(da «Il Libertario», La Spezia, a. XV, 17 marzo 1917)
Sull’albero
dell’avvenire noi edifichiamo
il nostro nido; le
aquile rechino a noi il
cibo nel loro becco
adunco.
In verità non un
cibo che possono gustare
anche gli impuri!
Essi crederebbero di
mangiare fuoco e si
brucerebbero la
bocca.
Nietzsche
Quando le dita dorate dell’Aurora si avanzano
sullo smaltato orizzonte, intrecciate con quelle inargentate dell’Alba, per
togliere dalla faccia madreperlacea del nuovo giorno il velo bruno e funereo
della notte, io fremo!
Io fremo attendendo il Meriggio!
L’ora meridiana fa risuonare negli abissi
dell’animo mio delle marce scroscianti di musiche dionisiache!
“Oh, ora meridiana, ora meridiana affrettati!
Fa ch’io veda danzare intorno al tuo fianco uomini di luce! Io vedo pure me
stesso in questi amici miei!”
Questa è la sola preghiera ch’io recito al
mattino.
Ma, ahimè! Quando l’ora meridiana è passata e
quella crepuscolare si appressa, sento l’animo mio invaso di tristezza.
Oh, la terribile ora dei vespri... Quando il
sole volge al tramonto e il giorno muore... L’ora nella quale gli ultimi fasci
di luce cercano resistere tenacemente alla invasione implacabile delle ombre!
Ricordi? Sono parecchi anni, lunghi come
secoli, che fummo travolti dalle ombre crepuscolari di un’epoca che corre verso
il tramonto, ed oggi siamo ancora in piena tenebra!
Oh, come io la odio la notte! Come odio
questa nemica del sole e della luce!
Questa megera infame dei pipistrelli e dei
gufi!
Oh, Aurora! Aurora novella affrettati!
Portaci i caldi e palpitanti meriggi lunghi
di eternità, chiusi fra le tue dita d’avorio dorate!
***
Ma, no! Non è possibile attenderti!
Occorre squarciare il ventre alla notte,
bisogna rapirti al mistero!
Noi lanceremo sui tetti della città
addormentata la nostra pietra risvegliatrice!
Noi solitari...
Oh, sì! Anche coloro che stanno placidamente
avvolti nel manto di Morfeo noi risveglieremo!
Essi dovranno imparare a seguire noi che,
piccolo pugno di audaci, balzammo in piedi con chiuso nel pugno il nostro grandioso
destino e, sprezzanti di coloro che il letargico sonno ha già consegnato alla
morte, trionfalmente marciamo verso le eccelse vette dove schiantano i fulmini
della nostra spirituale tragedia e della nostra materiale epopea!
Restino pur già nelle paludi gli adoratori
della luna e gli infrolliti amanti della notte: noi vogliamo la luce!
Noi saliremo sulle rocce bronzee
dell’orizzonte e con l’anima gonfia di una solenne e maestosa tragedia,
giaceremo in compagnia delle Albe! Esse ci scioglieranno l’enigma dell’eterno
“Perché” e ci spiegheranno la canzone che lassù cantano i venti!
I venti gagliardi, nascenti dalla vergine
foresta dell’Ideale!
Dell’Ideale che vigila le eterne ragioni
dell’Infinito!
“Ecco l’Alba che viene, ecco viene il mio
canto!”.
Grida a noi l’Avvenire!
E noi vogliamo danzare sopra il culmine delle
più alte montagne baciate dal Sole ed incontaminate dal volgo, lassù dove tutto
anarchismo e non cristianesimo.
O Albe, o Albe! Venite, giacete con noi e noi
porteremo a voi tutti l’ardire delle nostre vergini forze! Noi soldati del
Sogno. Noi che vogliamo vivere nell’azzurro perché così vuole l’anima nostra!
Noi vogliamo distruggere tutto ciò che non è
puro: così vuole la nostra volontà!
Noi vogliamo essere le eterne sentinelle
avanzate: così vuole la nostra potenza!
Ma vogliamo pur ritornare in mezzo alla notte
per deporre sui tetti plumbei della città addormentata i tesori da noi rapiti
al mistero, così vuole il nostro cuore!
E nessuna ricompensa, per tutto ciò, noi
chiediamo ai dormienti, perché noi siamo nati solo per donare!
Sarebbe già troppo per noi la gioia di poter
far dono dei nostri tesori!
Chi, fra noi, non comprende quanto sia
difficile l’arte del donare?
Ma con tutto ciò noi doneremo! Così vuole il
nostro egoismo chè quanto dire il nostro amore per ciò che dovrebbero essere
gli uomini e pure anche le donne!
E voi che ci ascoltate vogliate almeno
comprendere che noi non siamo sacerdoti della demagogia; troppa la nobiltà del
nostro cuore per farci cadere nella vergognosa dedizione di questo ripugnante
mestiere.
Non lanciate di questo fango a chi sa balzare
sui ponti della Libertà e sa cavalcare arcobaleni di luce, se non volete
sentirvi rispondere con l’amaro e violento sarcasmo di Nietzsche: “Guardatevi
dallo sputare contro il vento!”.
Usate riguardo agli spiriti che vogliono
liberarsi definitivamente da tutto ciò che è parto mostruoso del passato e che
suona: realtà del presente.
Rispettate coloro che vivono nell’Avvenire!
Il nostro sguardo si fissa intensamente ai
porti dell’Isola beata che si erge al di là del bene e al di là del male.
È là ove germinano i fiori verdi e selvaggi
delle nostre più belle speranze!
È là, verso quell’Isola, che volge
ansiosamente la prora dorata della nostra Nave!
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