lunedì 7 ottobre 2013

Max Stirner e l'amore



L'amore egoistico è ben diverso dall'amore disinteressato, mistico o romantico. Si può amare qualunque cosa; non soltanto gli uomini, ma anche il vino, la patria, ecc. L'amore diviene cieco e folle, quando, mutandosi in una necessità, sfugge al mio potere : diviene romantico quando vi si aggiunge l'idea del "dovere", in guisa che l' "oggetto" si fa per me sacro, ed io mi lego a lui con la coscienza, col vincolo del giuramento. D'allora in poi non più l'oggetto esiste, per me, bensì io esisto per l'oggetto.


Come sentimento, l'amore è una mia proprietà — quando il suo oggetto è concepito come un'entità astratta, esso diventa una ossessione. L'amor religioso consiste nel precetto di amare nell'oggetto una cosa santa. Per l'amor disinteressato esistono degli oggetti degni d'esser amati in modo assoluto, pei quali il mio core ha l'obbligo di palpitare: p.es., pel nostro prossimo, per la moglie, per i parenti, ecc. L'amor religioso ama non l'oggetto in sé ma quel che v'ha in esso di sacro, e cerca di accrescere la santità si da rappresentarselo sempre più estraneo e astratto.

Mi si impone di amare una determinata entità e di amarla per sè stessa: L'oggetto amato non divien tale per mia elezione come la sposa, la moglie, ecc.; se anche io l'abbia prescelto una volta, egli s'è ora acquistato un "diritto al mio amore" ed io, per averlo amato, sono obbligato ad amarlo in eterno. Esso non è adunque un oggetto del mio amore, bensì dell'amore in generale.

L'amore gli è dovuto, gli compete, è un suo diritto; ed io sono tenuto ad amarlo. Il mio amore, vale a dire l'amore ch'io gli debbo, è in realtà il suo amore, ch'egli riceve da me quale un tributo.

Ogni amore, nel quale sia anche in minima parte una costrizione, è un affetto non più interamente mio e facilmente si converte in un'ossessione. Chi ritiene d'esser in debito di qualche cosa all'oggetto del suo amore, ama romanticamente religiosamente.

L'amor della famiglia è un amore religioso; tale è pure l'amor di patria, "il patriottismo". Lo stesso avviene di tutti i nostri amori romantici; è in tutti la medesima illusione d'un amore "disinteressato", un affetto manifestato per un oggetto in sè, non per me o per amor mio.

L'amore religioso o romantico si distingue bensì dall'amor sensuale per la diversità dell'oggetto, ma non già per una differenza della nostra condotta verso ciò che n'è causa. Nell'uno e nell'altro c'è dell'ossessione; colla differenza che per l' uno l'oggetto è profano, per l'altro sacro. La signoria dell'oggetto su me è in entrambi i casi egualmente intensa, con questa sola differenza: che nel primo esso è sensuale, nel secondo ideale. Ma l'amore non è veramente cosa mia se non quando esso consista in un interesse egoistico, si che l'oggetto del mio amore sia veramente un mio oggetto, un mio possesso.

Verso il mio possesso io non ho obbligo di sorta, cosi come, per un esempio, io non ho alcun dovere verso il mio occhio; se ne prendo cura, ciò avviene unicamente nel mio interesse.

L'amore mancava così all'antichità come ai tempi cristiani; il dio d'amore è più vecchio del dio dell'amore. Ma l'ossessione mistica appartiene esclusivamente all'età moderna.

L'ossessione dell'amore deriva dal fare dell'oggetto dell'amore un'entità astratta. Per l'egoista nessuna cosa è tanto elevata da farlo cader in adorazione, nessuna tanto indipendente da poterlo obbligare a vivere unicamente per essa, nessuna tanto sacra da indurlo a sacrificarle sé stesso.

L'amore dell'egoista sgorga dallo interesse, si svolge nei termini dell'interesse, riesce ancora all'interesse.

Può esso dirsi ancora amore? Se sapete esprimerlo con un'altra parola, sceglietela pure; e allora la dolce parola "amore'' tramonterà insieme col mondo privo della buia luce? Per me io non ne trovo alcuna adatta a definirlo nella nostra lingua "cristiana" e mi attengo per conseguenza all'antica denominazione e continuo ad amare l'oggetto ch'è mio, la mia proprietà.

Io coltivo l'amore perché è uno dei miei sentimenti, ma mi ripugna il considerarlo quale un potere superiore a me, quale una cosa divina (Feuerbach), quale una passione a cui devo cercar di sottrarmi o quale un dovere religioso e morale. Essendo un mio sentimento, esso m'appartiene, come principio al quale io voto e consacro la mia anima, esso è un dominatore; non è divino meglio che non sia diabolico l'odio; l'uno non vale meglio dell'altro. In somma il mio amore egoistico, vale a dire il mio amore, non è ne sacro né profano, né divino né diabolico.

Un amore circoscritto dalla fede è un falso amore. L'unica limitazione che s'addice all'essenza dell'amore è quella imposta dalla ragione e dall'intelletto. Un amore che disprezza la legge dell'intelletto è, teoricamente, un amor falso, in pratica un amor pernicioso (Feuerbach).

L'amore è per la sua essenza ragionevole — pensa Feuerbach. L'amore e per sua indole credente — pensa invece il cristiano. Quegli inveisce contro l'amore irragionevole, questi contro l'amore senza fede. Ma ambedue lo tollerano unicamente quale uno splendidum vitium.

Non sono forse entrambi costretti a tollerare l'amore anche sotto le forme d irragionevolezza e di scetticismo? Essi non ardiscono dire: l'amore irragionevole e l'amore scettico sono un controsenso, non sono l'amore, allo stesso modo che non si arrischiano a dire; le lagrime irragionevoli e le scettiche non sono lagrime. Ma se anche l'amore irragionevole dev'esser tenuto in contò d'amore, e pure è stimolo indegno dell'uomo, ne segue semplicemente questo: non l'amore, bensì l'intelletto o la fede è la cosa suprema; amare possono anche gli esseri irragionevoli e i non credenti; sebbene non abbia pregio se non l'amore d'un essere che ragiona o che crede.

E un abbaglio il chiamare, come fa il Feuerbach, la ragionevolezza dell'amore la limitazione che questo da sé stesso c'impone; allo stesso modo potrebbe il credente chiamare col nome di fede "la regola dell'amore". L'amore separato dalla ragione non è né falso né pernicioso; esso adempie al suo ufficio quale amore: ecco tutto.

Di fronte al mondo, e particolarmente agli uomini, io devo impormi un sentimento, e presentarmi loro ricco d'affetto e d'amore. Certo, così adoperando, io faccio prova di maggiore indipendenza, che non lasciandomi assalire da tutti i sentimenti più diversi e avvolgermi dalla rete inestricabile delle sensazioni che il caso mi reca. Io avvicino piuttosto il mondo con un sentimento preconcetto, con una specie di pregiudizio. Io mi sono di già tracciata la mia linea di condotta verso gli uomini, e, checche essi facciano, io non sentirò e penserò a lor riguardo se non nel mondo che ho già in precedenza stabilito. Io sono fatto sicuro contro il dominio altrui dal mio principio d'amore ; poiché qualunque cosa possa accadere, io amo. Per esempio il brutto mi fa impressione spiacevole, ma risoluto come sono ad amare, faccio forza a me stesso, e vinco, con ogni altra ripugnanza, anche quell'impressione.

Ma un sentimento al quale io mi sia votato e condannato ancor prima di fare il mi ingresso nel mondo, è per l'appunto un sentimento angusto, limitato, perché è un sentimento predestinato, da cui non so più liberarmi.

Sicché se il mondo non mi domina, io sono però in soggezione dello spirito dell'uomo. E' un pregiudizio. Non sono già io che mi mostro al mondo, è il mio amore che gli si rivela. Ecco, io ho trionfato del mondo; ma son divenuto uno schiavo di quello spirito.

Se prima dissi: io amo il mondo; ora soggiungerò ancora, io non l'amo, poiché io l'anniento come anniento me stesso: io lo dissolvo. Io non mi limito ad un unico sentimento verso gli uomini, bensì mi dò libero a tutti gli affetti, di cui sono capace. Perché non dovrei esprimermi con tutta franchezza? Si, io sfrutto il mondo e gli uomini! E con tutto ciò posso conservarmi accessibile ad ogni impressione senza che l'una piuttosto che l'altra mi tolga a me stesso. Io posso amare, con tutta l'anima, senza veder nell'oggetto amato altra cosa fuorché un alimento alla mia passione, che in virtù di quello incessantemente si rinnuova. Tutte le cure ch'io mi prendo sono rivolte unicamente all'oggetto del mio amore, a quell'oggetto di cui il mio amore prova bisogno, e che io amo ardentemente. Quanto indifferente mi sarebb quell'oggetto se non si trattasse che del mio amore! Io con esso alimento il mio amore, e solo per questo ne ho bisogno; io lo godo.

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