiste, Simultaneiste e Dadaiste",
"Affinché sia creato un comitato dadaista in ogni città con più di 50.000
abitanti in vista di una nuova formazione dell'esistenza", "Affinché
siano controllate tutte le leggi e tutti i decreti dal comitato centrale
dadaista della rivoluzione mondiale" e "Affinché tutte le relazioni
sessuali siano presto regolamentate nel senso dadaista internazionale
attraverso la creazione di una centrale sessuale dadaista". L'intenzione
qui è quello di squalificare il discorso rivoluzionario così come è usato nei
partiti comunisti europei, ma più generalmente tutte le costruzioni ideologiche
attraverso le quali si opera un saccheggio del collettivo sull'individuo
creatore di sé, il solo individuo che valga veramente, l'artista.
Ma c'è una politica dell'individuo-artista, fondata
sull'idea di libertà, se non quella, dadaista, che disfa giustamente ogni
possibilità di una politica concepita come potenza di uno solo su alcuni o di
alcuni su alcuni? Se c'è anarchismo dadaista, non è questo nichilismo
antipolitico evocato a proposito di Huelsenbeck, non è una forma di anarchismo
disperato spezzante la potenza sin nella parola di cui mette in scena, in
poesia catastrofiche, il ritorno al suono primitivo? Perché c'è una volontà
dadaista di ritornare al primordiale, a ciò che precede lo stato sociale
dell'uomo, in una prospettiva stranamente rousseauiana e che potrebbe
bene, nel suo fondo, animare il dadaismo.
Così, uno dei fondatori del gruppo di Zurigo, Hans Arp, ha intitolato
una raccolta di poesie Ich bin in der Natur geboren (Sono nato nella natura), raccolta nella quale si può
leggere la poesia Configurations de Strasbourg (configurazioni di Strasburgo) che inizia così: Sono
nato nella natura. Sono nato a Strasburgo. Sono nato in una nube. Sono nato in
una pompa. Sono nato in un vestito, e che
seguita con una presentazione del gruppo dadaista e dei suoi obiettivi:
"Nel 1916, a Zurigo, ho generato Dada con degli amici. Dada è per il non
senso il che non vuol dire idiozia. Dada è privo di senso come la natura e la
vita. Dada è per la natura e contro l'arte". Questo tema è ricorrente
presso Arp così come nella maggior parte dei dadaisti. Affermare la vita
individuale, è affermarsi come essere vivente in mezzo alla realtà non
condizionata dall'uomo e l'universo fittizio da lui creato. Il processo di
decondizionamento passa a volte attraverso un'esperienza onirica ed immaginaria
che è quella della metamorfosi delle forme, degli esseri o delle situazioni
("Sono nato in una nuvola. Sono nato in una pompa").
Raoul Hausmann proclama in un manifesto
dadaista del 1918 firmato tra gli altri da Tristan Tzara, Hugo Ball e Hans Arp
che "La parola Dada simbolizza la relazione primitiva con la realtà
circostante" e che "con il dadaismo una nuova realtà prende
posto". E aggiunge: "Per la prima volta nella Storia, il dadaismo non
si pone più di fronte alla vita ad un livello estetico, lacera tutti gli slogan
dell'etica, della cultura e dell'interiorità che non sono che dei mantelli per
muscoli magri". Con il dadaismo, scrive ancora, "la vita appare come
un intreccio similtaneo di rumori, colori e di ritmi spirituali che risorgono
direttamente nell'arte dadaista sotto forma di grida e di febbri sensazionali
della psiche quotidiana e in tutta la sua brutale realtà". L'arte dada è
associazione di elementi contradditori e anacronistici ed è in questo che
esprime la vita, che è anarchia. Essere anarchici nel vero senso del termine,
nel senso artistico del termine, è sposare il flusso della vita, anarchia
prima, è ritornare a ciò che ha preceduto tutte le costruzioni mentali
dell'umanità ricoprendo la libera anima dell'individuo.
Johannes Baader, in quanto "dada in capo",
presenta così le cose: "Un dadaista è un uomo che ama la vita nelle sue
forme più singolari e che dice: so che la vita non è tutta qui, ma che è anche
là, là, là (da, da, da ist das Leben)! Di conseguenza il vero dadaista
padroneggia tutto il registro delle espressioni vitali umane,
dall'autodenigrazione sino alla parola sacra della liturgia religiosa su questo
globo terrestre che appartiene a tutti gli uomini. E farò del tutto affinché
degli uomini vivano su questa Terra in futuro. Degli uomini che siano padroni
del loro spirito e che con l'aiuto di quest'ultimo ricreeranno l'umanità".
Dinamitare il potere (di Dio, ma anche di innumerevoli piccoli dei che
ricoprono la terra), è affermare la vita in tutte le sue forme, nella sua
assoluta libertàcreativa alla quale l'uomo deve tendere, ricreando così
l'umanità. L'anarchia del verbo dadaista (bruitista, simultaneista, ecc.) non
smette di proclamare questa professione di fede: è ritornando alla primitività
della vita, anteriore a tutte le fondazioni sociali, che l'uomo si libererà.
La bussola pazza
La strategia dadaista conduce ad un'agitazione della
bussola politica, sconvolgimento provocatore, da qui un intreccio dei registri
della parola (poesia, canto, manifesto, dimostrazione pseudo-filosofiche
volgenti all'assurdo, pezzi teatrali o racconto delirante), ma anche degli
orientamenti politici, filosofici e religiosi. Occorre che l'ago della bussola
giri con una tale intensità che alla fine la bussola esploda, lasciando infine
l'umanità ad esplorare la libertà. Si potrebbe parafrasare Friedrich Schlegel
dicendo che colui che vuole qualcosa di infinito (la libertà in questo caso)
non sa cosa vuole; ma Dada sa che non sa cosa vuole, da qui il gioco infinito
delle negazioni che è peculiare del dadaismo, la cui ultima negazione è così
formulata: "Dada! Perché siamo antidadaisti!" (p. 66).
Possiamo
dunque interpretare ogni atteggiamento anche postura dadaista come un atto di
distruzione parodica, come quelle scelte ideologiche o religiose turbanti, ad
esempio quelle di Johannes Baader. Si tratta, per ogni parola, di
scombussolare l'uditore, di ostacolarlo nelle sue scelte mostrandogli
un'immagine eccessiva delle sue credenze. Baader eccelse in questo esercizio,
lui che un giorno di novembre 1918 interruppe un predicatore alla corte
Dryander durante una messa alla cattedrale di Berlino interpellandolo in questo
modo: "Un momento! Voglio chiederle, cos'è per voi Gesù Cristo? Vi
somiglia così tanto!" Baader fu arrestato e accusato come blasfemo,
l'avvenimento fece molto scalpore, sui giornali dell'epoca soprattutto. Anche
se colui che venne qualificato come "anarchico individualista" si
presentava come il "nuovo Cristo", Raoul Hausmann fece del
personaggio uno dei più emineneti rappresentanti del dadaismo berlinese,
vedendo per un certo periodo nel suo delirio messianico una rappresentazione
dello spirito esplosivo proprio di Dada.
Sul piano politico, i Berlinesi furono senza alcun dubbio
i più nichilisti degli anarchici, cambiando di indentità e di ideologia secondo
i contesti, in funzione del grado di sovversione che quest'ultime potevano
rappresentare. Nulla nella "offerta politica" del momento
poteva soddisfarli, come se il carattere gregario di tutti i partiti e di tutti
i movimenti li rivoltassero sistematicamente, qualunque essi fossero. L'umanità volgare dell'uomo, quella
che lo spinge a raggrupparsi, era da eliminare, in un movimento forzatamente
individuale- per questo aspetto i due riferimenti filosofici principali- come
in Picabia- erano Stirner e Nietzsche. Così Huelsenbeck si riconobbe nel 1920
nel comunismo più radicale (una scelta ideologica non potendo essere che
radicale), al punto di qualificare dada come bolscevico", prima di
considerare il comunismo come settario (quello del partito) come troppo
"costruttivo", legato com'era alla fondazione di un paradiso sulla
terra a cui non poteva credere, mentre il dadaista sosteneva un programma
distruttivo da compiersi nell'indifferenza politica.
Fondamentalmente sincretico, intrecciando le
correnti del pensiero, le ideologie, le credenze, ciò che potremmo chiamare
infine gli istinti spirituali per contraddistinguere il fatto che lo spirito è retto
anch'esso dalle forze del corpo, l'anarchismo dadaista approda ad un nichilismo
estremo che prende la forma di una "indifferenza creatrice", concetto
preso a prestito al filosofo Salomon Friedlaender, per il quale il fatto che la
cosa in sé kantiana sia inconoscibile gettava il soggetto in un universo di
relatività, cioè di innumerevoli polarità che non potevano essere superate che
in un punto di assoluta indifferenza, momento di assoluta libertà.
È la stessa cosa oggi, in cui il pensiero
libertario evoca le figure più discordanti, da Rimbaud a Nietzsche, da Deleuze
a Bakunin, da Spinoza a Leibniz, come se la specificità dell'anarchismo fosse
infine, come per Dada, di cercare prima di tutto di produrre l'esplosione
spirituale, la sola attraverso la quale la volontà umana non gregaria potrebbe
esprimersi. E ci si può interrogare sul fatto che l'anarchismo ritorni
precisamente oggi, come se si trattasse attraverso esso di combinare per poi
superare tutte le forme di rivolta che, nella loro realizzazione storica, sono
fallite, in primo luogo beninteso il comunismo.
Sul fatto che ritorni in una epoca
"scombussolata", ma il cui scombussolamento sembra non attivo, ma
passivo, esprimentesi a fatica (si è giustamente detto che Sisifo era stanco)
ed una spossatezza vertiginosa. Punto di indifferenza inverso di quello del
dadaismo, che esso era espressione di un'energia estrema, quando la nostra
epoca si sprofonda in un nulla di volontà. Il dadaismo ci seduce, l'anarchismo
anche, come il sogno ultimo che una rivolta potrebbe ancora animare
l'individuo, allorché tutto sembra dormire nell'infinito ritorno dei ritornelli
politici.
Laurent Margantin
Lignes, n°
16, "Anarchies", Febbraio 2005.
Nessun commento:
Posta un commento